Quattro episodi - molto liberamente ispirati alle novelle del Decamerone originale - che ripetono lo stesso canovaccio in cui un padre accompagna la figlia a Roma per conoscere la famiglia dell'uomo italiano che la ragazza ha intenzione di sposare.
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Quant'è difficile raggiungere se stessi, quant'è raro sperimentare la felicità di ciò che è realmente autentico! Il nuovo Allen è una giostra - sprizzante brio e fantasia da tutti i pori - in cui quattro vicende declinano con diversi toni e sfumature la distanza, rispetto all'autenticità, da parte di ciò che si appare a se stessi, e di ciò che si appare agli altri (o gli altri vorrebbero che noi fossimo).
Il personaggio di Giancarlo Santoli (dove avrà pescato Allen il mio poco comune cognome?), che sa cantare sotto la doccia, è il soggetto-chiave, metafora di colui che non riesce a essere ciò che gli altri vogliono che sia, se non portandosi fin sul palcoscenico la dimensione autentica del proprio talento. E Allen, suo autore e pigmalione, si concede il vezzo della chiosa autoironica, facendosi dare del mentecatto dalla stampa.
Il film ha il pregio della leggerezza, forse un po' compresso dalla girandola degli episodi, che non gli permettono un respiro disteso. Tuttavia la mancanza di organicità non è un difetto, perché l'idea che Allen ha di Roma e dell'Italia dev'essere un po' questo disordine rapsodico e sincopato ...Bop Decameron.