Skip e Eric vogliono diventare disegnatori. Se-Young e James si sono conosciuti al Comic-Con e James vuole chiedere a Se-Young di sposarlo durante il panel di Kevin Smith dell'edizione dell'anno in corso. Chuck dirige la Mile High Comics e spera di invertire la tendenza negativa di vendite che sta mettendo in ginocchio il business, magari vendendo il rarissimo Red Raven numero 1, per il quale chiede 500.000 dollari. Holly ha costruito insieme ai suoi amici in un garage un set di costumi per interpretare i personaggi del videogioco Mass Effect alla gara di Cosplayer.
Collezionisti, nerd, geek, aspiranti disegnatori, cosplayer. Ma anche registi, sceneggiatori, commercianti e attori: in una parola, fan: il Comic-Con di San Diego è l'evento più importante per tutti gli amanti dell'universo ormai multimediale che ruota intorno ai personaggi dei fumetti e, per estensione, dei videogiochi, della fantascienza e del fantasy. Attraverso cinque storie, che rappresentano le categorie tipiche di persone che si radunano al Comic-Con ogni anno, e i commenti di personaggi famosi (tra gli altri Kevin Smith, Joss Whedon, Seth Rogen e Frank Miller, geek ante litteram che ora sono dall'altra parte della barricata), il documentario di Morgan Spurlock ("Supersize Me") racconta un mondo vasto e complesso in un momento di profonda mutazione.
E' lo stesso Joss Whedon, regista de "I Vendicatori", a svelare cosa sta accadendo: le major hanno capito che il pubblico dei blockbuster e i consumatori dei prodotti di massa sono ampiamente rappresentati dai frequentatori del Comic-Con, che dunque viene usato per testare, influenzare e scoprire il gusto del pubblico di riferimento, quello che di fatto decreta la differenza di successo tra due prodotti apparentemente realizzati con lo stesso criterio (ad esempio due film sui supereroi). Le reazioni dei fan hardcore alle anteprime dei film dedicati ai personaggi di fumetti e videogiochi sono un'arma a doppio taglio: l'opinione di un ristretto numero di persone diviene l'opinione pubblica su internet, che influenza la decisione del pubblico generalista rispetto ad un prodotto, il film, su cui le major hanno investito decine di milioni di dollari e che rischia una partenza ad handicap in sala a causa della cattiva pubblicità. Poiché intorno all'uscita di un film ruota anche tutta l'industria milionaria del merchandising, dei videogiochi e - ormai - anche quella dei fumetti (sempre più propensa a riallineare reboot e semplificazioni dei personaggi con l'uscita del film omonimo, in modo da attirare nuovi lettori, a scapito della qualità e dei fan di lunga data), è evidente che il successo al Comic-Con di pochi secondi di anteprima diventano decisivi.
Efficace ed esaustivo nel descrivere il mondo dei fan, in maniera rispettosa ma divertente, a "Comic-con" si può solo imputare una certa mancanza di prospettiva. Non è un caso se tra le varie storie proposte, solo la storia di Chuck tratti veramente di commercio di fumetti e sia inoltre l'unica presentata dal punto di vista del commerciante e non del fan. Un breve intermezzo su un collezionista di action figures, il cui unico obiettivo è un modellino in edizione limitata, completa la sezione sull'anima "classica" del Comic-Con, quella del collezionismo di fumetti e oggetti legati ad essi.
Una retrospettiva sulla storia e sull'evoluzione della fiera, un'analisi critica del modello economico dell'industria dell'entertainment o, perché no, dei meccanismi psicologici legati alla compulsione del collezionismo, avrebbero reso "Comic-Con" un documentario perfetto e completo. Forse troppo vasto; non a caso, il sottotitolo del film, "A fan's hope", non è solo un omaggio a "Star Wars", ma anche la dichiarazione di intenti del regista: illustrare (e non analizzare) lo stato d'animo che spinge una persona ad affrontare un viaggio e giorni di fila pur di accaparrarsi una action figure in edizione limitata, vedere l'anteprima di un film o sottoporre il proprio lavoro agli esperti del settore. In questo, Comic-Con è perfetto, ma rischia di restare un esercizio di stile: gli appassionati non vi troveranno niente di nuovo, i profani si faranno quattro risate scuotendo la testa e segneranno sul calendario di evitare San Diego in quei giorni.
Il fatto che Stan Lee, generalmente incline all'autocelebrazione, produca il documentario scatena sicuramente qualche illazione; se qualcuno degli interventi dei professionisti è sufficientemente onesto da sollevare un velo sulle logiche che sono dietro il semplice rapporto fan-autore-opera-oggetto, Comic-Con è più una celebrazione che altro (la storia di James e Se-Young è pittoresca, ma nell'economia di un documentario pressoché inutile). Nel momento storico in cui i fan vengono maggiormente sfruttati come consumatori, una celebrazione del loro mondo, l'affermazione della dignità dell'universo geek e l'implicita conferma - attraverso l'intervento degli ex-geek diventati professionisti - che anche le major hanno un cuore, fa l'effetto della glassa gettata su qualcosa che comincia a marcire.
Una frase del film: "Se tua moglie ti dice di crescere e gettare la tua collezione di fumetti, è il segno che Dio ti sta dicendo di lasciarla. Ci sono tre miliardi di donne sulla Terra e pochi buoni fumetti, non è difficile scegliere".
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 13/09/2012 17.10.00
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