Voto Visitatori: | 6,87 / 10 (26 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 8,00 / 10 | ||
Andrew Dominic non è un autore prolifico in fatto di lungometraggi di finzione. Dal suo esordio di Chopper con Eric Bana nell'anno 2000, siamo ad appena 4 lungometraggi, escludendo i documentari e un paio di episodi della serie televisiva Mindhunter. Quattro film di finzione in 20 anni e 10 anni dal suo ultimo lungometraggio, Cogan - Killing them softly. Qui in Italia aldilà del suo semiscosciuto esordio di Chopper, è noto per L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford con Brad Pitt vincitore della Coppa Volpi maschile, anche se sarebbe stato più giusto un ex-aequo con Casey Affleck.
Proprio dall'assassinio di Jesse James bisogna partire per offrire una possibile chiave di lettura per Blonde, ultimo lavoro di Dominik. In entrambi i film avviene la destrutturazione di un mito e il dualismo conflittuale tra due figure. Ma se nell'Assassinio il dualismo è rappresentato da due figure distinte e separate fra loro, con la prima che sente il peso della Storia sulle sue spalle (James) e l'altra che vuole entrare nella Storia (Ford) uccidendo la figura mitica di Jesse James, in Blonde questo dualismo è tutto all'interno di una sola persona: Norma Jeane Baker ed il suo alter ego pubblico, Marilyn Monroe, probabilmente l'icona femminile più grande della storia del cinema mondiale.
Una bella gatta da pelare per Dominik perchè se Jesse James è una figura ben presente nel mito cinematografico, ma in fondo proveniente da un contesto che nasce fuori dal cinema e che il cinema amplifica, Marilyn Monroe proviene dall'ambiente cinematografico, è un prodotto cinematografico. Di conseguenza un film sull'icona per eccellenza del cinema mondiale è sulla carta un'impresa rischiosa e coraggiosa, ma anche divisiva per come verrà fruita sia dal pubblico che dalla critica. Per dare un esempio su IMDB dopo le proiezioni di Venezia e Toronto aveva una media di 8.3. Ovviamente la messa in onda del film su Netflix ha fatto schizzare in basso tale media fino ad un attuale 5.6. Questo non per affermare che il pubblico dei festival capiscano più di quello che sta a casa davanti allo schermo televisivo. E' solo per sottolineare quanto un film come Blonde possa essere profondamente divisivo e che dividerà, perchè non è un film da mezze misure. O lo ami o lo odi.
Adattamento del romanzo di Joyce Carol Oates, Blonde non è certamente un biopic canonico. Anzi non si potrebbe nemmeno definire un biopic. Rispetto al genere non ha linearità, è composto di tagli molto bruschi e repentini, di improvvisi avanzamenti ed altrettanti rimandi all'indietro. Cambi di formato, alternanza di bianco e nero e colore come a demarcare la vita reale e quella di finzione che comunque tenderanno sempre più a confondersi. Come le entità in un unico corpo fisico: Norma Jeane Baker e Marilyn Monroe.
Blonde è una rilettura, in primis dell'autrice del romanzo e dello stesso Dominik, della vita della diva americana. Si pone fino ad un certo punto il problema della veridicità degli avvenimenti, dell'oggettività dei fatti. E' l'interpretazione di quest'ultimi che ne danno gli autori di una vita fin dagli inizi turbolenta e caotica. E ciò riflette sulla forma estetica, così frammentaria che è determinata dai contenuti, mai dal contrario. Blonde è una visione onirica e se vogliamo da incubo della vita dell'attrice. L'attrice più desiderata sulla faccia della terra e certamente la più desiderata del ventesimo secolo. Però aldilà delle speculazioni sulla sua morte, che Dominik glissa perché non utile ai fini del racconto, su un dato oggettivo possiamo avere un'alta probabilità di certezza. Marilyn Monroe/Norma Jeane Baker è morta da sola a 38 anni nel suo appartamento. Il che stona per essere stata un oggetto del desiderio.
Fin da bambina la solitudine è stata una caratteristica di Norma Jeane. Una madre malata di turbe mentali che tenta di ucciderla prima di fermarsi. Il fuoco che domina queste prime sequenze: il fuoco dell'appartamento ed il fuoco degli incendi al suo esterno. Un antipasto di una vita che sarà letteralmente infernale ed inquieta. Essere un'orfana senza esserlo, come rivendica la piccola Norma Jeane prima di essere portata all'orfanotrofio ("non sono un'orfana!"). Nella sostanza è un'orfana: di una madre che viene rinchiusa in manicomio fino alla fine dei suoi giorni ed un padre che non conoscerà mai e tale mancanza di figura paterna sarà uno dei rimpianti, se non il più grande rimpianto della sua vita, insieme a quel figlio mai nato.
Figure maschili importanti nella sua vita sia per la loro presenza che per la loro assenza. Non aver conosciuto il padre ha implicato in maniera sottintesa un riempimento di tale mancanza con figure più mature. Oltre dieci la differenza di età che corre fra lei con Di Maggio e Miller. Nel film di Dominik sono viste come surrogati della figura paterna. La stessa Norma Jeane cerca di compiacerli più con atteggiamento da bambina che da moglie. L'uso frequente con entrambi che fa del vezzeggiativo "daddy" riflette in una certa misura questo bisogno mai soddisfatto. Ogni volta che il padre le scrive una lettera il volto si illumina e quando, durante la prima di Gli uomini preferiscono le bionde, le viene annunciato un incontro segreto nella sua stanza d'albergo, immagina subito di incontrare il padre. Invece nella stanza ci trovò solo Joe Di Maggio con la proposta di matrimonio, che lei accettò, sia pure con un atteggiamento di sufficienza, perché le aspettative sull'incontrare il padre erano decisamente superiori della proposta di matrimonio di Di Maggio. Quest'ultimo quindi diventa un surrogato del padre.
Con Arthur Miller è leggermente differente, ma la relazione ha un buon inizio in cui lo stesso Miller è stupito da Norma Jeane/Marilyn. Ne vede la vivacità intellettuale, la volontà di apprendere, il talento di attrice che lo stesso drammaturgo ignorava, perchè offuscato dall'icona Monroe nelll'immaginario collettivo. Dopo un un inizio promettente, le insicurezze di lei nei confronti dei suoi amici, l'ennesimo aborto provaocato da una banale caduta e la presenza della figura di Magda, fiamma defunta di Miller, fanno precipitare la situazione. Sono un surrogato reciproco: Marilyn per Miller è il surrogato di Magda e Miller, come Di Maggio, lo è del sempre agognato padre. Un altro matrimonio che finisce.
Parentesi interessante è quella coltivata con i figli di Chaplin e Robinson. Fra lei e e questa coppia di amici si sviluppa un rapporto che in qualche modo anticipa la moda dell'amore libero che esploderà quasi due decenni dopo. Personalità che si completano in un triangolo amoroso dove la mancanza di un padre da una parte viene compensata dalla presenza eccessiva, soffocante e spersonalizzante della figura paterna. I figli di Chaplin e Robinson sono figure giovani ma già decadenti. Principi che non erediteranno mai il trono dei rispettivi padri e soprattutto con la piena consapevolezza di essere così. Relazione fra anime tormentate che però viene bloccata dallo studio system perchè ritenuta sconveniente e fonte di eccessivi pettegolezzi per una giovane attrice in rampa di lancio.
E' il rapporto con gli studios hollywoodiani che determinano maggiormente il destino di Norma Jeane Baker a vantaggio di Marilyn Monroe. Quest'ultimo un nome d'arte con cui si presenta al cospetto di Darryl Zanuck nel suo ufficio privato e dove Marylin Monroe viene "battezzata" in doggystyle (o "pecorina" per dirla in italica maniera) dallo stesso Zanuck in vestaglia. Abbigliamento che non può sfuggire all'occhio delle cronache recenti del mondo cinematografico americano perché Weinstein molto spesso accoglieva le sue vittime proprio così. Non è solo un rimando a fatti recenti, il riferimento è soprattutto ad una certa distorta politica degli studios. Se alla base dei comportamenti violenti di Weinstein c'era il sessismo, figuriamoci come poteva essere negli studios all'epoca degli anni 50.
Norma Jeane è continuamente frustrata nelle sue aspirazioni di attrice. Malgrado l'impegno e la bravura nei provini, è vista come un bel pezzo di carne e basta. Lei come la maggior parte delle donne. Al contrario di Norma Jeane, Marilyn Monroe spicca il volo con pellicole come Gli uomini preferiscono le bionde, Come sposare un milionario, Quando la moglie è in vacanza e A qualcuno piace caldo. Questi sono i film in cui nasce e si sviluppa a livello esponenziale l'iconografia di Marylin Monroe, ciò che l'ha portata ad un livello di celebrità assoluti, ma frustranti a livello professionale. Qui nasce l'etichetta dell'oca bionda, maliziosa ed ingenua, anche in capolavori come A qualcuno piace caldo dove l'attrice mostra tutta la sua insofferenza nei confronti del personaggio.
Non a caso Blonde si apre con l'immagine per eccellenza di Marilyn con la gonna sollevata sulla grata dallo spostamento d'aria. Immagine che ricorre nei cartelloni e nei poster che hanno contribuito al mito della Monroe. Senza quell'immagine un film come Quando la moglie è in vacanza se lo ricorderebbero in pochi. Questi sono i film su cui si sofferma Blonde. Dominik non nomina nemmeno, per esempio, un film come Fermata d'autobus dove emerge il talento dell'attrice e così lontano dalla sua iconografia abituale.
Il mondo di Hollywood ne esce malissimo nel film di Dominik. Ha fatto nascere il mito di Marilyn Monroe ed il prezzo è stato il sacrificio sull'altare di Norma Jeane Baker. Blonde attacca frontalmente l'iconografia di Marilyn Monroe senza tante remore, attacca la politica degli studios dell'epoca che si è riverberata anche ai nostri giorni, Weinstein docet. Una politica sessista e patriarcale che tratta le donne come pezzi di carne più o meno pregiata e dove è emblematica l'immagine della fellatio praticata a Kennedy che da un primissimo piano, aprendo l'immagine ci porta dentro un immaginario cinema al cospetto degli spettatori che possono ammirare tale pezzo di carne nella sua massima espressione. Quegli stessi spettatori con le bocche distorte dalle urla che accompagnavano l'attrice alla sua entrata.
Bello il lavoro compiuto dalla De Armas sul personaggio perchè ti fa percepire sulla pelle la frustrazione e la sofferenza in privato ed i momenti di disagio in pubblico, costretta ad indossare una maschera prima tollerata poi odiata. E' vero che la somiglianza fisica è piuttosto distante ma vedere Blonde in lingua originale fa apprezzare il lavoro della De Armas sulla voce. Mettendola a confronto con un audio di Marilyn Monroe può succedere di confondere le due voci. Un'intepretazione che non ha avuto risultati a Venezia, pur perdendo a favore di una attrice del calibro di Cate Blanchett, ma di sicuro valore per essere la vera prima prova della cubana.
Bella anche l'immagine finale con il corpo nudo e morto di Norma Jeane sul letto e Marilyn che trasmigra fuori, abbraccia il cuscino e sorride maliziosamente al pubblico come in un ultimo tragico scatto fotografico. L'ultima parola l'ha avuta ancora Marilyn anche nel momento del trapasso definitivo.
"R.I.P. Norma Jeane Mortensen Baker aka Marilyn Monroe"
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Recensione a cura di The Gaunt - aggiornata al 07/10/2022 17.34.00
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