la croce di ferro regia di Sam Peckinpah USA 1977
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la croce di ferro (1977)

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locandina del film LA CROCE DI FERRO

Titolo Originale: CROSS OF IRON

RegiaSam Peckinpah

InterpretiJames Coburn, James Mason, Maximilian Schell, Senta Berger

Durata: h 2.15
NazionalitàUSA 1977
Genereguerra
Tratto dal libro "La carne paziente" di Heinrich Willi
Al cinema nel Novembre 1977

•  Altri film di Sam Peckinpah

Trama del film La croce di ferro

Siamo nel 1943, sul fronte russo; i tedeschi tentano di resistere all'avanzata sovietica. Il capitano Stransky è un aristocratico, che vorrebbe ottenere la croce di ferro al valor militare senza meritarla. Il valoroso caporale Steiner ostacola i suoi tentativi e per questo viene abbandonato con la sua pattuglia di fronte all'offensiva nemica.

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Voto Visitatori:   7,97 / 10 (31 voti)7,97Grafico
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Voti e commenti su La croce di ferro, 31 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

stratoZ  @  04/09/2024 11:31:33
   8 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

L'incursione nel genere bellico di Peckinpah è un film solido, realizzato con la sua grande perizia tecnico stilistica ma soprattutto un film coraggioso e anticonvenzionale nel suo narrare la vicenda dalla parte dei nazisti, descrivendoli non più come i mostri senza cuore a cui il cinema americano ci ha abituati - anche a buona ragione, chiariamolo - ma per gli esseri umani che comunque erano, altra carne da macello mandata al fronte in Russia in cerca di sopravvivenza, "The Cross of Iron" è un film crudo e disilluso, mi è sembrato che l'autore abbia voluto applicare il pessimismo e il nichilismo dei suoi western crepuscolari anche nel genere bellico, è così che anche qui tutti gli ideali sono mandati in fumo, rimane soltanto l'essenza dell'uomo alla ricerca della sopravvivenza in un fronte che sembra non lasciare speranza. Peckinpah tratteggia bene i caratteri, crea una contrapposizione all'interno delle truppe, col personaggio di Steiner, uno dei più positivi della pellicola, ancora valoroso e leale, in pieno contrasto col viscido capitano Stransky, aristocratico alla ricerca solo della famosa croce di ferro per gonfiare puramente il suo ego e ottenere una legittimazione da parte della sua famiglia, incapace e arrogante, spietato al punto di dare ordini di uccidere anche un ragazzino prigioniero, fino ad arrivare a mettere a rischio la vita dei suoi stessi uomini pur di far tacere Steiner sulla questione.

Messa in scena di assoluto valore, che alterna interessanti dialoghi, procedendo con i soliti tempi dilatati del regista, a splendidi momenti d'azione, Peckinpah ricorre al suo classico uso della violenza, estetizzata ma allo stesso tempo carica di una forte componente drammatica, crea dei combattimenti di massa pieni di pathos, probabilmente mai le morti dei soldati nazisti sono state così sentite al cinema, basti vedere la scena del mancato riconoscimento dei soldati che erano rientrati con l'uniforme sovietica col successivo titubare di Steiner, se vendicarli o meno, cadendo in trappola ai suoi istinti e alla sua rabbia e sottolineandone la natura umana.

Grande film antimilitarista di Peckinpah, che seppur non espone significati del tutto nuovi - l'orrore della guerra che risucchia tutti - mostra un punto di vista coraggioso e potenzialmente controverso, ennesima opera di grande valore di una carriera corta ma eccezionale.

Boromir  @  09/02/2024 12:43:50
   7½ / 10
Coraggioso e controverso. La croce di ferro mette in scena la Seconda Guerra Mondiale dal punto di vista degli sconfitti per antonomasia, i tedeschi. Il regista Sam Peckinpah passa dal western alla rievocazione bellica, decostruendone la retorica come solo lui era in grado: i protagonisti (reietti tanto quanto il Mucchio Selvaggio), pur affiliati all'ideologia nazista, in realtà si aggrappano alle armi per inseguire una vacua e metallica gloria individualista o per basilare istinto di sopravvivenza; più che invasati antisemiti sterminatori, i nazisti di Peckinpah sono semplici uomini rassegnati, gettati in un calderone di fuoco, fango e armi sempre più devastanti, che riflettono laconicamente e con punte di ironia nerissima su quanto abbia avuto senso seguire quel sogno chiamato Terzo Reich.
Nonostante alcune prolissità (la parentesi all'ospedale da campo, non priva di immagini pregnanti come il "saluto nazista" coi moncherini), Peckinpah non perde smalto nella trasfigurazione visiva della Morte, in un'estasi oscena di rallenty e fiumane di sangue che regalano memorabili duelli con i tank sovietici o stagnanti sparatorie di trincea da cui si eleva tangibile l'olezzo della putrefazione. Ottimo cast, con il duello dialettico tra il disilluso Coburn e il borioso Schell a porre enfasi sull'altro conflitto fondamentale del film: quello tra i singoli e le gerarchie.

Thorondir  @  09/05/2023 12:38:24
   6½ / 10
Il film di Peckinpah è un chiarissimo manifesto antimilitarista: la guerra fa schifo, in guerra muoiono tutti, compresi donne e bambini, gli uomini regrediscono all'animalità e per di più vengono fuori gli egoismi della sopravvivenza e quelli della carriera. Un approccio politico non originale ma certo condivisibile politicamente. Eppure durante la visione si ha costentemente la sensazione di un film che pur ambientato in Urss durante l'invasione nazista sembra raccontare guerre americane (toni e colori sembrano più quelli del Vietnam da cui gli Usa erano appena usciti sconfitti): nei modi di fare e di pensare i personaggi di Peckinpah non sono nazisti e non combattono quella che fu la guerra dei nazisti ad est, cioè guerra di sterminio. Vero, come detto, che il film di Peckinpah vuole palesemente universalizzare l'antimilitarismo, vero che il focus è più sugli uomini e i loro atti di coraggio che non sull'analisi politica, ma così facendo il rischio di banalizzare la guerra nazista è dietro l'angolo, utilizzandola semplicemente come ricettacolo del male puro per poi però darne un quadro diverso dalla realtà (si veda per comprendere cosa farà un russo come Klimov nel capolavoro "Va' e vedi"). E che l'intento di Peckinpah sia quello di parlare di questa guerra per dire dello schifo della guerra tout court ce lo dicono anche le fotografie finali, che non si limitano alla guerra nazista contro l'Urss. Dove il film funziona decisamente meglio, toccando forse il vertice del "lirismo della violenza" del cinema peckinpaniano è nelle scene delle battaglie, in una violenza che è la più realistica mai vista nel cinema del nostro, in sequenze di esplosioni e carri armati che sono più realistiche e appaganti per l'occhio di molti film di guerra contemporanei.

BlueBlaster  @  21/07/2018 11:14:40
   6 / 10
Per me lo stile registico di Sam Peckinpah è proprio indigesto e sopratutto a causa del montaggio esageratamente "spezzettato"
Come storia ed interpretazioni non è malaccio ma siamo lontanissimi dal poterlo definire un film da 8.

VincVega  @  11/01/2018 19:39:09
   8 / 10
Altra pellicola importante di Peckinpah, anche se potrebbe sembrare la versione bellica de "Il Mucchio Selvaggio", sarebbe sbagliatissimo ridurre "La Croce Di Ferro" a questo. Uno dei grandi meriti è sicuramente la prospettiva dell'esercito tedesco, in questo Peckinpah è coraggioso e originale. Un film duro e spietato, in cui l'esercito tedesco è rappresentato in modo assolutamente lontano dai luoghi comuni di sempre, ma come persone che lottano per la sopravvivenza, come lo hanno fatto i Russi, gli Americani o altri. "La Croce di Ferro" ha anche il pregio di essere tutt'altro che retorico o in vena di patriottismi di ogni genere, con la direzione di Peckinpah sempre inconfondibile. Ottime le caratterizzazioni, in primis il caporale Steiner, ormai senza speranze, e l'aristocratico Stransky, legato alle tradizioni e perciò poco vicino alla realtà quotidiana della guerra.

hulaplain  @  11/01/2018 11:20:46
   8 / 10
Guerra tra Tedeschi e Russi ma la battaglia è anche intestina con ufficiali pronti a tutto pur di ottenere la tanto agognata Croce di Ferro. Dialoghi brillanti e tantissima azione. Da vedere

dagon  @  09/12/2017 10:39:29
   8 / 10
Un gran film bellico, con una impronta tremendamente personale da parte di Peckinpah, che ancora influenza produzioni decenni dopo (vedi "Fury"). Bel cast capeggiato da un Coburn perfettamente in parte, come, del resto, Schell. Film poco convenzionale anche nello schema narrativo e nel finale. Da recuperare insieme al successivo "il grande uno rosso" di Fueller.
Impietoso, sporco e brutale, con vene sarcastiche.

Goldust  @  08/06/2016 18:29:44
   5½ / 10
La guerra è sporca e cattiva e oltre a dover pensare al nemico bisogna pure pararsi le spalle dalla viltà dei propri superiori. Peckinpah allestisce un tetro balletto sfruttando questi ingredienti e lo scontro tra personalità Coburn - Schell, aggiungendoci un pò di ironia nera e una quantità insopportabile di ralenti. Se in alcuni passaggi sembra comporre un'elegia della guerra dall'altra la confusione del conflitto sembra contagiare anche il racconto dei fatti: per questi motivi e per il ritmo balbettante non lo ritengo tra le opere migliori del regista.

daniele64  @  10/11/2014 16:55:28
   8 / 10
Ci voleva il vecchio Sam per farmi simpatizzare per i soldati dell'esercito tedesco... Infatti , nonostante sia una produzione americana , questa pellicola manca di tutta la classica propaganda tipica dei war movie a stelle e strisce ( forse anche per questo è quasi scomparso dalla circolazione ! ) . Si è praticamente costretti a schierarsi con questi umili fantaccini della Wehrmacht , guidati dall'umanissimo sergente Steiner , che cercano in tutti i modi di sopravvivere ad una guerra atroce ed ormai senza speranze . Cast notevolissimo , con un superbissimo Coburn ed un ottimo Schell a fargli da degno contraltare , in tutti i sensi . Bravi anche Mason ( vecchio ufficiale disilluso ) , Warner ( il futuro della Nuova Germania ) e tutti gli sconosciuti comprimari . Grandi scene di combattimenti , girate benissimo , qualche scena onirica di troppo ed un finale da antologia .
"Ti farò vedere come sa combattere un ufficiale prussiano !"
" Ed io ti farò vedere come si fa per meritarsi la Croce di Ferro !!"

Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki  @  25/05/2014 13:54:44
   7½ / 10
Molto buona questa incursione nel cinema bellico, lucido e anti-bellico come un Milestone seppe dettare negli anni '30, anti-manicheista come il celebre 'Prima Linea' aldrichiano ponendo l'accento sull'autorità invece che sui nemici, uscendo dagli schemi di Hollywood, e Peckinpah che iconoclasta lo è sempre stato coraggiosamente raccoglie la causa tedesca ma non per metterne alla berlina le ideologie naziste o le antinomie nel rapporto tedeschi-russi, a lui della politica è sempre interessato poco impregnarne i film, scevro da ogni tentativo di renderli sofisticati o impegnati, il suo è palesemente cinema umanista dunque viviseziona i rapporti autorità-subalterni, gli interessi e le ambizioni che si celano dietro il patriottismo di facciata, addirittura insinuando a rapporti di natura omosessuale, pulsioni sessuali che manipolano la lucidità dell'uomo, misoginia che si avverte anche in alcuni dialoghi, infine oltre che il dovuto riscatto c'è da segnalare qualche tagliuzzamento nel montaggio che non torna, demoni con la quale Sam ha dovuto combattere perennemente.

Jack_Burton  @  15/01/2014 13:09:18
   8½ / 10
Un grande Peckinpah ed un grande Coburn per un grande film che racconta le ingiustizie, le ipocrisie, le vigliaccherie e la stupidità della guerra e di quelli al suo comando.
Il film anche se lungo si vede senza quasi mai annoiare (anche grazie ad un montaggio frenetico e alle numerosissime scene di guerra); momenti di riflessione si alternano a momenti concitati nel quale le immagini scorrono rapide come proiettili incollando gli occhi al televisore.
La fotografia e le inquadrature sono eccezionali, così come il motivetto in tedesco che apre e chiude il film...
Secondo me, migliore del Mucchio Selvaggio (anche se per quest'ultimo è necessaria una seconda visone) per come riesce ad intrattenere senza però rinunciare ad una forte critica sociale, come sempre avviene in Peckinpah.

Gruppo STAFF, Moderatore Jellybelly  @  10/09/2013 14:02:56
   8½ / 10
Grandissimo film del sempre gigantesco Peckinpah, in una inusuale escursione nel genere bellico. Inusuale anche per il modo in cui viene trattato: il buon Sam ci catapulta all'interno di un reggimento tedesco sul fronte russo durante la seconda guerra mondiale, presentandoci senza manicheismi una realtà priva di punti di riferimento, con un netto iato tra nazisti e soldati, che in fin dei conti erano solo uomini mandati a morire in nome di qualcosa più grande ed immateriale. Sintomatico come nessuno dei soldati, nemmeno il viscido Capitano Stransky, si consideri un nazista o un patriota: non c'è spazio per baggianate come l'onore della patria, quando si muore e la fine si avvicina. Una lezione sontuosa, di un'attualità sconcertante.
Peccato solo per la sequenza onirica, meno centrata del resto del film. Ma sono inezie.

cort  @  20/05/2012 13:47:26
   8 / 10
film di guerra con protagonisti i tedeschi in ritirata dalla russia. il solo fatto di mostrare i tedeschi come esseri umani e non come pazzi nazisti pronti a uccidere senza un motivo e con il ghigno in faccia lo eleva di parecchi punti sopra le americanate, poi la regia e gli attori confezionano un film crudo, verosimile e di carattere.
consigliato

deadkennedys  @  18/03/2012 14:45:57
   9½ / 10
Geniale dall'inizio alla fine. Peckinpah non delude, va oltre il western a cui ci aveva abituati ma le atmosfera di decadenza alla Mucchio Selvaggio restano.
Agli amanti di questo regista faccio notare il particolare della mitragliatrice che ritorna come in altre sue opere precedenti.
Superlativo Colburn come in Giù la Testa

Invia una mail all'autore del commento anthonyf  @  23/08/2011 12:36:43
   8 / 10
"La Croce di Ferro" di Sam Peckinpah è un film che lascia molto perplessi, con una strana sensazione d'amaro in bocca, tuttavia ben diretto da un grande regista, che riesce a ritagliarsi un buon ruolo anche nel cinema di guerra.

Il cast della pellicola non è molto celebre, se tralasciamo i principali tre attori: J. Coburn, M. Schell e J. Mason; ad ogni modo, primo fra tutti, Coburn regala un'ottima performance, intensa e sentita... quella del caporale Rolf Steiner, un soldato tedesco, stanco e disilluso, che non crede più in niente e che non ha altro scopo che concludere la sua carriera sotto le armi; il secondo, Schell, interpreta magistralmente il ruolo di un villain nazista, il capitano Stransky, viscido e presuntuoso; e il terzo, Mason, leggermente assente, recita in modo convincente, incarnando il ruolo del colonnello Brandt, capo-plotone.

La regia di Peckinpah da senza dubbio una forte spinta verso la buona riuscita del film, specialmente nelle sequenze d'azione a rallentatore.

La colonna sonora non è malvagia e trascina anch'essa nelle poche volte in cui si sente; e la sceneggiatura, seppur lenta e a tratti contenente diversi discutibili cliché (vedasi la scena della vasca con la soldatessa russa), riesce a scorrere grazie al regista, agli attori e al montaggio eccellente.

Nel suo genere, particolare ma appassionante e, soprattutto, da vedere comunque.

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Ultima risposta 17/03/2012 19.44.13
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KOMMANDOARDITI  @  12/06/2011 21:02:23
   8½ / 10
--- OCCHIO AGLI EVENTUALI SPOILER! ---

E chi l'avrebbe mai detto che i soldati della Wehrmacht, addestrati dalla macchina militare tedesca alla ferocia radicale e alla ferrea spietatezza contro l'avversario, potessero anch'essi avere un'anima e persino una morale condivisibile?
Peckinpah se ne infischia altamente del glorioso cinema statunitense di propaganda bellica, quello precedente dei tanti Ford, Hawks, Walsh, Milestone, Dmytryck e salta a piè pari anche i capolavori beffardi ed antimilitaristi firmati da Kubrick.
Quello che fa è precipitarci tra le file tedesche in ritirata dal fronte russo e la sua intenzionalità provocatoria ed estrema la espone a chiare lettere: dimenticatevi i sempiterni, eroici interventismi a stelle e strisce cui siete stati abituati in passato o i protagonisti tutti d'un pezzo dei furenti e battaglieri film di Fuller; qui vedrete solo soldati nazisti, belli e buoni, brutti e cattivi e, volenti o nolenti, per la prima volta nella vostra vita, vi riscoprirete a parteggiare per un pezzettino dell'armata hitleriana.
Sembra un terreno di sfida apparentemente impraticabile, una "terza posizione" tra agiografia e denuncia difficilmente tollerabile ma il caro, burbero Peck è nato per agire di testa propria e se decide di azzardare un sorpasso l'ultima cosa che guarderà sarà proprio il riflesso nello specchietto.
Il suo è un lampo di tenebra che illumina di schegge accecanti l'oscurità di una parte di Storia sempre nascosta e mai indagata; uno squarcio febbricitante che apre ad un perlustrazione funebre ed atroce sullo svuotamento d'ideali di un nemico perdente ed in fuga. Un nemico generale in cui chiunque deve ritrovarsi ed immedesimarsi.
Così come aveva fatto nel '68, in quel suo capolavoro western di tombale rassegnazione, il vecchio Sam sancisce anche qui la morte di un mito, quello dell'onore in battaglia, dell'obbedienza cieca alle ideologie della propria patria, del rispetto incondizionato per le linee gerarchiche militari, della strenua fierezza per le decorazioni guadagnate a caro prezzo.
Il suo non è assolutamente un pamphlet moralistico contro la Guerra ma rappresenta il crudo attestato dell'inattuabilità pratica dei sacri ideali per cui ogni nazione combatte, anzi meglio, per cui ogni potere arroccato nell'ignoranza di una fortezza manda i propri sudditi al macello, a scannarsi in quell'inferno di sangue e ferro che non ammette teorie astratte ma soltanto gesti concreti.
I due personaggi principali del film nient'altro sono che simboli umanizzati, icone senzienti di due concezioni opposte che l'autore mette a confronto in una pubblica arena.
Il capitano Stransky (Maximilian Schell) è un soldato di facciata, un individuo interessato alla forma, all'etichetta, alla sterile disciplina, ha un'idea della guerra quale foriera di gloria personale e supremo tempramento spirituale; è un idealista ambizioso e superficialmente ottimistico, senza esperienza diretta sul campo nè visione tangibile della tragedia umana e nazionale che coinvolge i popoli in guerra. Il suo è un fantoccio che gesticola in un mondo che non è mai esistito, un burattino che armeggia su un palcoscenico fittizio fatto di codici sempre validi e di automi immobili e manovrabili a piacimento. E' questa la parte (dis)umana che il regista avversa, scagliandovi contro il disprezzo personale più risoluto.
Il caporale Steiner (James Coburn) al contrario è un tipo pragmatico, un disilluso, uno che ha imparato a sopravvivere col sale in zucca del buon senso e dell'umanità, uno che si è fatto pian piano ben volere da tutti i commilitoni, grazie alle doti strategiche al di fuori di tutti i possibili schematismi protocollari; è un individuo dotato della giusta lungimiranza, raccoglie in se la corretta sensazione di ciò che attorno a lui accade, percepisce l'imminente sconfitta e sa che la cosa preminente da fare è salvare la pelle, in un modo o nell'altro. E' questo l'anti-eroe crepuscolare nel quale Peckinpah si identifica ed attraverso cui cerca di passare allo spettatore il suo messaggio smitizzante e senza speranza.
E' bene comunque mettere le mani avanti e sottolinare come l'opera sia ben lontana dall'essere perfetta e inattaccabile: vive di sequenze surreali di trascinante delirio (le sragionanti allucinazioni durante la convalescenza ospedaliera di Steiner, le concitate fasi dei bombardamenti aerei sui bunker) come anche di momenti di stanca (soprattutto nella seconda parte), arenati nella retorica a buon mercato di alcuni dialoghi o sulla troppa "americanità" dei caratteri illustrati.
E' certamente una pellicola insolita e controversa, che ha fatto storcere il naso ad un sacco di critici bacchettoni e sinistrorsi, cui non è andata giù nè l'assenza dell'obbligatorio e scontatissimo messaggio pacifistico, nè la sfacciata inclinazione del suo autore per un'estetica marziale sporca ma conturbante, spregevole ma al contempo pittoricamente plumbea e ipnotica.
Inutile negare come da alcune sequenze emerga, prepotente e sensuale, una certa esaltazione trionfalistica dell'atto dell'imboscata, centellinata in tutta la sua silenziosa letalità furtiva. L'uso del ralenty, cifra formale inconfondibile del nostro metteur en scene, è peraltro tutto rivolto al prolungamento irreale della morte sul campo, addirittura trasfigurata in un atto orgasmico terminale, definitivo ed irripetibile, degno dunque di essere osservato e goduto attimo per attimo in tutta la sua brutale estasi oscena.
La maniera in cui la pellicola si chiude può scontentare ed infastidire per la sua apparente insensatezza, dando l'impressione di una vile presa per i fondelli, lasciata li ad ovviare all'impossibilità di una chiusa rinfrancante e catartica ma il senso profondo della scelta inconsulta risiede altrove.
Mentre si riallaccia alle primissime immagini di apertura, l'epilogo assurge a grottesco coronamento demolitorio della seriosità di un'istituzione che oramai ha perso tutto il suo allure romantico e leggendario, rivelandosi puerilmente nella sua più intima e seminale natura: un gioco crudele e istintivo tra eterni bambini mai cresciuti.

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Ultima risposta 28/10/2011 19.42.59
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Nikilo  @  12/06/2011 21:01:48
   8 / 10
---ATTENZIONE, IL COMMENTO CONTIENE SPOILER!---

Da sempre il cinema di guerra ha posto l'esercito tedesco in una posizione periferica, quasi mai centrata in un'ottica appropriata, rispettando quasi alla nausea i soliti canoni del "tedesco ostico e cattivo" senza mai proporre qualcosa che si elevasse, o anche solo si estraneasse al genere.
La prima caratteristica che salta all'occhio del film di Peckinpah è proprio che per una volta sono proprio i tedeshi i protagonisti della scena.

La Croce di Ferro riporta la parte ormai di arretramento ( siamo in Crimea) e del tracollo definitivo dell'esercito tedesco, che sarà costretto a indietreggiare e portando con sè il peso di una delle battaglie più cruente della storia, la battaglia di Stalingrado, dove Hitler aveva puntato gli occhi, la città simbolo di una nazione, la città che portava il nome del leader dell'Unione Sovietica. I russi naturalmente dopo aver lasciato spazio di avanzata ai tedeschi tornano successivamente alla carica, ed è proprio questa la collocazione temporale del film.

Rivoluzionario e crudo, il film di Peckinpah ci mostra la parte "cattiva" di quasi ogni film di guerra sulla Seconda Guerra Mondiale che si rispetti, conferendo in maniera abbastanza oggettiva una condizione umana al popolo tedesco. Spogliato e ripulito dai soliti patriottismi La croce di Ferro finisce per essere una trasposizione accurata del disagio e del peso di un popolo ormai condannato ad una fine inesorabile. Se pur difficile da considerare anche i tedeschi in una certa maniera sono state vittime di un sistema di comando dagli ideali distorti, soggiogati da deliri di onnipotenza nella sconcertante scalata alla vetta di un potere assoluto nella scacchiera mondiale.
Asciutto e cinico nel mostrare la violenza della guerra la pellicola si propone come un film anticonvenzionale, dove non sono due uomini a essere messi a confronto, bensì due classe sociali provenienti da due ambienti totalmenti diversi: l'alta aristocrazia prussiana e l'alto rango di ufficiali dell'esercito nazista, contrapposto ai veri soldati, esasperati da un conflitto che lentamente si è trasformato in una condanna.
Ed è questa caratteristica emergente di estrema umanità dei soldati di basso rango tedeschi, a rendere suggetiva la contrapposizione tra essi che vivono la guerra sul campo di battaglia lottando ormai solo ed esclusivamente per la vita e non più per un ideale, non più per una nazione che ormai aveva impregnato addosso il sapore della sconfitta, e gli alti ufficilai di comando che proiettati al successo di una Germania nazista invincibile, dove il prestigio di essere decorati con un pezzo di ferro, valeva di più della vita dei loro stessi camerati.
Per forza di cose viene spontaneo simpatizzare per il sergente maggiore Rolf Steiner, un personaggio particolare, quasi anarchico nel suo modo di pensare e agire, ma pur fedele ai suoi principi e ai suoi ideali, pronto a portare a casa i suoi uomini, fiero di correre il rischio di mettersi anche in prima linea. E dall'altra abbiamo il capitano Stransky di alta famiglia aristocratica, che preferisce fare la guerra il più lontano possibile da dove viene combattuta, ben lontano dai rischi che la guerra comporta, e pronto a tutto ad arrivare all'ideale che persegue.
Innanzitutto La croce di ferro si colloca in una prospettiva assai diversa dal cinema bellico comune di quegli anni ( il film è del '77), anche per le ambientazioni e il luogo di ripresa, Peckinpah infatti sembra quasi volersi in qualche modo avvicinare a quello che era il contesto europeo di quegli anni, dando alla pellicola una valenza più europea ( apprezzabile il fatto che non ci sia l'ombra di un americano).
Anche qui a suo modo ritroviamo i canoni del cinema Western tanto caro al regista, il duello, la sfida tra due uomini tanto diversi, emerge nuovamente, calandosi e miscelandosi sapientemente con quello che era il suolo di guerra. Da un certo punto di vista sembra quasi voler riprendere in maniera più estrema gli stessi canoni caratterizzanti Il Mucchio Selvaggio.

Terrificante invece il contrasto iniziale e finale della musica bellica sovrapposta al coro spensierato dei bambini in tedesco, quasi a volere identificare una sottile e agghiacciante isteria che fa da contorno a tutta la vicenda.
Suggestive le scene riprese in ralenty, nonchè la crudezza dell'immagini.

Esistono comunque dei punti deboli, fin da subito i personaggi mantengono se pur non molto visibilmente un aspetto americano, viene forse fuori un cocktail delle due cose che tende a non avere nè il gusto di uno, nè il gusto dell'altro, il personaggio di Steiner è quasi surreale, mantenendo forse le caratteristiche di un eroe da cinema western, e ancora una volta è proprio la sfida tra i due uomini a ripresentarsi. Con l'epilogo finale Stransky che finirà per accettare il duello forse neanche contro Steiner ma contro la stessa morte, il quale finirà per essere la più auspicabile fine. E' il crollo definitivo di ogni criterio di ogni certezza, ormai i sovietici avanzano inesorabilmente, e a quel punto non c'è più spazio per nulla. Se non l'ultima risata di Steiner, quasi a sottolineare con cinico sarcasmo che l'ultima cosa che rimane è solo un eco di una risata. In fin dei conti morire per un conflitto del genere finisce per essere una barzelletta. E sono solo le risate a riecheggiare nel silenzio...

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Ultima risposta 12/06/2011 21.32.46
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  12/06/2011 12:34:47
   8½ / 10
Bellissimo film di guerra di Peckinpah, sembra quasi una versione allucinata del Mucchio Selvaggio in cui gli ideali sono morti ed il peso della colpa di una nazione si riverbera sui propri soldati. Si respira il senso di sconfitta imminente e quando gli ideali si scoprono per quello che sono, conta solo la sopravvivenza di un gruppo di uomini che ha combattuto fianco a fianco.

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Ultima risposta 12/06/2011 22.47.39
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clint 85  @  09/04/2011 01:26:15
   8 / 10
Uno dei pochi film americani senza retorica, un film che mette in evidenza la follia e la frustrazioni di pochi rappresentata dall'ufficiale in contrasto al dolore, la paura, lo sfinimento di altri rappresentata dal caporale Steiner!
La guerra la scrivono i vincitori, pochi sanno, o fingono di non sapere che la stragrande maggioranza dei soldati tedeschi erano uomini e ragazzi come i soldati americani che con la guerra avevano veramente poco a che fare....con l'unica colpa di essere nati in un posto sbagliato, nel periodo sbagliato in un mondo sbagliato!
...poi che la propaganda americana post bellica li abbia dipinti tutti i cattivoni della situazione, bhè quella è un altra storia!
FILMONE, onore a Peckinpah

Arnold  @  11/12/2010 02:52:42
   9 / 10
Diretto, crudo e spietato in perfetto stile Peckinpah. Il film è bellissimo e come molti altri lancia una dura condanna contro la guerra e chi la alimenta (pazzi in cerca di gloria), ma a differenza di altre pellicole lo fa sopratutto attraverso le immagini più che con le parole. La violenza in un film di Peckinpah è d'obbligo, e "La croce di ferro" non fa eccezione. Le immagini sembrano ritrarre perfettamente l'amarezza del protagonista (un James Coburn forse nella sua migliore interpretazione) di fronte all'orrore della guerra e alla follia che ne deriva.

Assolutamente da vedere

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Ultima risposta 10/02/2011 22.19.19
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bulldog  @  16/07/2009 16:30:28
   7½ / 10
Gran film di guerra del genio Peckinpah

Dan of the KOB  @  05/08/2008 23:30:27
   7½ / 10
C'è poco da fare, Peckinpah ha riscritto tutti i generi cinematografici su cui ha messo mano! Dal dramma al road movie, dal western al film bellico!
In tutti questi generi ha inserito le sue caratteristiche principali, violenza e cinismo, ma anche personaggi nobili e con una grandezza d'animo immensa!
La croce di ferro rappresenta tutto ciò rapportato ai film di guerra!
Un Mason fantastico e un sempre ottimo Coburn, circondati da comprimari veramente di primordine, danno vita ad una rappresentazione della seconda guerra mondiale veramente originale e mai banale!

Peckinpah è classe pura!

Gruppo COLLABORATORI julian  @  11/06/2008 01:58:57
   7½ / 10
Buona testimonianza di guerra, particolare perchè per una volta i protagonisti sono i tedeschi, visti nella maggior parte degli altri film come i "nemici".
Eppure anche tra le file tedesche c'è spazio per uomini virtuosi, poco convinti della causa per cui combattono e poco inclini al regime nazista, che tuttavia svolgono diligentemente il loro dovere: è il caso di Steiner (Coburn) e dei suoi uomini.
Dall'altra parte Stransky, il materialista che ricerca a tutti i costi l'ornamento della croce di ferro per apparire valoroso.
Ancora una volta, in un film di guerra, la follia di un uomo che mette a repentaglio la vita di molti.
Non eccelso, ma onesto.

popoviasproni  @  02/04/2008 13:11:41
   8 / 10
Un fronte tedesco stanco e disilluso ... un tenace, ironico e valoroso caporale a confronto di un capitano aristocratico ambizioso, cinico e fanatico: questi gli ingredienti di uno spaccato bellico che non rinunciando all'azione ci mostra soldati tedeschi senza speranze.
Ottima produzione e grandi interpretazioni (Mason su tutti).
Da recuperare!

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Ultima risposta 09/04/2008 23.13.33
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roy rogers  @  05/03/2008 19:25:51
   7 / 10
Un film che fino a poco tempo fa avevo sottovalutato perchè non avevo mai visto! ma guardandolo devo dire che è davvero un bel film! La storia è molto originale e secondo me anche la riproduzione storica dei dettagli è fedele!

Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  07/12/2007 20:39:19
   8½ / 10
Non mi aspettavo un film così bello.
Peckinpah è un maestro in ogni genere e anche nel bellico si ritaglia uno spazio eminente.
James Coburn è divino e Mason è al top come sempre. bellissimi i titoli di testa e stupendo lo sviluppo psicologico del dramatis personae, soprattutto nel delicato tema dell'omosessualità fra i soldati. un film coraggioso che curiosamente pone un punto di vista insolito, ma riuscito, il fronte nazista della guerra.

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Ultima risposta 08/12/2007 15.16.19
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Steiner  @  15/09/2007 16:24:51
   10 / 10
il nick l'ho tratto da questo film.
Grande affresco barocco sulla guerra e la sua futilità?
Magistrale saggio sull'umanità tradita?
Delirio visionario sulla caduta degli ideali di una esistenza non "virtuosa" che cerca comunque un riscatto disperato dalla fanghiglia in cui sguazza?
Come in un girotondo schnitzleriano i personaggi di questa tragedia si ritrovano e si annullano in un vorticoso roteare di sentimenti e idee, da cui ne escono vinti e mai domi. Essere tedeschi negli anni '40 è una colpa, ma la dignità, questa dignità calpestata da entrambi i lati della barricata, diventa la meta di una vita in cui, come dice il Sergente (perdonate se lo scrivo in maiuscolo), "non è più permesso pensare".
Per me, il più bel film sulla Seconda Guerra Mondiale in Europa e sulla guerra in generale. Di sempre

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  24/08/2007 18:40:51
   9 / 10
Un film amarissimo, acre, struggente, spietato: persino il cameratismo "virile" di Peckinpah denuncia forti alienazioni omosessuali, nonostante la presenza dell'ammaliante Berger: un mondo di uomini che, davanti alla guerra e alla mutilazione dell'idealismo e dei corpi, si fanno "carne" e reclamano di perdere la loro ragione d'Essere

Sistino  @  15/09/2006 19:30:35
   8 / 10
Un nuovo modo (il film è del 1977..) di raccontare la guerra. Consiglio a chi fosse piaciuto il film, la lettura de "La carne paziente" da cui è stato tratto il soggetto.

Sidewinder  @  10/09/2006 15:18:23
   9 / 10
Uno dei migliori film di Peckinpah e forse il più originale film sulla Seconda Guerra Mondiale, che ha il merito di focalizzare l'attenzione su un esercito (quello tedesco) che da sempre è stato messo quasi a margine in un film di guerra.
Attori eccellenti, regia allucinata e a tyratti disturbante nelle sue scene di guerra.
Consigliato.

Otto  @  21/08/2006 16:31:22
   7½ / 10
Bel film di guerra con una storia originale. Decisamente superiore a tanti altri titoli blasonati di produzione americana intrisi di patriottismo e altri stucchevoli concetti che noi purtroppo ben conosciamo. Ottima la ricostruzione dlle battaglie con carri, armi e divise totalmente corrispondenti. Consigliato!

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