tre colori - film rosso regia di Krzysztof Kieslowski Francia, Polonia, Svizzera 1994
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tre colori - film rosso (1994)

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locandina del film TRE COLORI - FILM ROSSO

Titolo Originale: TROIS COULEURS: ROUGE

RegiaKrzysztof Kieslowski

InterpretiIrène Jacob, Jean-Louis Trintignant, Frédérique Feder, Jean-Pierre Lorit, Samuel Le Bihan

Durata: h 1.36
NazionalitàFrancia, Polonia, Svizzera 1994
Generedrammatico
Al cinema nel Giugno 1994

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Trama del film Tre colori - film rosso

Valentine, studentessa con il ragazzo in Inghilterra, investe un cane. Da questo momento i destini di quattro persone diametralmente opposte tra loro si intrecciano a causa dello scatenarsi di una serie di avvenimenti casuali.

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 •  TRE COLORI - FILM BLU, 1993
 •  TRE COLORI - FILM BIANCO, 1994

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Voto Visitatori:   8,31 / 10 (62 voti)8,31Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
Miglior colonna sonora
VINCITORE DI 1 PREMIO CÉSAR:
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Voti e commenti su Tre colori - film rosso, 62 opinioni inserite

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goodwolf  @  30/01/2011 19:53:56
   4½ / 10
Registicamente e visivamente sicuramente interessante, avrà anche dei buoni contenuti, ma bisogna vederlo con un thermos di caffè a portata di mano: dialoghi e scene tutt'altro che memorabili e con un ritmo che più blando non si può.
Ho apprezzato i primi 2 della trilogia, questo francamente no, nonostante un discreto finale.

pinhead88  @  17/09/2010 23:25:09
   4 / 10
Parte intenso ed elegante sul piano registico , per poi diventare interessante come una gita in barca tra chirichetti. Sicuramente decoroso come esercizio di stile, il rosso che si mescola con gli ambienti circostanti e gli stati d'animo dei protagonisti, ma non c'è una sola, dico una sola scena memorabile, neanche quando viene investito il cane(!), soltanto pallidi simbolismi esistenziali e dialoghi di una noia mortale. Personalmente poi, in una storia così poco appassionante direi che il rosso come minimo stona. Seguibile per circa un'ora, dopodiche la continua monoespressività della protagonista e la totale ambiguità della trama iniziano veramente a farsi sentire. Bravo Trintignant.

Brundle-fly  @  11/12/2008 20:57:05
   1½ / 10
Il trittico di Kieślowski “Tre colori” non è né più né meno che un progetto filmico sulla Trinità cristiana. Dopo il “Decalogo”, per concludere la propria esposizione audiovisiva del “CCC”, il Catechismo della Chiesa Cattolica, e/o del “Credo” come professione di fede ecclesiale, e/o d’un qualunque trattato manualistico di teologia fondamentale, ex apologetica, al regista polacco mancava d’affrontare la dogmatica basilare, quella del concilio niceno-costantinopolitano (325 e 381) e del concilio calcedonese (451).
“Film Blu” è l’illustrazione della “persona” dello Spirito Santo nel senso affettivo conferitogli da sant’Agostino. Dunque non solo come spirito di vita (cfr. l’ecografia finale del nascituro), ma anche come spirito d’amore, fra il Padre come Amante e il Figlio come Amato (cfr. il conclusivo “Inno alla carità” della paolina Prima lettera ai Corinzi, capitolo 13, in particolare le 15 caratteristiche attribuite all’”agàpe”/”charitas” nei versetti 4-7).
“Film Bianco” resterà sempre un racconto eccentrico, bislacco e sconclusionato finché non ci si deciderà ad applicargli la chiave interpretativa della cristologia. L’impotenza del protagonista è quella del Messia fin qui venuto solo come “Agnello immolato” e non ancora come “leone di Giuda” (cfr. Apocalisse 5, 5-6). Il viaggio in aereo e la caduta sanguinosa lungo la scarpata simboleggiano l’Incarnazione. Quando costui giunge a casa è Natale (!) e sul bar dei familiari campeggia l’addobbo d’una stella cometa (!). La sceneggiata ai danni della moglie non è altro che l’allegoria della morte e resurrezione peculiari del triduo pasquale, e la moglie viene punita (carcere=purgatorio?) per il peccato della propria mancanza di fede/fiducia.
“Film rosso” è dedicato alla figura del Padre come giudice onnisciente e passivamente distaccato dalle vicende storiche. Quest’idea del “Deus absconditus” risale nientemeno che a Isaia 45, 15. Ma è solo dal 1800 che riesplode nella cosiddetta teologia dialettico-negativa, prima con “l’infinita distanza qualitativa/ontologica” di Kierkegaard, poi con il Di\o-tutt’altro (“ganz Andere”) di Otto e Barth, e poi di nuovo con l’"etsi Deus non daretur” (“come se Di\o non ci fosse”) di Bonhoeffer. La coprotagonista è obbligata a umiliarsi pregando e supplicando in ginocchio Lui affinché Egli si decida a manifestarsi come Di\o d’amore.
Con i riferimenti della trilogia kieślowskiana al motto della rivoluzione francese si cade dalla padella alla brace. Nella diatriba fra Löwith e Blumemberg su “La legittimità dell’età moderna” (1966), e nel distinguo fra secolarizzazione e secolarismo operato da Gogarten in “Destino e speranza dell’epoca moderna” (1953), il regista prende posizione a favore del cristianesimo, e non soltanto fattualmente ma pure valorialmente: è vero ed è anche un bene che i princìpi apparentemente laici siano in realtà ancora un retaggio della religione del Nazareno.
L’esaltazione acritica della libertà rinvia alla fatidica domanda posta da Platone nell'”Eutifrone” (15b): “È giusto ciò che è santo o è santo ciò che è giusto?” A essa si risponde deformando il concetto di libertà nell'arbitrarismo dispotico se si segue quanto propugnato dal neoplatonismo, dalla scolastica francescana, dall’ultimo Schelling, Wittgenstein e Heidegger. Invece libertà e necessità assolute devono coincidere, poiché l'aristotelico sommo bene per l'intera natura si pone come legge a se stesso, autoreferenzialmente.
La fraternità è un altro residuato cristiano. Per quale motivo, infatti, non parlare piuttosto di solidarietà fra soggetti di dignità paritetica, invece di rifarsi ancora, come pure Baudelaire e Ungaretti, alla consanguineità dipendente dalla presunta discendenza da un unico Padre (eterno)?
Infine l’uguaglianza. In logica matematica un conto è il principio di uguaglianza ("=") e tutt'altro è il principio di identità ("≡"). Solo quest’ultimo non è demoniaco nell’accezione tecnica del termine, vale a dire in quanto “scimmiottamento del Bene”. Demoniaco non è il voler essere identici a Di\o, bensì il voler essere semplicemente “come” Di\o, disonorevolmente soltanto “a sua immagine e somiglianza” (Genesi 1, 26). Ma la tradizione ebraico-cristiana ci ha fatto credere l’esatto contrario e anche in questo caso la rivoluzione francese è caduta nella trappola, con grande sollazzo di Kieślowski.

Discussione proseguita su:
http://www.filmscoop.it/forum/forum_posts.asp?TID=7871&KW=Mauro+Lanari&PN=0&TPN=18

Mauro Lanari

6 risposte al commento
Ultima risposta 24/03/2009 17.23.32
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Beefheart  @  16/03/2007 00:28:01
   5 / 10
Terzo ed ultimo capitolo della trilogia dei "Tre colori" ed opera conclusiva dell'intera filmografia del regista, racconta un frangente di vita piuttosto anonimo di protagonisti assolutamente normali. Fatta eccezione per il giudice anziano, la caratterizzazione dei personaggi è tutt'altro che memorabile. Irene Jacob riesce a non cambiare espressione per 100 minuti. Totalmente privo di picchi emozionali o particolari spunti narrativi, in parte fumoso, non propriamente chiaro, si limita a mostrare con semplicità le reazioni umane di individui messi alle strette dalle circostanze. In realtà quel poco che accade e/o come ci viene proposto non è abbastanza per farci un film che non sia autoreferenziale ed inconsistente. Forzato e inverosimile in più di un passaggio non può che risultare poco convincente. Di buono c'è l'ottima interpretazione di Trintignant e la piacevole essenzialità delle immagini. Troppo poco.

1 risposta al commento
Ultima risposta 12/03/2008 00.24.30
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