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Vorrebbe essere una tigre ma è un gatto. La materia in mano a Ostlund sarebbe stata incandescente. Una marea di personaggi e chirurgie plastiche ammassate in un hotel in Svizzera la notte di capodanno del 1999/2000. Tutto è toccato di striscio ma nulla è approfondito, né le psicosi da nuovo millennio né le situazioni grottesche, ridotte e con il sapore annacquato del già visto, né le truffe mal organizzate. Barbareschi qui produttore si inserisce anche come personaggio - appendice pressoché inutile. Qualche scena la strappa Mickey Rourke. Tutto il resto, vodka, ***** di cane, colon, chirurgia estetica, tromboni morti, viziati arrivisti, corruzione politica, tutto tracurabile. Ne potevamo fare benissimo a meno.
Polanski lo si ama per tutto quello che ha fatto in carriera, per i capolavori che ha donato alla storia del cinema. Questo "The Palace" non dice nulla della sua grandezza, ma neanche lo sminuisce, a ormai 90 anni. È semplicemente un film inutile, ennesima e soprattutto innocua commedia "sopra le righe" contro il mondo dei ricchi plastificati e che neanche sono poi così ricchi. Per carità, c'è sempre da ridere quando si prendono in giro i benestanti che ostentano, ma bisognerebbe anche avere un minimo di senso, di spessore, di forza e coerenza narrativa. Qui non c'è niente.
Un pò come per Woody Allen allo stesso modo per il "maturo" Polanski sarebbe ingiusto aspettarsi una qualità elevata nei suoi ultimi film. "The Palace" è un lavoro un pò buttato via che rimastica temi grotteschi del passato e del suo medesimo cinema, accanendosi contro una società borghese venale e volgare, spaventata dall'avvento del millenium bug. Il balletto dei personaggi sopra le righe presenti diverte in superficie ma a fine visione lascia poco. Tra i produttori Luca Barbareschi, anche presente come attore ( è un irriconoscibile cliente dell'hotel ).
Non mi ha convinto del tutto, ma neanche mi è sembrato un lavoro da stroncare. Una carrellata di personaggi bizzarri ed eccentrici, ricchissimi, rappresentati come caricature portate all'estremo. La critica al ceto sociale più alto è piuttosto chiara, nel complesso si segue bene e diverte, tra la commedia ed il grottesco, ma mi è sembrato girare un po' a vuoto, anche perché
È un film fortemente satirico che mette impietosamente alla berlina tutte le tipiche mode e disvalori di un ceto sociale elevato il quale è solo l'apice di un degrado collettivo. Per tale motivo risulterà indigesto a molti... Apparentemente umoristico, in realtà, credo, volutamente fastidioso. La comparsata fastidiosa e inutile di Barbareschi, la faccia trasfigurata dal bisturi di alcuni attori sono un'attestazione del reale nella finzione. Una realtà ben peggiore!
Una grottesca carrellata di personaggi. A tratti diverte, ma molti personaggi sono poco riusciti e comunque la sceneggiatura non è coesa. Appena appena sufficiente.
Quest'ultimo film di Polanski racconta in maiera farsesca un episodio autobiografico, e cioe' il capodanno del 1999 che lui stesso ha passato in questo albergo di lusso famoso in tutta Europa.
Un susseguirsi di scene grottesche che poco si intrecciano tra di loro e che purtroppo non graffiano mai abbastanza. Si ride sempre a denti stretti e l'attesa per un finale esorbitante non viene mantenuto.
Basta fare il paragone con un film uscito di recente "Triangle of sadness" dove la critica sociale è molto piu' riuscita ed esilarante nello stesso contesto borghese di questo lavoro di Polanski.
Il principale problema di "The Palace" è che manca di originalità, Polanski a novant'anni suonati - e a mio parere abbastanza in calo nell'ultimo decennio, ma credo sia fisiologico a questo punto - realizza la classica critica antiborghese che nei cinema è in giro da un centinaio di anni, era già dai tempi di altri titani come Chaplin e Renoir che il ceto alto veniva preso di mira, poi Bunuel, Pasolini, Ferreri e qualche altro autore hanno progressivamente reso questa critica più dissacrante, arrivando anche a vertiginose provocazioni fino alla quasi totale parodia, e ancora oggi, con risultati altalenanti, qualvolta anche apprezzati dalla critica - Triangle of sadness - queste tematiche riescono a restare sulla cresta dell'onda, tuttavia penso questo film in particolare non aggiunga nulla alla corrente, né a livello tematico, né a livello stilistico, certo è ingiusto il paragone addirittura con i cinepanettoni, qui a differenza di quella roba la volgarità è asservita al significato, non è un film che punta far ridere, Polanski non ha mai voluto mettere gag sulla cacca tanto per generare ilarità, quanto per mettere in mostra la velleitarietà delle pretese di questi particolari personaggi tutti riuniti al The Palace, lussuoso hotel svizzero, per l'ultimo giorno del vecchio millennio.
Quello che si potrebbe criticare alla narrazione è un'eccessiva quantità di personaggi che nella relativamente esigua durata non riescono ed essere approfonditi, se da un lato è una cosa voluta per rappresentare proprio il macchiettismo di questi ultimi, dall'altro fa sì che sfuggano via dalla mente dello spettatore appena possibile, l'autore mette in mezzo di tutto, dagli ospiti russi sempre invischiati in questioni losche, che riguarderanno anche la politica e l'ascesa al potere di Putin, alla coppietta, lui novantasettenne, lei ventiduenne col conseguente gossip che ne consegue, il medico estetico trattato come una vera celebrità e il personaggio della Marchesa, una nobildonna zitella che tiene più al suo cane che alle altre persone. E poi c'è quello considerabile il protagonista della pellicola, Bill Crush, interpretato da Mickey Rourke, che rappresenterebbe una sorta di cattivo di turno che vuole approfittare del millennium bug per aumentare le sue ricchezze ormai sul punto di finire. Se la prima parte introduce questi personaggi con qualche peripezia del caso che serve in parte a caratterizzarli, la parte finale sembra mozzata, molti destini sono lasciati in sospeso, Polanski da l'impressione di preparare la bomba e invece poi tagliuzza tutto lasciando lo spettatore con un po' di amaro in bocca.
Stilisticamente ricalca l'esagerazione, tra kitch, volgarità, qualche rutto, cafonaggine, rappresenta un mondo esageratissimo ed estremamente caricaturale, il cattivo gusto, l'ego smisurato dei personaggi, l'apparenza che sovrasta tutto, insomma sia tramite le situazioni che tramite la messa in scena c'è una forte componente esagerativa che non si era mai vista nel cinema di Polanski e che nel bene e nel male fa arrivare abbastanza bene il messaggio, peccato che sa tanto di già visto, però dai, a novant'anni, va anche bene così.
L'Apocalisse secondo Polanski in versione grottesca e irriverente. La classe dirigente che ha governato l'occidente è diventata sempre più ridocola, non c'è futuro per loro e non c'è futuro per l'occidente, il nuovo verrà dall'est
Mi aspettavo molto di peggio viste le stroncature quasi unanimi che avevo letto e sentito. In realtà quest'ultimo Polanski, pur non essendo all'altezza dei suoi capolavori, non è affatto male. L'eccesso, il kitsch ed il grottesco spinto non sono un difetto quando sono volontariamente usati per tentare di veicolare un messaggio, il problema sorge quando vi si scivola dentro senza volere, ma non è questo il caso. Certo non è tutta roba di prima mano e alcune gag sono un po' trite, ma a novant'anni può essere anche lecito non essere più al top della forma…ad avercene… Senza il fastidioso ed inutile personaggio di Barbareschi (unico vero neo della pellicola), che avrà sicuramente imposto la sua presenza come "condicio sine qua non" per cacciare la grana, sarei potuto arrivare tranquillamente anche a 7. Demenziale ed irrispettoso l'accostamento ai nostrani cinepanettoni fatto da alcuni critici dal dente avvelenato, probabilmente incapaci di scindere il Polanski uomo dalla sua arte.
Che dire? Si tratta di un film molto strano con cui (probabilmente) chiudere una carriera quasi intoccabile. Si apprezzano l'impegno nella costruzione di immagini cafone, la cattiveria profusa verso certa borghesia mostruosa e plastificata (anche qui: niente conclusioni originali, ma fa sempre bene ascoltare questo tipo di critica sociale) e i sottotesti; il problema è che Polanski, almeno in questo caso, non sempre risulta graffiante nelle sue invettive: l'età e quasi sicure intromissioni produttive di Luca Barbareschi (anche attore, nella parte più inutile del film) potrebbero aver annacquato più del dovuto il risultato. Per quanto il film a conti fatti si contorca su sé stesso nella parte centrale, le sottotrame relative al direttore d'albergo, a John Cleese e a Mickey Rourke, oltre all'impianto estetico generale che guarda (quello sì) al cinepanettone consentono di gustarsi la farsa dei freaks senza troppi rimpianti. La zampata più polanskiana coinvolge, manco farlo a posta, Vladimir Putin. Problematico e insieme simpatico.
Non è un caso la presenza di Sydney Rome, quasi irriconoscibile dalla chirurgia plastica, in quest'ultimo film di Polanski. Mi è sembrato una versione aggiornata e riveduta di quella galleria di personaggi grotteschi ed assurdi di Che?. Quello che manca a The Palace, albergo svizzero di lusso, è forse quel carattere di coralità dell'opera, che ha buoni spunti, anche delle riuscite gag, ma discontinuo sui personaggi, alcuni interessanti ed altri meno. Un Polanski in versione puro divertissment, molto citazionista, ma che non è certo sui suoi livelli migliori.