Un giovane giornalista si fa coinvolgere volontariamente in un processo per omicidio al fine di dimostrare i loschi affari di un procuratore distrettuale (Michael Douglas), ma il suo piano prenderà una piega inaspettata…
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Mi chiedo come si possano produrre ancora film di questo genere.Tutto è scontato dal primo all’ultimo minuto,non vi è traccia di situazioni originali,di personaggi carismatici,ogni cosa è già stata vista milioni di volte e se poi aggiungiamo la totale assenza di suspense, determinata da un intreccio più volte non credibile, ecco che il pasticcio è bello servito.E non traggano in inganno il finale,vorrebbe essere spiazzante e abbassare sullo stesso deprecabile livello i due protagonisti,in realtà è costruito banalmente ed inserito in maniera oltremodo artificiosa,o la storia,per certi versi interessante,purtroppo basata sui più logori stereotipi del thriller. Non sono gli argomenti a latitare, quindi infastidisce vedere Peter Hyams,regista di interessanti film fantascientifici come “Capricorn One” o “Atmosfera Zero”,fallire per l’ennesima volta.Il regista tenta di porre l’accento sull’ utilizzo della giustizia come cassa di risonanza per il proprio tornaconto e la pericolosità della stessa quando gestita da individui senza scrupoli.Gli spunti vengono però inseriti in un contesto all’interno del quale girano a vuoto,non sostenuti da una storia coinvolgente e con personaggi insulsi,ulteriormente sviliti da un recitazione modesta,con Jesse Metcalfe,il protagonista,davvero fuori registro. Quel poco di interesse che riesce a suscitare è derivativo,in quanto il film è un remake di “L’alibi era perfetto”,film del ’58 ad opera di Fritz Lang che regolarmente adattato all’attuale subcultura da fast food cinematografico finisce con l’essere ridotto ad un lavoretto insipido del quale, giustamente, non rimarrà ricordo alcuno.