Un istruttore bisbetico di una scuola privata del New England è costretto a rimanere nel campus durante le vacanze di Natale per fare da babysitter a una manciata di studenti che non hanno un posto dove andare. Alla fine, stringe un improbabile legame con uno di loro - un problematico cervellone danneggiato - e con il capo cuoco della scuola, che ha appena perso un figlio in Vietnam.
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VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR: Miglior attrice non protagonista (Da'Vine Joy Randolph)
VINCITORE DI 2 PREMI GOLDEN GLOBE: Miglior attore in un film commedia o musicale (Paul Giamatti), Miglior attrice non protagonista (Da'Vine Joy Randolph)
Alexander Payne, regista di cui non conoscevo assolutamente nulla, mi stupisce con questa pellicola basata su un preciso momento degli Stati Uniti.Siamo negli anni 70, ancora in corso la guerra del Vietnam, è ci troviamo all'interno di una di quelle accademie per ricchi snob. In questo istituto tra i tanti insegnanti lavora il nostro professore di civiltà antica intepretato da un meraviglioso Paul Giamatti. Un insegnante burbero, ma preciso e onesto, a differenza degli altri suoi colleghi, il quale ha la intenzione professionale di bocciare il figlio di un politico. La scuola per ripicca lo punisce affidandoli un gruppetto di 4 studenti da guardare durante le feste natalizie. Nello stesso momento se ne unisce un quinto, tal Tally, intperetato da un giovane Dominic Sessa che però offre una performance di tutto rispetto. Nell'edificio oltre a loro è presente la cuoca Mary, che è una madre in lutto per aver perso da poco il figlio proprio in Vietnam. Il film vero e proprio inizierà quando il gruppetto di ragazzi riuscirà a trovare come passare le vacanze, o almeno 4 di loro, lasciando Tally all'interno dell'accademia insieme a Giamatti perchè la famiglia non è riuscita a mettersi in contatto con quest'ultimo. Da qui partirà il film vero e proprio di cui non voglio dire piu nulla, ma di godervelo se non lo avete visto ai suoi tempi di uscita- Oltre a fornire una bella ricostruzione storica proprio a livello visivo del periodo, con una fotografia a tratti mostruosa e una cura degli ambienti interni. Potrebbe benissimo venire scambiato per un prodotto girato negli anni 70 e nessuno direbbe nulla in contrario. Payne riesce a farci empatizzare con i personaggi, non solo il prof, ma anche la cuoca che da un risalto dolcissimo alla vicenda in cui c'entra la scatola è da applausi. Lo studente Tally che si sente un forte disagio intorno a lui, mancanza di affetto, c'è del bullismo ai massimi livelli, dentro una scuola dove entrano ed escono solo questi cazzottini tuttosoldi e niente spina dorsale. Di come l'America stia attraversando un momento ancora difficile, con la paura che qualcuno di loro finisca per essere arruolato dentro qualche scuola militare e spedito in Vietnam con solo biglietto d'andata. Il personaggio Di Giamatti, ateo, onesto ma burbero, che per ogni dialogo riesce a trovare qualcosa legato alla sua disciplina. I dialoghi ma anche la sceneggiatura regge alla grandissima le oltre due ore, senza a mio parere annoiare e lo scambio di battute in alcuni frangenti risulta anche comico, come l'insulto al preside. Mi sa che dovrò recuperare anche altri film di Payne dopo aver visto The Holdovers.
il più bel film che ho visto sotto natale! uno scontro generazionale tra uno studente disilluso dal suo integerrimo insegnante, una storia tratteggia con abile colpi di regia e di sceneggiatura, che riesce nella sua semplicità a non calare mai di ritmo e non perdere mai il focus sui personaggi, che poco a poco lasciano trasparire, sogni, speranze e amarezze che la vita riserva e con la quale dobbiamo fare i conti. un film che riesce a parlare al cuore sopratutto anche grazie all'incredibile interpretazione dei due protagonisti, Paul Giamatti e Dominic Sessa. un prodotto eccezionale che deve essere visto a tutti i costi
Una pellicola solida con un trio di attori davvero in parte. Bellissima l'ambientazione invernale, in questa scuola immersa nella neve. Un plauso anche alla sceneggiatura. A tratti assomiglia all'Attimo Fuggente e il raffronto è inevitabile. Ottima la regia di Payne, ormai regista navigato, che dirige un film senza sbavature, commovente in alcuni frangenti, ma che non rivedrei una seconda volta.
Alla fine del film se mi avessero chiesto se queste due ore avrei preferito passarle s sco0parmi a pecora, sul tavolo della sala da pranzo la madre del mio migliore amico, avrei titubato un po' ma alla fine sono state due ore non buttate via, perché la madre del mio migliore amico é un cesso
Un film alla vecchia maniera che sia per le inquadrature, il taglio delle immagini, i titoli del film, i colori e la pellicola frusciante e sporca ti fa calare perfettamente in quelle ambientazioni anni 70 in cui la storia si svolge. Una storia toccante, con una sceneggiatura ben scritta e temi importanti; non originalissima ma messa in scena molto bene e con un gigante come Paul Giamatti straordinario in questo ruolo. ci regala divertimento e commozione, suggerendoci riflessioni importanti ; per certi versi ricorda un pò L'attimo Fuggente ma è tutt'altro film.
Avrei preferito un finale meno amaro o almeno un abbraccio da parte di Angus al proferssore piuttosto che una stretta di mano per salutarsi...avrebbe emozionato di più
Prendete lo spunto di "Breakfast Club", per cominciare, ed ambientatelo all'inizio degli anni '70, è una vaga idea del canovaccio di questo lavoro. C'è però molto, molto altro: lo stile retrò gli conferisce particolare fascino, ci sono dei grandi interpreti (ho trovato tutto il cast in gran forma), spessore psicologico dei personaggi, vicende (e drammi) personali e tutta la carrellata di timori ed incertezze che possono avere gli adolescenti. Nel complesso non è particolarmente innovativo, ma è indubbiamente grande cinema.
Payne è un regista del cuore. Sa sempre caratterizzare a dovere i suoi personaggi, scegliere un'ambientazione suggestiva e impostare un bel racconto.
Dopo quel mezzo passo falso di Downsizing torna più in forma che mai.
Giamatti gioca in casa e non c'è nulla da aggiungere, impeccabile come al solito; menzione di merito per il giovane attore nei panni dello studente ma anche per la signora di colore vincitrice dell'oscar.
Bella storia (non originale) con un ottimo cast dominato da un Giamatti da Oscar... La regia è molto valida e ben ricrea gli anni 70 per un film che si gusta volentieri e che lascia qualcosa.
Ennesimo bel racconto di Alexander Payne che non inventa nulla di nuovo parlando del rapporto tra un burbero professore e un alunno prepotente e figlio di buona famiglia, ma che riesce sempre a tratteggiare con garbo delle figure che ti entrano nel cuore.
Momenti ironici si mescolano ai drammi pesonali che vivono i tre protagonisti del film e la loro lenta trasformazione arriva alla fine dove in realta' ti aspetti, ma ci arrivi dopo due ore piacevoli.
L'immagine iconica che rappresenta tutto il film penso siano le lacrime della cuoca durante i festeggiamenti del Natale, un pianto che va in contrasto con la festa piu' "felice" dell'anno ma che hanno un forte significato emotivo.
Vidi un simpatico brillante trailer al cinema. Le aspettative quindi erano ben diverse rispetto alla visione ben più sottotono del reale svolgimento della vicenda. The holdovers riesce a trasmettere delle sì lezioni di vita in un modo più intimista di quanto non ci si aspetta. Carino.
Classico film di Payne, che ormai riesce ad imprimere la sua inequivocabile firma anche su quei film che non scrive lui. La trama in realtà non è per niente originale: c'è il ragazzo ribelle ma di buon cuore, il professore solitario e poco apprezzato, l'ambiente ipocrita del liceo americano, la storia di formazione, ecc ecc, ma la mano di Payne è così esperta da trasformare la più classica delle storie in un bel film, che scorre via placidamente fino allo scontato ma commovente finale.
Ah, ovviamente Giamatti è essenziale per la buona riuscita del film: attore maiuscolo da sempre, anche in questo caso si prende il film sulle spalle e crea un personaggio memorabile.
Non è un vero e proprio omaggio alla New Hollywood anni 70, però Payne riprende esteticamente gli stilemi di quel periodo con un semplice racconto di formazioni fra individui che rappresentano un qualcosa che il mondo tende a mettere da parte o perlomeno una parte di questo mondo. C'è un professore detestato da corpo docente e studenti proprio per la sua inflessibilità a quei valori "arcaici" che la scuola dovrebbe insegnare ma ormai solo una facciata per gli interessi di una classe ricca che ne vuole usare il prestigio. C'è il ragazzo problematico lasciato solo dalla famiglia e tendenzialmente ribelle. C'è una capocuoca che trattiene sommessamente il dolore per la morte del figlio in Vietnam. Sono personaggi chiusi nei loro gusci, che rimangono sostanzialmente dentro di essi, con la differenza che cominciano a guardare le cose con uno sguardo diverso, più sottotraccia che mostrato in maniera palese. I personaggi si sviluppano e cambiano, ma non in maniera eccessiva e comunque percepibile. Un buon film che non raggiunge i livelli di Nebraska, che ho apprezzato di più, tuttavia un film degno di nota con un Giamatti straordinario.
Un pelo sotto le aspettative personali, non ho empatizzato a pieno con i due protagonisti, anche se bisogna riconoscere che l'interpretazione di Giamatti è notevole. Bella la fotografia, due ore e un quarto sono forse un po' troppe.
Payne si conferma fra i più interessanti registi di Hollywood con "The Holdovers". Uno dei pochi a portare avanti un cinema ormai relegato ai margini, che non cerca lo spettacolo, ma storie semplici con personaggi che rimangono impressi. "The Holdovers" è il classico "slow burn", che parte lentamente, quasi a non voler immergere immediatamente lo spettatore, ma portarlo pian piano nella storia. Infatti la narrazione è progressivamente sempre più coinvolgente, con un'ambientazione natalizia non banale e una colonna sonora azzeccata, fino ad una parte finale amara di alto impatto emotivo (il "sacrificio" è piuttosto inaspettato). A livello attoriale siamo a livelli altissimi, Giamatti superlativo e ottima anche Da'Vine Joy Randolph, ma la vera rivelazione è Dominic Sessa, che offre una performance grandiosa al primo ruolo in assoluto (raramente ho visto interpretazioni così belle alla prima prova).
Film tremendamente nostalgico in grado di catturare l'atmosfera, l'essenza e l'estetica degli anni '70 negli Stati Uniti nel periodo delle vacanze di natale e le conseguenti sensazioni sia di malinconia sia d'intimità che l'arrivo dell'inverno era, ed è tutt'ora, capace di portare.
Di un autenticità e un realismo raro, una cura dei dettagli fenomenale nei dialoghi, i costumi e la granulosa fotografia tanto che pare veramente essere tornati indietro di 50 anni ed assistere ad un classico senza tempo, uno di quei film che al giorno d'oggi si producono sempre più raramente.
Sentito e commovente, spero possa diventare un classico natalizio nei prossimi anni al pari di Willy Wonka, Una Poltrona Per Due e tutti gli altri.
Con un'esilarante citazione (quasi) del mitico "Cinque pezzi facili" di Rafelson, il film di Payne è delizioso e, sì, diciamo pure bellissimo, ma la sceneggiatura è fin troppo tradizionale per essere come dovrebbe anche vagamente (vacuamente?) graffiante, ironico, dissacrante. Diciamo che si poggia tutto sulla recitazione, attori tutti bravissimi, il consueto gigionismo di Giamatti affiancato a una promessa (Sessa) che sembra il figlio o il nipote di Steve Winwood (proprio lui, il cantante degli inglesi Traffic). Le "lezioni di vita" basate sui referenti dell'Antica Grecia sono efficaci ma troppo spocchiose, e alla fine il film - un Will Hunting miscelato con L'attimo fuggente - diventa a tutti gli effetti un carinissimo Christmas Movie. Ci sono momenti ispirati che ti prendono per mano e altri che, per quanto godibili, non sembrano evitare certi schemi prefissi, certi cliché (il libro da scrivere, poi, per ritrovare la ragione di vita non è tollerabile!!!). La parte migliore è quella centrale del viaggio a Boston, peccato che nella "vacanza" tra studente e professore manchi la cosa basilare, un bel concerto rock, magari. In ogni caso è un film che soddisfa i fans del regista, sempre bravo a soffermarsi sull'inadeguatezza e la solitudine dei suoi personaggi, Giamatti è un altro Schmidt dei giorni nostri, anche se "risale", come certi film di Altman o Mazursky, ai primi anni 70", quelli del Vietnam e dei diritti di cronaca
Un film discreto, ben diretto e abilmente interpretato, con un Giamatti sugli scudi in una sorta di racconto di formazione piuttosto ben tratteggiato tra dramma, sentimento e speranza. Un prodotto godibile, 5 candidature ai prossimi oscar, forse un po' retorico nei dialoghi e un po' eccessivo nella durata ma, comunque, discretamente interessante e coinvolgente.
I residuati, gli oppressi di Camus, i rimasti, che brillano nelle loro esistenze quotidiane dis/graziate, con le toppe sulle giacche sulle ginocchia o con il cuore rammendato da un filo ordinario, con un occhio solo o troppi ricordi, con le sabotate pareti delle nostre menti, le cicatrici argentate che le compongono, ed è ciò che fa alexander payne, mettere insieme tutto questo e consegnarci l'ennesimo bicchiere di vino d'annata da versare in un bicchiere di carta per le sere solitarie, centro nevralgico della cura della bellezza negli "oppressi", oh miei capitani, che sanno sempre cosa significa essere se stessi a proprie spese, che vediamo, solo se nella sottrazione miope delicata, che non contraddistingue il nostro tempo.
The Holdovers è una tipica pellicola di Payne, che come al suo solito mischia elegantemente ironia e dramma, questa volta in un clima natalizio che sa di festa troncata o comunque non goduta a pieno. La messa in scena minimale in interni, con la scuola diventata ormai vuota, fredda, depredata dei suoi addobbi non è altro che il riflesso della condizione dei personaggi, specialmente se si mette in rapporto al gioioso e festivo mondo esterno. Ciò che colpisce è l'approfondimento psicologico ben strutturato dei tre personaggi principali, che seppur profondo riesce a lasciare delle sfumature e dei margini che permettono allo spettatore ancora di supporre e presupporre.
Gli argomenti che emergono nelle due ore di durata sono molteplici, il film presenta uno schema abbastanza convenzionale per questo tipo di pellicole, caratterizzato da alti e bassi, momenti che alternano una dura incomunicabilità ad una forte empatia, l'affresco che ne esce fuori è quello di tre anime fondamentalmente sole a combattere con i loro traumi, prestando comunque un grosso spazio all'evoluzione dei personaggi che per voglia o necessità che sia iniziano a venirsi incontro. Dal professor Hunham interpretato da Giamatti, non esattamente il più popolare e simpatico della scuola, molto dedito al suo lavoro ed estremamente appassionato di storia antica, solo e con quella sfumatura macchiettistica che potrebbe ricordare il/la prof che abbiamo avuto un po' tutti al liceo per cui non esiste nulla all'infuori del lavoro, il classico blocco di ghiaccio a cui però basta una carezza per sciogliersi del tutto, come appunto mostra l'evoluzione del personaggio, dall'iniziale scontro con Angus arriverà gradualmente ad aprirsi, anche grazie ad alcuni gesti altruistici del ragazzo - come la deresponsabilizzazione in ospedale - fino ad abbattere le barriere formali tra studente e professore, è un personaggio che fa tanta tenerezza perché costretto costantemente ad indossare una maschera di autorità, è poco comprensivo con gli studenti ma sarebbe il primo ad aver bisogno di comprensione, la scena quando vede la signorina Crane baciarsi col suo fidanzato è di una tenerezza incredibile, e Giamatti è abilissimo nel far trasparire le emozioni del personaggio, così bloccato, così solo.
Dall'altro lato Angus è un ragazzo intelligente ma ribelle, probabilmente a causa di problemi con la figura genitoriale, anch'esso come Hunham inizialmente tende a nascondere le sue debolezze, ma a differenza del professore riesce ad essere più maturo ed è il primo che prova a stabilire un legame di collaborazione ed empatia, con una madre negligente nei suoi confronti e un padre che vuol tenere nascosto, per vergogna o per paura di diventare come lui un giorno è l'emblema del ragazzo anticomunicativo, un po' egoista per istinto di sopravvivenza ma in fondo dal cuore tenero.
E poi c'è la cuoca, questa signora che ha perso recentemente il figlio in Vietnam, che affronta l'elaborazione del lutto in queste festività natalizie terribili per lei, personaggio di grande umanità, dal forte istinto materno, come si vede nella cura che ha degli ospiti, il suo pianto dilaniante alla festa di natale è come una sirena di disperazione nel clima gioioso delle feste, perché durante le feste la tristezza non passa, viene solo messa da parte.
Dallo stile un po' vintage, leggermente sgranato e una componente visiva che può ricordare gli anni in cui è ambientato "The Holdovers" è un bel film dal taglio indipendente, col quale Payne continua coerentemente il suo discorso tra un po' di ironia e un forte dramma di fondo, con quei personaggi sfumati e quelle situazioni tipiche del suo cinema che fanno fermare un attimo a pensare, che fanno riemergere sentimenti contrastanti, dalla nostalgia all'apprezzamento dei piccoli momenti, di certo non è un autore che lascia indifferenti e questo film ne è una delle conferme.