il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante regia di Peter Greenaway Gran Bretagna 1990
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il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante (1990)

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locandina del film IL CUOCO, IL LADRO, SUA MOGLIE E L'AMANTE

Titolo Originale: THE COOK, THE THIEF, HIS WIFE AND HER LOVER

RegiaPeter Greenaway

InterpretiRichard Bohringer, Helen Mirren, Michael Gambon, Alan Howard, Tim Roth

Durata: h 2.00
NazionalitàGran Bretagna 1990
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1990

•  Altri film di Peter Greenaway

Trama del film Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante

In un elegante ristorante gestito dal cuoco francese Richard si reca quotidianamente a mangiare il volgare e feroce bandito Albert, con i suoi scagnozzi e la moglie Georgina. Quest'ultima si innamora di un solitario avventore: i due diventano amanti. Nonostante la protezione di Richard, Albert si vendica atrocemente, ma la risposta di Georgina è altrettanto spietata.

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Voto Visitatori:   8,53 / 10 (44 voti)8,53Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
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Voti e commenti su Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante, 44 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Angel Heart  @  15/07/2013 12:01:59
   5½ / 10
Strano, particolare, bizzarro, teatrale, surreale, tutto quello che volete, ma lungi per me dall'essere un capolavoro, anzi, rimango stupito dalla media e dalla portata dei commenti che vedo qui, davvero.
La storia non è assolutamente niente di particolare e, a parte gli ultimi dieci minuti, riserva ben poche sorprese; dei quattro personaggi del titolo, personaggi con il quale è impossibile entrare in empatia, solo il secondo ed il terzo (una Mirren con un corpo niente male) possiedono un minimo di spessore... degli altri due sappiamo solo che uno è un cuoco che si masturba mentalmente a guardare il terzo ed il quarto far l'amore, e che l'altro è appunto l'amante (piuttosto brutto) con una passione per i libri, basta; i dialoghi sono spossanti monologoni senza capo nè coda, o meglio presi a sè stanti hanno anche un senso ma sembrano messi lì giusto per dar fiato alla bocca e creati ad hoc in modo che i cinefili intellettualoidi a fine visione abbiano qualcosa su cui discutere (mi riferisco soprattutto al logorroico antagonista); infine la regia... ritmo a parte, davvero piatto (sic!) praticamente tutto il film è un ripetitivo piano sequenza tra strada, ristorante e toilette, che dopo già venti minuti ti fa cadere le palle a terra, per non parlare dei vostri poveri occhi messi costantemente sotto tortura da quanto vengano accentuati i colori fin troppo accesi delle tre location principali (rispettivamente blu, rosso e bianco). Forse sto Greenaway (che ammetto non avevo mai sentito prima) pensa che basti così poco per diventare il Kubrick di turno...

Comunque niente da fare... probabilmente è un mio limite, anzi lo è sicuramente, ma non ho nè recepito il messaggio del regista nè tantomeno sono rimasto coinvolto da questa storia, ripeto a mio avviso lineare, noiosa e mal raccontata. Lascio perdere...

Cinema non di facile assimilazione e decisamente non per tutti i gusti (il classico film ricco di simbolismi e chiavi di lettura che per capire devi metterti ad indagare nel web) che è meglio che si tenga il suo pubblico e basta.

Accidenti a te DogDayAfternoon ;)

1 risposta al commento
Ultima risposta 15/07/2013 21.39.39
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  28/07/2011 08:25:16
   8½ / 10
Il triangolo amoroso, il più antico e forse usato tema in svariate forme d'arte, si offre a Greenaway
come la figura attorno alla quale rappresentare, in toni decisamente forti, diversi contrasti - amore, violenza, romanticismo, depravazione, sottomissione, vendetta, cibo, morte - suggeriti soprattutto per mezzo delle scenografie, curate secondo il gusto pittorico del regista, in chiave barocca e simbolista, tra effetti teatrali quali cromatismi esagerati o fumi.
Dal rosso intenso del salone da pranzo, alla nivea intimità del bagno ove, quando vi entra dall’altro locale, il colore è un riflesso rosato, passano tali contrasti; o più in generale dal ristorante, luogo di piaceri famelici, con la sua cupa cucina immensa e il suo losco parcheggio, alla libreria, segreto nido d’amore, raggiunto in un metaforico viaggio dai due amanti nudi, tra merci di carni in putrefazione. Contrasti che passano, inoltre, dal vociare continuo del marito padrone - sono in lui adunate pressappoco tutte le bassezze umane - al silenzio sospeso degli innamorati, o alla dignità del cuoco.

Come già ne “La grande abbuffata” di Ferreri, il simbolismo, la ridondanza e la teatralità della messa in scena, sono ovunque conditi da forti elementi d’iperrealismo - vomito, cani, sangue, animali morti, mèrda - il cui sapore arriva a prevalere e, sempre come nel film di Ferreri, si finisce con l’avvertire un certo senso di pienezza. Sensazione che l’ironia vagamente Bunuelliana (a ricordare il regista spagnolo sono soprattutto la perversità e l’assurdità del rapporto coniugale) stempera in parte.
Cala forse negli ultimi minuti, in alcuni dialoghi, e nel finale, dove a mio parere si banalizza.

Tragedia greca, grottesca, pregna di significati, lenta a digerirsi - non esita a torturare putti, a ingozzare pagine di rivoluzione, a cucinarsi amanti.


PS: questo film me l'ha consigliato Kater, una persona stupenda alla quale devo molto, prima di tutto l'abbandono delle orribili pellicole francesi con le quali mi drogavo prima di conoscerla.
Adesso ho smesso, ho scelto la vita, grazie Kate!

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Ultima risposta 06/10/2011 20.38.05
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Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  01/03/2009 13:34:15
   8 / 10
Ne “Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante” rifulge alla grande tutta la vena artistica di Peter Greenway, altresì noto –prima ancora che come cineasta- nella veste di pittore: ne è dimostrazione la scenografia fastosa, imponente, curata nei dettagli, ove luci e colori generano un’atmosfera a dir poco suggestiva, nella quale i numerosi e lunghi piano-sequenza mettono in risalto l’impostazione teatrale dell’ambientazione e della narrazione (peculiarità che, insieme con la suddivisione in capitoli, verrà riproposta da Lars Von Trier in “Dogville”).
Forse eccessivamente intellettualoide nel modo di trattare l’intreccio amore-sesso-cibo-violenza-morte, ma indubbiamente intrigante per la prospettiva in chiave grottesca che offre, la pellicola si presenta come nitido esempio di cinema “d’essai” destinato a palati fini.
Attraverso forti contrasti scenografici/simbolici (evidentissimi nel passaggio dalla trivialità del convivio all’ambiente immacolato della toilette), Greenway inscena lo scontro tra la brutalità, la volgarità dei sentimenti bassi e la purezza, l’innocenza dell’amore fino al prevalere dei primi sul secondo, come manifestano ampiamente i delitti perpetrati con modalità da contrappasso dantesco, nei quali il fattore determinante è quello della vendetta (chissà quanto il Quentin Tarantino di “Kill Bill” è debitore a quest’opera).
La connotazione macabra e “disgustosa” del film (“La grande bouffe” aleggia) sono controbilanciate da un fine sarcasmo nero nonché da un tono surrealista quasi “bunueliano”, i quali contribuiscono a generare il distacco tra gli eventi narrati e lo spettatore (più che la sua immedesimazione), così come già anticipa l’espediente teatrale del sipario posto in apertura.

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Ultima risposta 01/03/2009 13.58.01
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Invia una mail all'autore del commento Living Dead  @  17/07/2008 12:40:52
   10 / 10
Ogni commento su questo film sarebbe superfluo. Mi limito a dire che è semplicmente straordinario. Cinico, grottesco, spietato, con i suoi cromatismi, le lunghe carrellate, le pianosequenze e con delle chicche metaforiche e di regia a dir poco geniali questo film di Greenway non si dimentica facilmente.
Il finale da urlo, è uno dei più belli che io bbia mai visto e con quel fantastico accompagnamento musicale è da vedere e rivedere e rivedere...


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Ultima risposta 17/07/2008 14.08.10
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phemt  @  29/10/2007 12:40:46
   8 / 10
Dramma/commedia nera di doppia vendetta sulla grettitudine e la cattiveria umana esaltata da una regia da favola e da una strepitosa fotografia che si sposa perfettamente con la splendida scenografia… Grottesco, surreale, ironico e cinico, questo non è chiaramente un film per tutti, ma tutti dovrebbero almeno una volta nella vita gustarsi i colori e le carrellate che ci regala un Greenaway che va tra l’altro ad infarcire il film di diverse notevoli trovate visive… Splendida la colonna sonora, strepitosa la prova dell’istrionico Gambon…

3 risposte al commento
Ultima risposta 30/10/2007 17.22.06
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Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento Jellybelly  @  29/09/2007 12:10:11
   9 / 10
Greenaway modella la tragedia greca sul cinema, imbastendo una pellicola raffinatissima ed elegante nella propria folle sgradevolezza, in cui variazioni cromatiche, succulenti banchetti e vastità di ambienti fanno da cornice alla violenza delle passioni rappresentate.
Lasciatevi incantare da Greenaway: le sue interminabili carrellate vi guideranno in un mondo che non dimenticherete facilmente.

3 risposte al commento
Ultima risposta 29/09/2007 13.31.50
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  10/04/2007 00:25:10
   9 / 10
Commentare un film di Greenaway è come rileggersi "I racconti di Canterbury" in 48 ore, non so se mi spiego... prediletto dall'Intellighenzia mondiale è il classico autore di cui non si puo' mai dire troppo bene (spesso irritante, narcisista e pretenzioso) nè troppo male (ha una capacità visiva e culturale che non ha praticamente eguali nel cinema internazionale).
Opera ora geniale, ora (volutamente) ripugnante, "Il cuoco, il servo, sua moglie e l'amante" è comunque di una bellezza che toglie il fiato: dai cromatismi delle sequenze al'omaggio verso la pittura fiamminga (è esposto simbolicamente un celebre capolavoro di Rembrandt) fino alla storia, dove si compie un crudele Rituale Borghese di dissolutezza e abbietto servilismo.
Bohringer è ineffabile, malvagio ed eccessivo come non mai, una deformazione grottesca della coercizione classista umana.
Con diverse sequenze agghiaccianti: i denti strappati e orribili insetti a divorare la carne, a lacerare una storia folle di adulterio.
Anche nel suo drammatico finale, quasi Sadiano, il "rito" ha un sapore quasi liberatorio, dove la forma onnivora del regista inglese assume l'insaziabile piacere (ehm) e dolore della coprofagia e antropofagia del desiderio e della vendetta
Per stomaci forti, ma incantevole

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Ultima risposta 06/10/2011 20.18.28
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Gruppo COLLABORATORI paul  @  03/11/2005 15:42:09
   9 / 10
Uno dei migliori di Greenway, che, aiutato da attori di grande fattura (tra i quali spicca un semi esordiente Tim Roth), una direzione artistica assai sontuosa ed una fotografia (del francese Sacha Vierny) ricercatissima, firma un'opera estrema, affascinante, ai limiti della sopportazione: ma chi identifica lo stile del regista britannico come kitch e il suo estremismo come una ricerca di stupimento si sbaglia di grosso. Si astengano comunque persone facilmente impressionabili, soprattutto nella sequenza finale.



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Ultima risposta 12/07/2007 13.49.47
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