Recensione collateral regia di Michael Mann USA 2004
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Recensione collateral (2004)

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locandina del film COLLATERAL

Immagine tratta dal film COLLATERAL

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Immagine tratta dal film COLLATERAL
 

"Milioni di galassie e centinaia di milioni di stelle ed un puntino che vaga nello spazio. Siamo noi, persi per sempre. Lo sbirro, tu, io... Chi se ne accorge?"

Max è un tassista abitudinario, incapace di dare una svolta alla propria vita. Vincent è un killer professionista che lavora su commissione per eliminare testimoni scomodi. Il destino li fa incontrare, e quella che sembrava essere una notte come le altre si rivelerà presto il contrario.

Nove anni dopo "Heat - la sfida", Michael Mann ripropone gli ingredienti del capolavoro con Al Pacino e Robert De Niro, sfornando un solido thriller metropolitano, con ancora una volta Los Angeles a fare da location.
Punto forte di questo "Collateral" sono le atmosfere notturne (qui giova la scelta di girare la pellicola in digitale), la qualità dei dialoghi e la caratterizzazione psicologica dei personaggi. Protagonisti sono un Tom Cruise brizzolato negli inediti panni del cattivo cinico, freddo, pragmatico, sicuro di sé e con una morale amara e nichilista, cui fa da contro altare un Jamie Foxx intenso, interprete di un tassista gentile, discreto e sognatore. Due personaggi agli antipodi su tutto, o quasi: uno è forestiero, mentre l'altro è cittadino, uno è bianco e l'altro nero, uno è un assassino e l'altro un non violento. Insomma, siamo di fronte a quanto di più distante ci potrebbe essere, eppure le due metà si distinguono solo nella forma, perché la sostanza li accomuna nel loro essere così scrupolosi in ciò che fanno.
Max svolge la sua attività di tassista curando ossessivamente il dettaglio, affinché tutto sia perfetto, e allo stesso modo pianifica la sua attività futura. Da parte sua Vincent conosce solo il target della sua missione, da perseguire in maniera fredda e cinica. Entrambi sono professionisti impeccabili che seguono un'ossessione, ed entrambi sono uomini soli e sbandati che cercano ormai solo di sopravvivere, come sottolinea poeticamente la metafora del coyote che attraversa loro la strada. Ciò che resta sono solo le rispettive scelte.
In particolar modo ciò riguarda Max che decide di agire, di distogliersi da quel torpore che da 12 anni lo tiene incollato al sedile del suo taxi e gli impedisce di realizzarsi e mostrare a se stesso ciò che realmente vale. Max si ritrova con la sua occasione per farlo, ma non è certo quella che si sarebbe immaginato. La sua occasione veste un elegante completo grigio e gira con una ventiquattrore. L'incontro con Vincent cambia la sua esistenza, fino a quel momento vissuta senza particolari sussulti, ribaltandola e stravolgendola. È proprio Vincent a ricordare a Max che non ha alternative, che non ha mai avuto scelta, ma non è così, perché esiste sempre una scelta, cambiano solo le circostanze. L'impatto emotivo è tale che Max decide di abbandonare l'illusione che fino a quel momento aveva vissuto e di abbracciare la realtà, di agire concretamente per riprendersi la vita che gli era sfuggita di mano.

"Un giorno... un giorno il mio sogno si avvererà? Una notte ti sveglierai e scoprirai che non è mai successo. Si, ci hai girato intorno, non si è avverato e sei diventato vecchio. Non ha funzionato, ma tanto tu non lo avresti mandato in porto comunque. Lo spingerai nel ricordo e poi lo rimuoverai sdraiato sulla tua poltrona reclinabile, ipnotizzato dalla tv per il resto della vita"

Oltre alla sontuosa interpretazione di Jamie Foxx (per la quale ha ottenuto una nomination all'Oscar come attore non protagonista), un plauso spetta di diritto ad un Tom Cruise irriconoscibile negli inediti panni del cattivo. Un parallelo si potrebbe azzardare con l'Anton Chigurh di Javier Bardem in "Non è un paese per vecchi" dei fratelli Coen. Certo il personaggio di Cruise è colto, di classe e ammaliante, al contrario del personaggio di Bardem, ma è vero anche che i due condividono la stessa visione cinica delle cose, la stessa freddezza nel finire le rispettive vittime e la concretezza nel perseguire il proprio scopo. Ogni centimetro della loro pelle sprizza indifferenza verso la sorte altrui, quasi come se le loro vite viaggiassero su di un binario parallelo a quello delle vite degli altri, con le quali si sfiorano solamente senza però mai incontrarsi. Il pensiero corre anche al Joker di Heat Ledger, la cui morale ricorda molto quella esibita dal killer di Cruise.
Di certo c'è che la performance del protagonista di "Mission: impossible" avrebbe di gran lunga meritato maggior considerazione, per quanto questo genere di cose lasciano il tempo che trovano. Stesso discorso si potrebbe benissimo fare per Michael Mann, incredibilmente snobbato nonostante un lavoro registico straordinario, capace, col solo ausilio della cinepresa, di rivelare gli stati d'animo di una Los Angeles inquieta, triste, spietata e al tempo stesso sfavillante, ma anche di scavare nel profondo della psiche dei personaggi con una semplice inquadratura e senza necessariamente l'ausilio della parola.
"Collateral" vede ogni suo frammento impregnato di poesia e malinconia ed il digitale non fa altro che esaltarne l'aspetto visivo in quello che è un tripudio cromatico, consentendo al regista di creare un tutt'uno tra i personaggi e l'ambiente circostante. Non bastasse questo, Mann riesce a regalarci alcune sequenze memorabili, una su tutte lo scontro a fuoco all'interno della discoteca, così adrenalinica, folle, claustrofobica, psichedelica e ricca di colori saturati da meritarsi l'appellativo di cult.

Oltre ai personaggi cardine di Cruise e Foxx, meritano un plauso anche gli ottimi "comprimari" Jada Pinkett Smith, Mark Ruffalo, Barry Shabaka Henley e Javier Bardem, tasselli pregiati di un mosaico di pura bellezza, impreziosito da una splendida fotografia. A riguardo occorre notare come l'avvicendamento in corso d'opera tra i due direttori della fotografia (Paul Cameron prima e Dion Beeb dopo), non abbia in alcun modo scalfito il risultato definitivo, con Dion Beep capace di armonizzare il proprio lavoro con quello del suo predecessore. Anche sul piano della colonna sonora Michael Mann ci ha visto giusto, donando alla pellicola un commento alla sua altezza. Come già avvenuto per altre sue opere, anche per "Collateral" Mann si è servito dell'apporto di celebrità musicali quali Audioslave, Groove Armada, The Roots o Miles Davis, il tutto nobilitato dalla presenza di grandi compositori quali James Newton Howard, Antonio Pinto e Tom Rothrock.

"Collateral" è, insomma, un capolavoro dei nostri tempi. Un road movie esistenziale, quasi onirico, a tratti surreale, permeato da un senso di deriva permanente che disorienta ed incanta al tempo stesso, un film di classe, sperimentale e rigoroso per coloro che amano il cinema da uno che il cinema lo sa fare.

"Prendi il telefono, la vita è breve. Un giorno ed è andata"

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Recensione a cura di Luke07 - aggiornata al 05/04/2012 15.31.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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