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Lontano dai lavori surrealisti della Deren, più vicino alla videoarte che al cinema in sé, è fondamentalmente una ripresa con diversi tagli che alternano inquadrature più vicine a quelle più lontane di Chao Lin Chi che si prepara ad un combattimento, si nota facilmente il progressivo aumento dell'intensità e dell'irruenza del movimento, con una partenza molto soft che pian piano aumenterà l'aggressività e le movenze del lottatore, fino a quando sfodera addirittura la spada nella parte centrale, arrivando ad una sorta di defaticamento finale dove riduce progressivamente lo sforzo, esperimento interessante, ma nulla di trascendentale.
"Meshes of the afternoon" andò ad aprire, nel concetto di arte del Cinema, la carriera di una regia femminile degli anni quaranta, Maya Deren. A spingere il recensore nella scoperta di antichi cortometraggi è specialmente la data, quella degli anni quaranta, e poi il genere che è un non genere. Cioè siamo alla corte di uno sperimentalismo, tale sperimentalismo è inetichettabile.
Qualche tempo dopo, circa un lustro , Maya Deren passa alla produzione di "Meditation on violence", cortometraggio di brevissima durata, sono dodici minuti. La proiezione è lontana dalla logica, o perlomeno, la visione cerca un pubblico figlio e padrone dell'idealità di arte alternativa e relativa. Insomma bisogna guardare e prestare l'alibi a chi l'ha messa in piedi la cosa. Quando si osservano cose del genere, quando il recensore si imbatte con artisti totali come Carmelo Bene e Maya Deren (tanto per citarne alcuni!) deve avere predisposizioni di testa che accettino il prodotto. L'acclamazione è istintiva e personale, è tutta un'altra cosa.
"Meditation on violence" parla da solo e forse si esprime per se stesso; è un film senza parole ma con della musica positiva e a suo modo serena. In ballo la cultura di altre terre, nel segno di una spiritualità (meditazione quindi) del corpo e della psiche. Difficile penetrare ulteriormente nell'analisi, manca la voglia. Maya Deren con il corto del 1948 è come un sigaro di gradita e rassicurante provenienza: ti inebria, ferma la fisicità. Riposa la mente.
"…laggiù il corpo esiste, si dispiega, agisce, si da', senza isteria, senza narcisismo…" Da vedere per cogliere qualche segno della grafica orientale dei corpi.
Manca la verve surreale di altri suoi lavori,però riesce ad esprimere benissimo ciò che vuole dire. Maya Deren,amante egli stessa della danza,qui ci mostra i movimenti sinuosi ed eleganti del maestro Chao Li Chi che si prepara ad un combattimento. è una violenza piena di grazia,trasfigurata ma si nota. Certo alla lunga,per chi è abituato ad altro della Deren,può pure stancare vedere un uomo che per un quarto d'ora si muove "soltanto" (e la camera stavolta si adatta ai suoi movimenti e non viceversa) ma risulta sempre efficace il senso di ciò che ci vuole essere comunicato.
Non bello tanto quanto passati lavori della Deren, ma comuqnue interessante e sempre ben realizzato.
Può venire a noia perchè molto ripetitivo (si vede per 12 minuti tale Chao Li Chi a far sempre gli stessi gesti rpeparatori per un incontro di lotta), ma vale sempre e comunque una visione.
Il movimento è al centro di questo lavoro della Deren, in questo caso della boxe cinese. Non ha la forza visiva di Meshes o At Land, ma se apprezzate questa regista, vale la pena dare un'occhiata.