la quattordicesima domenica del tempo ordinario regia di Pupi Avati Italia 2023
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la quattordicesima domenica del tempo ordinario (2023)

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locandina del film LA QUATTORDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Titolo Originale: LA QUATTORDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

RegiaPupi Avati

InterpretiGabriele Lavia, Edwige Fenech, Massimo Lopez, Lodovico Guenzi, Camilla Ciraolo, Nick Russo, Cesare Bocci

Durata: h 1.38
NazionalitàItalia 2023
Generedrammatico
Al cinema nel Maggio 2023

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Trama del film La quattordicesima domenica del tempo ordinario

Bologna, anni 70. Marzio, Samuele e Sandra sono giovanissimi e ognuno ha un suo sogno da realizzare. La musica, la moda, o forse la carriera. I due ragazzi, amici per la pelle, fondano il gruppo musicale I Leggenda e sognano il successo. Sandra è un fiore di bellezza e aspira a diventare indossatrice. Qualche anno dopo, nella quattordicesima domenica del tempo ordinario, Marzio sposa Sandra mentre Samuele suona l'organo. Quella "quattordicesima domenica" diventa il titolo di una loro canzone, la sola da loro incisa, la sola ad essere diffusa da qualche radio locale. Poi un giorno di quei meravigliosi anni novanta in cui tutto sembra loro possibile, si palesa all'improvviso la burrasca, un vento contrario e ostile che tutto spazza via. Li ritroviamo 35 anni dopo. Cosa è stato delle loro vite, dei loro rapporti? Ma soprattutto cosa ne è stato dei loro sogni?

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Voto Visitatori:   5,75 / 10 (4 voti)5,75Grafico
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Voti e commenti su La quattordicesima domenica del tempo ordinario, 4 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  05/01/2024 19:50:46
   6 / 10
E' un condensato della filmografia di Avati, autore di cui ho sempre avuto un certo rispetto. L'effimero piccolo successo di un passato che poteva schiudere scenari sognanti e scontrarsi con la disillusione della vecchiaia dove il protagonista è rimasto in fondo coerente con tutti i suoi difetti annessi ed un amico che opera scelte più ponderate per avere più sicurezza come un posto in banca. Rimane quell'amore espresso in maniera eccessiva attraverso una gelosia a volte immotivata, come una pulsione irresistibile. Il film di Avati si tiene sempre su toni malinconici, ma non nascondendo un profondo senso di amarezza. Un film che presenta una buona scelta di cast indovinato (a parte il Joker/Sidney Rome), con una Fenech molto a suo agio, ma con un personaggio incompiuto che avrebbe meritato certamente più spazio.

Mauro@Lanari  @  17/09/2023 21:59:52
   3½ / 10
Doveva essere una sorta d'amaro autobiopic, un cupo sunto del proprio fallimento esistenziale, un'epica del suo personale insuccesso: la quattordicesima domenica del tempo ordinario secondo l'anno liturgico corrisponde al giorno in cui Avati s'è sposato, il 27 giugno '64. Invece è fra i peggiori film del regista che, fra mesto, lugubre, fantasmatico amarcord e minimalista "recherche" proustiana, recupera tempi e modi del cinema anni '70 sfornando un'opera da teca RAI, fiacca, stanca e affaticata, polverosa in ogni comparto tecnico e raffazzonata nelle scelte narrative (musica scritta con Cammariere, personaggi, intrecci, amicizie, amori, gelosia, tradimenti, illusorie aspirazioni adolescenziali). La scena della Fenech (apparentemente) sotto la doccia strappa un sorriso.

Wilding  @  13/09/2023 20:24:04
   7½ / 10
Veramente bello, appassionante, tenero. Ha qualche momento di apparente "stanca", tipico di certi nostri film, mi lascia tante domande aperte, tuttavia ma mi sono molto appassionato a questo racconto delizioso.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  12/05/2023 02:03:39
   6 / 10
Credo nella sincerità di Pupi Avati, anche se il tutto mi è sembrato falso e tendenzioso, del resto mi sono commosso pensando alle mie esperienze personali e dunque per questo mi sento di promuovere il film anche con qualche riserva. Credo di giudicare da spettatore, insomma, non da appassionato di cinema. Avati è il regista più retorico d'Italia, il suo manierismo affonda nel sepolcro della memoria, non "sporca" mai ma rende inutilmente poetica la sua Arte. Quando ha rischiato con i film di genere o mettendo da parte l'alchimia dei sentimenti per la giusta cattiveria ha creato veri Capolavori (mi torna in mente "Regalo di Natale") altrimenti si immerge su una prosa dove l'anacronismo fa capolino ovunque, rifiutando ogni trapasso di Modernità anche quando sarebbe necessario (non diverge molto la Bologna degli anni 70" da quella di dieci, quindici anni prima). Comincia il film e si citano le cartoline Liebig, guardacaso sembra di rivedere un vecchio film di Carmine Gallone... Non si capisce perché l'alter-ego Lavia debba invecchiarsi più del dovuto, anche nel modo di camminare... La solita stessa canzone, quella di Cammariere, riproposta per tutto il film fino a sfiorare il parossismo Vs la maniera. Certe scelte stilistiche sono destinate a fallire miseramente fin dall'inizio v. Il padre defunto non emozionano e infastidiscono assai. Se la cava Lopez, inutili i camei (Patrizia Pellegrino e Sidney "lifting" Rome) ma la vera sorpresa è proprio lei, la splendida Fenech. Entra nel personaggio senza strafare di Recita come purtroppo fa Lavia e offre una performance emotiva e coinvolgente, l'avreste mai detto? Io dico di sì. Verso l'epilogo un paio di sequenze fanno sperare, salvo chiudersi nel segno di un Cinema che alcuni trovano bellissimo e altri detestano, in perfetta antitesi con un Cineasta che, al di là di tutto, ha realizzato molto, e merita per questo grande rispetto e tanta stima. Nella sofferenza nella malattia nel dolore che lenisce ogni sentimento cfr. Piuttosto ambiguo quello per l'amico da cui il protagonista stava per avere un bonifico, sembra sempre che la bellezza della vita salvi ogni conflitto. Ma sempre guardando indietro, a ciò che eravamo

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