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Giovanna Marturano, classe 1912, partigiana, medaglia di bronzo al valor militare, Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana, è un'anziana "bimba" di 101 anni che ha cominciato ad odiare i fascisti fin da quando di anni ne aveva 10 anni, allorquando, insieme alla sua mamma, per le vie di Roma ha assistito all'avanzata del fascismo, dalla marcia su Roma del 28 ottobre 1922, alla proclamazione della dittatura, fino alla dura repressione del regime contro i suoi oppositori.
Da allora non ha mai smesso di lottare, nemmeno oggi che ha superato i 100 anni di età.
E la sua testimonianza che porta nelle scuole con una lucidità veramente invidiabile, che vale più di qualsiasi libro di storia, ci fa scoprire di quanta energia ancora disponga e di quanto sia indomita la sua volontà di tenere fede al motto della sua vita: "dal lavoro si va in pensione, dalla lotta no".
In "Bimba col pugno chiuso", la sua voce, i suoi ricordi, le sue memorie prendono per mano lo spettatore e gli fanno ripercorrere la storia di un paese che viene da uno dei periodi più tetri della sua storia, dal dramma della guerra e dalla lotta partigiana.
Storia ricostruita non con sbiadite immagini di repertorio, ma con disegni ed animazioni realizzate dalla mano esperta di Maurizio Ribichini. L'Italia del 1940 si anima così dinnanzi ai nostri occhi e la storia collettiva si fonde e si confonde con la storia personale di una donna straordinaria.
In "Bimba col pugno chiuso", Giovanna Marturano, partendo dai suoi ricordi riesce a raccontare un secolo di vita da partigiana, anni difficili ma carichi di ideali, che la fecero sentire viva e utile e hanno donato alla sua esistenza un valore profondo di giustizia e verità da perseguire.
Il suo è un racconto di parte, di quella parte che per anni ha lottato contro il regime fascista, per la libertà e l'equità sociale, in un momento in cui parlare di politica, fare politica, combattere in nome di un credo politico, non solo era proibito, ma era anche pericoloso per la propria incolumità e per quella dei propri familiari. Specie per le donne, che il regime (ma anche i compagni di partito) riteneva di minor intelletto e di minori capacità degli uomini ("avete il cervello più piccolo", le dicevano).
Nata in una famiglia di origine sarda trasferitasi a Roma negli anni venti, figlia di un impiegato statale interessato più alla sua carriera che alla politica, anche se critico verso il fascismo, Giovanna ha imparato dalla madre, Antonietta Pintor, fervente antifascista (era cugina di Giame e Luigi Pintor), la tolleranza e il rispetto verso il prossimo, il senso della democrazia, il valore della libertà e l'amore per la giustizia, ma anche l'odio verso il totalitarismo fascista e l'avversione verso ogni forma di prepotenza e prevaricazione.
Era ancora una bambina quando conobbe il volto feroce del fascismo, rappresentato da un gruppo di squadristi armati che seminavano terrore e violenza per le vie di Roma sparando all'impazzata per intimorire e spaventare i passanti.
Ed era ancora bambina quando, insieme alla sorella Giuliana, faceva la guardia per evitare sorprese della polizia, mentre nella sua casa romana, trasformata dalla madre in un avamposto antifascista, si preparavano e stampavano clandestinamente volantini antifascisti da distribuire per le strade della capitale.
Giovanna racconta un secolo intero della sua vita, delle difficoltà come donna che ha dovuto affrontare, delle persecuzioni e delle violenze che ha dovuto subire.
Giovanna ha conosciuto il carcere e il confino nell'isola di Ventotene (che un nostro "politico" ha definito una vacanza al mare), assieme alla madre condannata a 5 anni di domicilio coatto. Proprio su quell'isola sposò Pietro Grifone (conosciuto al tempo degli studi al liceo Visconti), anche lui deportato, e conobbe Sandro Pertini e Giuseppe Di Vittorio. Ha condiviso con i familiari le persecuzioni e le violenze di regime: un fratello condannato a 14 anni di galera, un altro costretto a rifugiarsi in URSS.
Aveva 24 anni quando a Milano (dove la famiglia si era trasferita da Roma) ha aderito al PCI clandestino. È stata in carcere a S. Vittore per essere stata scoperta a tradurre dal francese un testo antifascista e ha affrontato la detenzione con la stessa determinazione e leggerezza con cui ha affrontato ogni altra difficoltà.
Schedata come sovversiva nel 1941, quando chiese il permesso di andare a Ventotene per sposare Grifone, il regime tentò di impedirglielo e di impedire quello che sarebbe stato ricordato come "il matrimonio di Ventotene". I disegni e le illustrazioni si sostituiscono ai ricordi di Giovanna, quando giovanissima, si occupava del "soccorso rosso", l'organizzazione che si occupava di fornire aiuto alle famiglie dei "compagni" arrestati dai fascisti. Ricordi che la commuovono e ci commuovono quando racconta della solidarietà che caratterizzava i rapporti tra i militanti della Resistenza: "era gente povera, che non aveva quasi nulla", ricorda, "eppure quando andavamo a chiedere aiuto, mettevano da parte qualcosa per i figli e il resto lo davano a noi".
E poi ancora il ricordo delle donne nella Roma occupata, stretta nella morsa della violenza, del terrore e soprattutto della fame; dell'assalto ai forni; della strage del 7 aprile del '44 delle dieci donne, ammazzate al Ponte dell'Industria (conosciuto dai romani come Ponte di Ferro) dai mitra nazi-fascista, colpevoli di aver rubato pane e farina al forno Tesei, che riforniva le truppe occupanti.
E' una storia che ci appartiene quella che racconta Giovanna Marturano e che non si ferma alla liberazione.
I ricordi scorrono nel tempo e si arriva all'Italia del dopoguerra, libera ma non ancora evoluta, emancipata, soprattutto nei confronti delle donne (nonostante la conquista del diritto di voto): "noi partigiane abbiamo lottato e rischiato la vita come e più degli uomini, eppure di riconoscimenti ne abbiamo avuti ben pochi, anche per questo la lotta non può e non deve finire", perché "resistere è un obiettivo ideologico, non si smette di essere partigiani alla fine della guerra"
"Bimba col pugno chiuso" colpisce non solo per la drammaticità degli eventi raccontati, ma anche per l'originalità con cui sono raccontati, grazie alla felice intuizione di non utilizzare documentazione d'archivio, sostituita dai tre registi (Claudio Di Mambro, Luca Mandrile e Umberto Migliaccio) con materiale rielaborato con la tecnica del disegno animato, dal disegnatore e fumettista Maurizio Ribichini, che si diverte ad assemblare il bianco e nero con il colore nello stesso disegno.
In tal modo i ricordi di Giovanna diventano memoria collettiva e danno valore universale al suo messaggio, così vero ed attuale nella sua drammaticità.
Anche le musiche e le canzoni popolari scelte come colonna sonora (come "Sventola bandiera rossa"), contribuiscono a fare di "Bimba col pugno chiuso" un film energico e ricco di spunti riflessivi, assolutamente da vedere per nutrire la memoria.
Particolarmente significativo il passaggio in cui vediamo Giovanna portare il suo racconto agli studenti di una scuola, le nuove generazioni bisognose di esempi costruttivi, dalle quali "si va non solo per insegnare ma anche per imparare da loro il nuovo, la civiltà, l'evoluzione". "L'esperienza fatta non basta, ogni giorno dobbiamo imparare qualcosa, fare sempre nuove esperienze per poter cambiare le cose".
Ma non è solo nelle scuole che Giovanna tiene vive le sue memorie: è bello vederla alle manifestazioni, circondata dai ragazzi dei centri sociali, sotto le bandiere rosse, tra i pugni alzati. Anche questo è lottare, ci ricordano i registi del film, che si chiude con il saluto ai "bimbi col pugno chiuso che verranno".
Con l'augurio che siano in tanti.
"Bimba col pugno chiuso" è prodotto da un gruppo di 441 persone e realtà associative sparse in tutta Italia e non solo, che hanno sostenuto il progetto dei tre registi e poi la sua realizzazione attraverso il portale "produzionidalbasso" per Todomodo, che ha lanciato la campagna di crowdfunding.
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Recensione a cura di Mimmot - aggiornata al 04/06/2013 15.49.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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