Recensione gli uccelli regia di Alfred Hitchcock USA 1963
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Recensione gli uccelli (1963)

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Miglior attrice debuttante (Tippi Hedren)
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locandina del film GLI UCCELLI

Immagine tratta dal film GLI UCCELLI

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A seguito di questo originale horror degli anni '60 molte sono state le analisi critiche e numerosi i commenti appassionati che hanno toccato sia gli aspetti formali e filosofici della pellicola sia quelli etici e di costume. Rimane tuttavia ancora tanto da dire su questo film che è certamente particolare, fuori dai modi usuali di Hitchcock di rappresentare la realtà.
"Gli uccelli" ha fatto epoca non tanto per il successo al botteghino quanto per la trasgressione di ogni regola stilistica e contenutistica allora dominante nel genere horror da parte di un autore geniale.
Di questa pellicola sono state scritte alcune analisi molto equilibrate, credibili, che lasciano però accuratamente in sospeso ogni interpretazione conclusiva giocando sulla molteplicità di idee a cui inducono le strutture stesse della metafora e dell'allegoria - molto presenti nel film - che di per sé, per loro natura, non si piegano a un significato univoco ma possono sfociare, se non se ne intendono i limiti (se cioè non si capiscono le loro sorgenti storiche e letterarie) nella visionarietà più illogica conferendo agli scritti un carattere farraginoso.

Oggi probabilmente de 'Gli uccelli' si può valutare con più lucidità la sua qualità narrativa, i suoi meccanismi più complessi e reconditi, costruiti per quel noto gioco di svago filmico, proposto dal mercato cinematografico, capace, se se ne intendono le logiche, di soddisfare i desideri più inconsapevoli, forse inconsci dello spettatore, giocando non tanto sull'estetica narrativa che contraddistingue un romanzo, quanto su prerogative altre, visive, impostate sull'attesa, cioè sul: "cosa accadrà adesso?", formula quest'ultima sviluppata magistralmente dal regista e sceneggiatore David Mamet in alcuni suoi scritti.

Un gioco di grande successo, proprio del cinema, interagente con il reale, da cui non può sfuggire perché riflette nella finzione le questioni umane e sociali di certo periodo storico. Indubbiamente "Gli uccelli" è il film cult di Hitchcock, quello che più di tutti ha fatto pensare in termini filosofici, dandoci oltre al piacere dello spettacolo noir (genere in cui il regista inglese era un vero maestro) l'occasione per meditare sul futuro più immediato.
La pellicola fa riflettere sulle paure e le ansie di tutta un'epoca, sui suoi valori e pregiudizi più diffusi, resi trasparenti e afferrabili dagli spettatori con l'immaginario più comune e la logica della ragione grazie agli strumenti psicanalitici e letterari inseriti nella narrazione, sempre disposti a dosi giuste, funzionanti come esche-risveglio della ragione assopita dalla proiezione-ipnosi e interagenti, quasi invisibili, con il filo principale del racconto.

La pellicola è stata girata in California, tra San Francisco e la baia di Bodega Bay, interamente a colori, con l'aiuto di una scenografia degli sfondi in parte disegnati a mano, forse schizzati dallo stesso Hitchcock che ha iniziato la sua carriera come disegnatore cinematografico; un allestimento scenico di buon effetto anche se oggi farebbe inorridire gli spettatori più affezionati al cinema post-moderno, ai suoi grandi risultati tecnologici che ricostruiscono la realtà in modo straordinario.
Hitchcock ha tratto suggerimenti e ispirazioni per le sue creazioni narrative dal famoso libro "The bird" di Daphne Du Maurier uscito nel 1953.
Sorprendentemente il film fa a meno di una vera e propria colonna sonora, rinunciando a contrastare le scene violente con la musica. Hitchcock elabora al suo posto, come in un normale spartito, suoni e rumori tipici degli uccelli amplificandone i toni ed esaltando così l'effetto drammatico della narrazione. Questo lascia lo spettatore sguarnito, solo, privo di ogni sostegno di fronte agli spaventosi attacchi dei pennuti.
Ciò lascia intendere come Hitchcock a volte non riuscisse a controllare il suo sadismo inconscio e il conseguente giustizialismo, frutto quest'ultimo di un'educazione severa e religiosa, portando nei film pulsioni personali che attraverso il suo genio incrementavano però lo spettacolo.

Da sottolineare, come alla fine della pellicola, non compaia la parola The End. Forse Hitchcock non voleva proporre un finale risolutivo, una conclusione chiara e univoca, ma lasciare in sospeso tutti gli eventi del film, favorendo negli spettatori un lavoro di immaginazione personale, fatto di fantasie prolifiche, utili, che portavano a indovinare le sorti dell'immediato futuro.
Lo spettatore si chiede ad esempio, finita la proiezione, cosa sarebbe potuto accadere ai personaggi, precisamente dopo il trasporto di Melanie, ferita dagli uccelli, all'ospedale si Sant'Anna di San Francisco. Viste le premesse catastrofiche della pellicola e l'evoluzione irrazionale degli eventi rimasta insoluta sarebbe stato probabilmente qualcosa di spaventoso, che avrebbe tolto ogni speranza in una soluzione senza grossi danni della guerra dell'uomo contro gli uccelli. I 100 miliardi di uccelli di 8600 specie diverse, secondo i dati forniti dalla anziana ornitologa nel film, avrebbero potuto infatti decimare gran parte della popolazione mondiale lasciando gli eventuali sopravvissuti nell'incertezza assoluta e nell'angoscia più desolante.
Il futuro prospettato dal film era destinato quindi a presentare una civiltà distrutta, di difficile ricostruzione.
Chiaro è il riferimento metaforico del film alla bomba atomica, a un attacco nucleare molto esteso, globale, ritenuto allora non del tutto improbabile, che avrebbe sterminato gran parte della popolazione mondiale con ordigni provenienti dal cielo, all'improvviso, come accade nel film quando gli uccelli piombano minacciosi sull'uomo dall'alto senza lasciare traccia per spiegazioni psicologiche, biologiche, naturali dell'accaduto.
Negli anni '60 il pericolo di una guerra atomica planetaria era molto sentito, il mondo era diviso in due blocchi contrapposti, sempre minacciosi tra di loro, diffidenti e ostili in ogni dichiarazione ufficiale, con mediocre forme di diplomazia, e non passava giorno che non si verificassero incidenti politici tra le nazioni appartenenti alle diverse ideologie, mettendo seriamente in pericolo la stabilità del sistema globale.

Il film, per l'importanza che detiene nella storia del cinema e per la tipologia catastrofica del soggetto - che appare ben idonea a soddisfare una diffusa domanda del fantastico di massa - ha ispirato anche un remake, con Naomi Watt, che sta per uscire nelle sale cinematografiche in questi giorni.
Rivedere "The bird" fa uno strano effetto, è come ripercorrere per allegorie qualcosa di grave che attraverso il cinema è effettivamente accaduto nel tempo coinvolgendo negli anni '60 l'immaginario di tutto un mondo cinefilo appassionato al genio di Hitchcock e propenso a vivere gran parte delle proprie speranze nel fantastico, in quell'immaginario più creativo capace di trasformare in letteratura, in forme di bellezze stilistiche, gli aspetti più drammatici della vita reale, rispecchiando con film e romanzi lo spirito di un'epoca più che mai ferita e mortificata dalle paure atomiche e dall'espansionismo imperialista.
Ecco allora che l'idea dell'attacco generalizzato degli uccelli all'uomo assume come soggetto filmico un significato particolare che va per forza di cose oltre lo spettacolo visivo in sé, richiamando pulsioni buie, grigie, ben presenti in quegli anni nell'immaginario collettivo, fornendo al film per la sua finzione una materia psichica reale, autentica.

Il film inizia con una lunga ripresa dall'alto di San Francisco invasa dai gabbiani che sembrano preannunciare qualcosa di oscuro, forse una minaccia proveniente dal cielo.
La telecamera scende nei pressi di un incrocio pedonale situato tra le due maggiori vie della città e segue Melanie (Tippy Hedren), una donna molto elegante, che si reca spedita in un negozio di uccelli per ritirare una coppia di pappagalli da tempo prenotati. La sua bellezza ed eleganza non passa inosservata e la donna viene fatta oggetto, da alcuni passanti, di fischi di approvazione che lei accetta sorridendo.
Prima che Melanie entri nel negozio Hitchcock lascia la sua firma cinematografica uscendo elegantemente dalla bottega con un'aria signorile e un po' snob, portando al guinzaglio due piccoli cani dal pelo bianco.
Mentre Melanie aspetta in negozio l'arrivo dei due pappagalli dall'India fa il suo ingresso nei locali l'avvocato Mitch, che sembra scambiarla per la titolare e le chiede due pappagalli dal nome inseparabili, uccelli molto piccoli richiesti così perché le loro effusioni d'amore non turbano i bambini intorno agli 11 anni (siamo nell'America puritana). Sono per la sorella di Mitch come regalo per il suo compleanno.
Melanie sta al gioco. Sa poco di ornitologia ma finge lo stesso di essere un'esperta mostrando però, ad un certo punto, grosse incertezze nell'individuare le varie specie di uccelli nelle loro gabbie di appartenenza. In realtà gli inseparabili in negozio non ci sono, ma tra i due nasce lo stesso un dialogo ironico, un po' acceso nei toni e anche sarcastico ma che risulterà essere il frutto di un'antipatia abbinata a un'attrazione.
Mitch è attratto dalla donna, che è una nota figlia snob del proprietario di un grande giornale di San Francisco, conosciuta in tribunale dall'avvocato in un processo dove Melanie era accusata di aver infranto con l'automobile una vetrina di cristallo per puro divertimento. Mitch entrando in negozio aveva riconosciuto la donna fin dall'inizio ma voleva coinvolgerla in un gioco un po' provocatorio, ambiguo, dal sapore moralistico e flirtante, teso a favorire maggiori conoscenze reciproche.
Frustrando l'aria un po' snob della donna, e aspettando con calma le sue reazioni, Mitch sperava in futuro di entrare in una più stretta relazione con lei. L'espediente dà ragione all'uomo, funziona, infatti quando Mitch se ne va Melanie decide di rivederlo e, prendendo il numero di targa dell'automobile, riesce a risalire all'indirizzo dell'uomo grazie ad alcune conoscenze negli uffici della motorizzazione.
La donna vuole portargli direttamente a casa sua i due pappagallini inseparabili chiesti inutilmente in negozio dall'uomo, sperando così di riprendere un dialogo con Mitch. Ottenute le informazioni si reca al suo indirizzo di San Francisco ma Mitch Brenner non risulta in casa. Un vicino nota la gabbietta degli uccelli e la invita gentilmente a recarsi a Bodega Bay, un paese su una baia, a due ore dalla città, luogo turistico isolato dove l'avvocato trascorre i giorni di riposo settimanale con la madre Lidia Brenner e la sorella Katy Brenner.
Giunta a Bodega Bay, un paese di povere case di legno privo di intrattenimenti, Melanie porta nella casa dei Brenner i due pappagallini. Lo fa senza essere vista da Mitch, arrivando nei pressi dell'abitazione attraverso la baia con una piccola barca a motore presa in affitto.
Posati i due pappagallini in una stanza della casa rimasta incustodita Melanie ritorna in barca, si nasconde mettendosi a carponi sul fondo del natante e, incurante dello stropicciamento della pelliccia, cerca di godersi la scena di stupore di Mitch nello scoprire il regalo. Mitch arriva e rimane meravigliato. Dopo un po' esce precipitosamente dall'abitazione guardandosi intorno e scorge l'imbarcazione di Melanie nella quale intravede le sembianze della donna. Mitch fa segno alla donna di averla riconosciuta, al che lei si affretta a ritornare indietro con la barca inseguita, lungo la costa, dall'automobile dell'uomo.

Giunta nei pressi del molo di attracco di Bodega Bay la donna viene assalita da un grosso gabbiano che la colpisce vicino a una tempia, ferendola. Soccorsa da Mitch, che ha visto tutto, viene condotta nel Bar-ristorante di Bodega Bay dove riceve le prime cure. Melanie conoscerà così la madre di Mitch, Lidia, e in seguito con la sua ex fidanzata Annie maestra delle scuole elementari del paese.
Durante la festa di compleanno di Katy, sorella di Mitch, i bambini invitati che giocavano nel cortile vengono assaliti da diversi uccelli particolarmente aggressivi, che costringono i Brenner a sospendere la festa.
Alla sera, durante la cena che vede riunita la famiglia Brenner e Melanie, un nugolo di fringuelli si espande all'improvviso dal caminetto verso la sala aggredendo le persone. Dopo una dura resistenza i volatili si disperdono ma le autorità ancora non credono ad un attacco sistematico degli uccelli e pensano trattarsi di episodi sporadici provocati da cause non del tutto chiare che non escludono responsabilità e colpevolezze anche umane.
Quando però i corvi assalgono, all'uscita dalla scuola, gli alunni ferendone gravemente qualcuno, tutti cominciano a capire di essere di fronte a un misterioso attacco di volatili contro l'uomo, condotto con un'inaspettata intelligenza e caratterizzato da lunghe pause tra un assalto e l'altro, che incrementano le apprensioni d'attesa. Nessuno riesce a capire perché accade ciò ma la tensione si fa altissima.

Nel frattempo la commedia d'amore e famigliare tra Mitch e Melanie e della madre Lidia con Melanie, che fino a quel momento andava parallela (separata dalla minaccia proveniente dal cielo, caratterizzata da diversi attacchi di gelosia di Lidia verso Melanie) comincia a stemperarsi lasciando il posto al dramma puro, esclusivo, che diviene via via Horror, con protagonisti incontrastati gli uccelli.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 09/09/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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