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Signore e signori, buonasera! Anche quest'anno, come da tradizione, la Disney è lieta di offrirvi lo spettacolo di Natale per grandi e piccini! Riderete, piangerete e vi innamorerete con il nuovo, imperdibile classico "Frozen - Il regno di ghiaccio"! E per l'occasione avrete non una, ma ben due principesse da aggiungere alla vostra collezione di bamboline! Accorrete, mamme e papà, portate i vostri bimbi a godersi uno spettacolo che si preannuncia indimenticabile!
Questi sono - più o meno - i toni del battage pubblicitario che ha accompagnato l'uscita dell'ultimo classico Disney al cinema. Toni entusiastici che si ripetono ormai stancamente anno dopo anno. Solo che da ormai parecchio tempo (dai tempi di "Pocahontas", per lo più) a questi toni trionfalistici (ed al connaturato marketing selvaggio) non corrisponde la qualità che sarebbe lecito aspettarsi, salvo rarissime eccezioni. E dire che la Pixar aveva sparigliato le carte già da tempo, mostrando come il matrimonio tra qualità e successo al botteghino fosse non solo possibile, ma addirittura particolarmente fecondo. Ma andiamo per ordine.
"Frozen - Il regno di ghiaccio" è la storia di Elsa, una principessa di un non precisato regno nordico che ha il potere di congelare ciò che la circonda, fino a creare vere e proprie sculture di ghiaccio o neve. Crescendo, però, Elsa inizierà a temere sempre di più i suoi poteri, tanto da decidere di auto-esiliarsi in cima ad una montagna, all'interno di un magnifico castello di ghiaccio di sua creazione. Sua sorella Anna decide però di andare a cercarla per convincerla a tornare a casa, aiutata da Kristoff - un commerciante di ghiaccio - e da Olaf, un pupazzo di neve animato creato dalla stessa Elsa.
C'è un piccolo particolare che non traspare né dalla trama né dai trailer con cui la Disney ha inondato ogni mezzo di comunicazione in circolazione: "Frozen - Il regno di ghiaccio" è un musical. Nel senso che la prima metà del film è quasi interamente cantata, una canzone ogni 5 minuti. Nella seconda metà del film il numero di canzoni si dirada leggermente, lasciando un po' più di spazio agli avvenimenti veri e propri. Ora, se è vero che la tradizione Disney (soprattutto da "La sirenetta" in poi) è prevalentemente fatta di musical, è vero anche che questa tradizione ha funzionato finché le canzoni si sono mantenute su un buon livello: pezzi come "In fondo al mar", "Il mondo è mio" o "Hakuna matata" sono entrati nell'immaginario collettivo, e si canticchiano con piacere ancora oggi. Esaurita però la vena creativa degli autori delle canzoni (e soprattutto di Alan Menken), la formula del musical, sempre uguale a se stessa, ha presto mostrato i suoi punti deboli, sconfinando nel tedio.
"Frozen - Il regno di ghiaccio" è, per l'appunto, la quintessenza del tedio: nessuna delle canzoni è minimamente interessante, e serve solo a far sfoggio di roboanti coreografie in computer graphic. Tutto bellissimo, per carità, ma che noia. Per non parlare poi della frustrazione di vederlo al cinema, senza poter beneficiare del salvifico effetto del flash forward.
"Beh", direte voi, piccoli amici di Filmscoop, "che c'entra, anche se le canzoni non sono proprio indimenticabili, la storia è bella! Ci sono l'amore fraterno, il passaggio all'età adulta, il dolore, la suspense, la magia, la comicità! Tutto ciò che serve per divertirsi! ".
Ebbene no. Spiace deludere i piccoli fan di questo piccolo angolo del web, ma la storia di "Frozen" è veramente sciatta e risibile: c'è la solita principessa da salvare, il solito colpo di scena che poi colpo di scena non è, il solito personaggio comico di alleggerimento che però non fa ridere; insomma è vero che c'è tutto ciò che ci si aspetterebbe di trovare in un "classico" di Walt Disney: ma allora perché vederlo? Perché vedere un prodotto trito e ritrito, prevedibile e scritto malissimo quando abbiamo a disposizione decine di classici precedenti scritti con ben altra maestria? E perché invece non dovremmo pretendere qualcosa di ben più originale, dopo che i nostri palati hanno gustato il dolce nettare dei film Pixar? Anche se pure sulla Pixar bisognerebbe aprire un capitolo a parte, visto che da quando la Disney ha aumentato il proprio peso specifico, non fa altro che produrre sequel di valore altalenante a fini di marketing (tipo "Cars 2", "Toy Story 3", "Monsters University" o il prossimo "Alla ricerca di Dory"). Ma sorvoliamo.
L'errore di fondo della Disney è credere che ormai sia sufficiente innescare il pilota automatico del marketing per assicurarsi un trionfo al botteghino, senza badare più di tanto alla qualità o alla scrittura dell'opera: "Tanto sono bambini, cosa vuoi che ne capiscano se il film è scritto bene o male". Ed il guaio è che hanno pure ragione, perché i loro classici continuano ad incassare (quasi) senza colpo ferire. E così ci toccano personaggi bidimensionali come Elsa, potenzialmente interessante ma totalmente priva di spessore, cui succedono delle cose senza un perché e senza il minimo conflitto. O come sua sorella Anna, cui è dedicato uno spazio più ampio ma che, nonostante abbia alcune battute anche gradevoli, annaspa per tutto il film senza una reale direzione. O come l'imbolsito Kristoff, uno dei protagonisti più anonimi della storia della Disney, uno di cui non ti ricordi più nemmeno il nome dopo due ore dalla fine del film. O come l'ignobile pupazzo di neve Olaf, che nonostante un paio di battute carine è veramente inspiegabile: qualsiasi paragone con altre spalle comiche del passato sarebbe veramente impietoso. E, sì, sto pensando al Genio di "Aladdin". Per non parlare dei villain, che spesso sono stati il punto di forza dei classici Disney, qui ridotti ad un paio di personaggi che non hanno nemmeno una precisa collocazione nel film. Insomma, un pastrocchio di sceneggiatura mal digerito.
Tecnicamente, ovviamente, "Frozen" è perfetto, e l'impatto visivo delle scene sulla neve è oggettivamente notevole. Non basta però uno sfoggio di paesaggi mozzafiato a fare un bel film: la perizia tecnica Pixar rimane ineguagliata, soprattutto in materia di character design. Anna ed Elsa sono infatti praticamente identiche, Kristoff è invece del tutto anonimo; da questo punto di vista gli unici a salvarsi sono Olaf e la renna di Kristoff.
Una breve nota conclusiva sul doppiaggio italiano. Ora, nel bene e nel male "Frozen" è un classico Disney, un film piuttosto atteso e decisamente importante nell'arco della stagione. E' inoltre un cartone animato, ergo i vincoli legati alle voci degli attori originali sono infinitamente meno stringenti. Risulta perciò assolutamente inconcepibile la scelta di affidare le voci delle protagoniste Elsa ed Anna a due attrici (scadenti) praticamente al loro esordio al doppiaggio come Serena Autieri e Serena Rossi, che difatti offrono una tremenda prova di doppiaggio. La loro inadeguatezza salta all'occhio soprattutto nei dialoghi con Kristoff, doppiato dal professionista Paolo De Santis che, ovviamente, fa un buon lavoro.
Anche la scelta di Enrico Brignano per doppiare Olaf pareva azzardata, ma bisogna ammettere che se la cava discretamente; perlomeno non stona, oltre ad essere irriconoscibile. Bravo.
Tirando le somme, cosa resta di "Frozen"? Un mix piuttosto sconclusionato di ingredienti già visti ma assemblati peggio degli originali. Il tutto con una spolverata di ghiaccio.
Praticamente "Ice Ice baby" di Vanilla Ice.
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Recensione a cura di Jellybelly - aggiornata al 22/01/2014 18.21.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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