oh, canada - i tradimenti regia di Paul Schrader USA 2024
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oh, canada - i tradimenti (2024)

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locandina del film OH, CANADA - I TRADIMENTI

Titolo Originale: OH, CANADA

RegiaPaul Schrader

InterpretiRichard Gere, Uma Thurman, Michael Imperioli, Jacob Elordi, Caroline Dhavernas, Kristine Froseth, Penelope Mitchell, Victoria Hill, Aaron Roman Weiner, Ryan Woodle, John Way, Dylan Flashner, Jake Weary, Gary Hilborn, Kristine Froseth, Megan Mackenzie

Durata: h 1.35
NazionalitàUSA 2024
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 2025

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Trama del film Oh, canada - i tradimenti

Il famoso documentarista canadese-americano di sinistra Leonard Fife è stato uno dei sessantamila evasori e disertori che si sono rifugiati in Canada per evitare di servire in Vietnam. Ormai ultrasettantenne, Fife sta morendo di cancro a Montreal e ha accettato un'ultima intervista in cui è deciso a svelare finalmente tutti i suoi segreti, a smitizzare la sua vita mitizzata.

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Voto Visitatori:   6,75 / 10 (6 voti)6,75Grafico
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Voti e commenti su Oh, canada - i tradimenti, 6 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Wilding  @  23/07/2025 19:20:42
   6½ / 10
A tratti struggente e profondo per la bravura di Richard Gere. Il racconto è però mal costruito, e pertanto poco coinvolgente.

Thorondir  @  22/05/2025 10:54:59
   7 / 10
Schrader, vecchio regista e sceneggiatore della New Hollywood, con "oh, Canada" sembra ripercorrere tutto il suo cinema (in un viaggio chiaramente auto-biografico): i temi sociali e politici, le malattie, la religione, la guerra, l'etica lavorativa. Un racconto avanti e indietro nel tempo tra le amnesie della mente, gli offuscamenti della malattia, la potenza dei ricordi in un film sentito, imperfetto, tutto dentro le dinamiche del cinema scharderiano (soprattutto degli ultimi anni).

stratoZ  @  22/04/2025 12:04:18
   6 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Non mi ha fatto particolarmente impazzire quest'ultima fatica di Paul Schrader, probabilmente per via di una narrazione fin troppo frammentata che porta il film ad accartocciarsi un po' su se stesso, il tutto sarebbe giustificato pure dalla condizione del protagonista, moribondo ed in preda a vari deliri causati dalla malattia ormai in fase terminale e dalle pesanti medicazioni a cui è sottoposto, ma penso nel complesso tenda a danneggiare la narrazione, alternando numerose linee temporali, da quella del presente riguardante l'intervista a quelle in bianco e nero, di un passato relativamente recente, probabilmente macchiato dal senso di colpa, a quelle del lontano vivido passato della gioventù.

Il film tenta di fare un discorso sul mito di questo uomo considerato un'icona delle lotte sociali, disertore della guerra del Vietnam e poi diventato un documentarista affermato che ha sfidato sistemi politici e influenti aziende per far emergere verità scomode, un uomo molto stimato artisticamente, pieno di seguaci la cui vita viene spesso mitizzata, la condizione terminale lo porta in un'inusuale franchezza in cui confessa all'intervistato le sue mancanze nella vita privata, descrivendosi come un personaggio viscido, opportunista e che è fuggito per tutta la vita dalle responsabilità, Schrader crea una forte dicotomia tra la vita artistica, stimata, celebrata e presa d'esempio - al punto che gli intervistatori lo incensano utilizzando una tecnica di cui lui è considerato pioniere - e quella privata nella quale si è rivelato un partner terribile e un padre ancor peggio, tra adulteri e figli non riconosciuti, diventando emblematica nella scena della premiere del suo documentario in cui incontra suo figlio, ormai adulto, e lo liquida velocemente non riconoscendolo nemmeno in questa occasione.

Allo stesso tempo il personaggio della moglie fa di tutto per conservare il rispetto che l'uomo stesso sta tentando di demolire nei confronti di se stesso, come un omaggio alla memoria in vista della sua morte, cercando di sminuire le sue affermazioni per via della condizione e volendo ostacolare l'intervista, probabilmente perché la sua memoria sarà quello che resterà a loro una volta che lui sarà andato via, e non vuole spazzarla.

Come concetto, interessante, come realizzazione, pecca un po' di questo eccessivo labirintismo, con un montaggio a tratti fastidioso, complicandosi fin troppo la vita, un po' un peccato, sa di occasione sprecata.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  14/02/2025 10:12:00
   6½ / 10
Oh Canada è un film che procede per ellissi, tutt'altro che lineare. Un uomo che si racconta davanti ad una telecamera ed inanella ricordi della sua vita come le tessere di un puzzle che devono essere messi insieme. Un uomo malato giunto ormai alla fine della propria vita, sorretto unicamente da farmaci che allentano l'appetito di un cancro che lo sta divorando. un cancro fisico ma forse un cancro morale di un uomo ipocrita. La confessione di Leonard Fife è realmente una confessione oppure il delirio di un uomo malato? Schrader ci mostra i pezzi ma il puzzle è incompleto. Buchi e vuoti di memoria, ma anche riflessioni e piccole sliding doors dettate dalla fantasia dell'uomo. Da quei pochi indizi si può intuire solo la meschinità di un padre e di un marito collezionista di donne che ha mollato senza tanti complimenti, usando la piccola foglia di fico della renitenza alla leva.

Filman  @  30/01/2025 11:31:56
   8 / 10
L'intento di chi ha diretto questo film non era confondere lo spettatore o non far tornare le cose (e alcune cose che non tornano certo che ci sono). La tecnica è quella della rottura della linearità temporale e la disposizione caotica dei segmenti narrativi, un po' come se la storia, rettilinea, fosse prima stata spezzettata e poi si fossero lasciate cadere queste stecche di varie dimensioni, andando a creare accumulo e sovrapposizione. L'utilizzo dei formati o del bianco e nero piuttosto che dei colori esiste dai tempi di Memento. Qui ciò è coerente con la sofferenza e la fatica a raccontare del narratore.
La ricostruzione dei giovanili anni 60-70, le amicizie libertine e il loro contrapporsi ad una vita di doveri familiari, sono messi in scena in maniera a dir poco convincente.
I dialoghi scritti da un veterano come Paul Schrader sono potenti come una spranga che prende la rincorsa e le musiche trafiggono come dei raggi di luce.
Allora c'è qualcosa che manca a OH, CANADA ? Sicuramente non delle solide basi. E allora cosa?
Bè questo film manca sicuramente nel centrare il punto della questione. Finisce col parlare dell'assenza di uno scopo, piuttosto che di un obbiettivo, di incertezze, di insicurezze e della vacuità dell'esistenza che portano a non fare mai quel si vuole, allo scoprire che non si è bravi in quello che si vuole fare e alla fuga da tutto. Ma il protagonista? Il film si fossilizza così tanto sulle sue colpe e sullo scoprire il suo passato che, dopo che si assiste a questo scavo di un'ora e mezza, spalata dopo spalata, è inevitabile non rimanere delusi.
Un uomo con poca etica e morale, che disconosce suo figlio, che scappa dalla moglie che lo attende, che fa finta di fuggire dalla guerra, non può essere certamente al centro di una premessa fatta di confessioni, misteri, segreti e sensi di colpa.
Forse è un miracolo artistico che questo film, che rimane bellissimo, risulti più profondo di ciò che realmente aveva da raccontare. O forse è stato un azzardo artistico trasformare in oro ciò che era invece destinato a galleggiare. Ma a fondo col il film ci finisce anche lo spettatore, totalmente catturato. Da lì non si può tornare indietro.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento williamdollace  @  23/01/2025 22:02:04
   6½ / 10
Oh Canada è una riflessione sulla macchina da presa la macchina attoriale la confessione, solo attraverso lo schermo (dentro il film il primo) tra noi e il film il secondo, Oh Canada, esclamazione, epilogo, epigrafe, racconta la storia di Leonard Fife, un rivoluzionario e rispettato documentarista politico che, giunto alla fine della sua vita, causa cancro diffuso, decide di raccontare la sua storia senza filtri davanti alla moglie e collaboratrice e a due vecchi alunni che filmeranno tutto. È Natale, come lo era per la morte della Sontag, Leonard cita lei e cita Freud e la dislocazione dei corpi nella confessione dei segreti che sta per ricordare e svelare. La sua diserzione i suoi tradimenti le donne in mezzo ad altre relazioni i presunti figli sono rivelazioni imbarazzanti che snocciola con la premura di chi non ha più tempo. Questo buio feroce. Senza più una maschera. E Schrader 78enne filma come se Fife fosse la sua nemesi, frettolosamente, con tanti nodi non sciolti, con molte leggerezze e inesattezze ma inesorabilmente, utilizzando un testamento per provarne il sapore chiaroscuro, teatrale, ancestrale, finale. Sovrappone gli stili dello schermo, usa frammenti che non collidono che non si incastrano, sembra a voler dire, perché la vita forse si incastra? La ricordiamo davvero la realtà, quello che ci impegniamo a rappresentare nel tentativo di espiare la nostra esistenza? Un'epifania. Che ci ricorda che nonostante tutti questa metalivelli il piscio nella sacca di Leonard va cambiato, e la virilità lirica delle parole cozza con il bisbiglio di una coscienza che di nulla si pente, frontalmente. Un film riuscito? Neanche per sogno, ma forse, è proprio così che lo si voleva.

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