L'esperto musicista Jackson Maine scopre - e se ne innamora - la combattuta artista Ally. Questa ha da poco dato chiuso in un cassetto il suo sogno di diventare una grande cantante ma Jack la convince a tornare sul palcoscenico. Ma mentre la carriera di Ally inizia a spiccare il volo, il lato personale della loro relazione perde lentamente colpi per colpa della battaglia che Jack conduce contro i suoi demoni.
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Terza riproposizione del noto film datato 1939 -anche se generalmente si tende a ricordare il remake del '54 con Judy Garland- in cui l'indiscutibile alchimia tra Bradley Cooper e Lady Gaga, insieme alla valida soundtrack, sono le uniche cose realmente convincenti di una pellicola che cercando di rinverdire il tema centrale della fama da coniugarsi con l' amore, finisce preda dei cliché più scontati. L'interesse per la popstar edulcorata dagli eccessivi trasformismi è sicuramente un asso nella manica che Cooper (non male al suo debutto alla regia) sfrutta bene finché può nonostante l'evidente goffaggine recitativa della popstar, tra l' altro boicottata da un doppiaggio non all'altezza. La scrittura, troppo alla ricerca del risvolto rosa prima e della cupezza poi, perde di vista la consistenza esterna di un mondo fautore del successo ma anche ragione dei problemi della coppia. Il politicamente corretto straborda anestetizzando qualsivoglia spessore dei demoni del protagonista maschile; tutto appare forzato, addirittura nelle fasi finali che dovrebbero commuovere, e invece diventano una lunga agonia verso l' inutile passerella finale di Miss Gaga, che ammorba lo spettatore (ovviamente non proselita di certo genere) con l'ennesimo gorgheggio. Alcune sequenze come il potente incipit danno un'impronta promettente, purtroppo smarrita con l'avanzare della storia, con relativo affossamento nell'oceano dei più banali cliché sentimentali. Male anche l'idea di lasciare sullo sfondo i magheggi e i sotterfugi dello star system, tanto da ridimensionare il dramma a farsa alcolica in cui la bottiglia è l' unico di tutti i mali, senza esplicare con la dovuta veemenza (stendiamo un velo pietoso sulla definizione di presunte infanzie tristi) la vera causa del disagio autodistruttivo.