Recensione gruppo di famiglia in un interno regia di Luchino Visconti Italia, Francia 1974
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Recensione gruppo di famiglia in un interno (1974)

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locandina del film GRUPPO DI FAMIGLIA IN UN INTERNO

Immagine tratta dal film GRUPPO DI FAMIGLIA IN UN INTERNO

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A Roma, in un lussuoso appartamento di un palazzo fine '800, vive appartato e circondato da moltissimi libri, un anziano professore (Burt Lancaster), appassionato collezionista di quadri che ritraggono gruppi di famiglia (stile conversation piece). La sua tranquilla esistenza viene un giorno sconvolta dall'irruzione di una turbolenta signora dell'alta borghesia, Bianca Brumonti (Silvana Mangano), il cui marito, uomo politicamente molto influente, ha tentazioni golpiste.

La donna, accompagnata dalla figlia Lietta (Claudia Marsani) e da Stefano (Stefano Patrizi), il suo ragazzo, pretende dal professore un contratto d'affitto per l'appartamento situato sopra il suo.

Il professore concede a malincuore l'abitazione perché avverte che dai modi iniziali, invadenti e rumorosi del gruppo, le persone potrebbero essere indisponenti, sarebbero in grado in seguito di infastidirlo seriamente; ma l'uomo è animato da una forte curiosità, vuol conoscere a fondo le caratteristiche umane e intellettuali dei componenti del gruppo, un desiderio forte che appare incontrollabile, alimentato dal fatto che le persone appartengono a generazioni più giovani, e fanno parte della sua stessa classe sociale.

Affittando l'appartamento il docente ha la possibilità di comprendere le loro individualità più riposte.

Nella casa presa in affitto la signora Bianca vi porta anche il suo amante, il giovane e bello Konrad (Helmut Berger), ex sessantottino, di origini umili, ossessionato da un passato politico vissuto con tormento; un ragazzo che pare nullafacente e che sembra accettare il mantenimento dalla signora Bianca a patto di non esserne male condizionato, di potersi cioè esprimere liberamente in ogni circostanza.

Tra il Konrad, rivoluzionario anticapitalista e il professore borghese, colto, di sinistra e idealista si stabilisce nelle conversazioni una dialettica autentica, passionale, intensa, che provoca nei due uomini importanti richiami introspettivi legati alle loro relative storie.

Una notte in cui Konrad, invischiato in oscuri traffici illegali, viene picchiato a sangue da un gruppo di malavitosi, il professore si presta ad aiutarlo.

Il film mostra poi, attraverso memorabili scene, raffinate ma anche ben drammatizzate, la sempre più coinvolgente dinamica del rapporto tra il professore e il gruppo che arriva alla fine ad avere un esito del tutto inaspettato, sorprendente.

Il personaggio dell'anziano professore, interpretato da Burt Lancaster, è suggerito per ispirazione letteraria, su ammissione dello stesso Luchino Visconti, dalla figura di Mario Praz, famoso critico d'arte e di letteratura morto a Roma il 23 Marzo del 1982, Luchino Visconti, lo sceneggiatore Enrico Medioli, e la grande sceneggiatrice Suso Cecchi D'Amico hanno preso spunto dal libro di Alessandro Bencivenni, Mario Praz: Scene di conversazione.

Da sottolineare le brevi ma intense apparizioni in flashback di Dominique Sanda e Claudia Cardinale, nei ruoli rispettivamente della madre e della moglie divorziata del professore, esse sono protagoniste di emozionanti scene, in stile immaginazioni- ricordo, frutto dei pensieri autobiografici più ossessivi dell'anziano professore.

Gruppo di famiglia in un interno è stato girato nel 1974, è il penultimo film di Visconti, cui seguirà L'innocente.

Questo film di Visconti insieme a "La caduta degli dei (1969), e "L'innocente" (1976), fa parte della famosa trilogia che mette duramente in gioco il rapporto di Visconti con la famiglia, con i valori e le autorità più influenti che la costituiscono, non necessariamente il padre e la madre, ma ogni morale o ideale tendenti all'assolutismo che penetrano dall'esterno a occupare il vuoto di una crisi esistenziale che coinvolge tutto il nucleo famigliare, aspetti che entrano poi ineluttabilmente in conflitto con i valori e le vecchie morali educative, quest'ultime non si estinguono, ma subiscono dialetticamente un allargamento di senso trascinando vecchi e giovani verso una implacabile deriva, nella vana e disperata ricerca di nuove identità o verso la decisione di compiere un suicidio liberatore.

Visconti gira questo film già sofferente, perché colpito da un ictus, muore nel 1976, a 70 anni, dopo essere riuscito a portare a termine il suo ultimo film: L'innocente.

Con "Gruppo di famiglia in un interno", un film certamente in gran parte autobiografico, Visconti vuol rilasciare una pensiero interpretativo sulla realtà che chiama in causa la famiglia intesa come fondamento storico di ciascuno; il grande regista trasmette un pensiero particolare, personale, di chiara impronta sociale ma ben illuminato da un forte riverbero culturale di tradizione borghese, la sua è una riflessione sintesi, legata al finale scenico reale del suo lungo e travagliato cammino ideologico, caratterizzato da forti contrasti con la classe agiata borghese a cui nonostante tutto anche lui apparteneva.

Visconti, intellettuale borghese di chiara influenza marxista- idealista, si confronta con un presente borghese ancora fortemente ideologizzato a sinistra, ma destinato a breve a sfociare in una filosofia del tutto diversa, pragmatica, senza speranza, in una visione asettica della realtà sociale e politica; il gruppo con cui suo malgrado il professore entra in rapporto ne preannuncia attraverso dettagli significativi l'imminente arrivo che preavviserà anche della comparsa di una volgarizzazione dei valori famigliari mai conosciuta prima.

Il tutto avrà l'effetto di un'entrata traumatica nella modernità, penalizzando lo spirito fondamentale della famiglia borghese basato su una forma autentica di rispetto e rigore tra i componenti, nota per la grande valenza umanistica e le gaie contraddizioni, prese quest'ultime in una leggerezza, ironizzate, raramente drammatizzate.

Quando la curiosità del professore per il modo di vivere, conversare, amare, del giovane gruppo di famiglia, si appagherà in una delusione l'uomo anziano rimarrà di nuovo solo e amareggiato.

Nel film lo scontro durissimo, verbale e fisico, tra Konrad, di origini umili, inguaribile idealista di sinistra ma paradossalmente mantenuto proprio dalla signora Bianca, borghese tutta di un pezzo, e Stefano, fidanzato di Lietta, anche lui borghese dalle radici solide, sostenitore dell'ordine costituito capitalista, è ciò che diventa emblema della situazione sociale e famigliare degli anni '70 che stava allontanandosi a grandi passi dal clima rivoluzionario del '68 inteso come inizio del parricidio storico verso il capofamiglia.

Lo scontro tra i due giovani in seno a una famiglia così detta aperta testimonia da una parte l'allontanamento della borghesia da ogni idealismo di sinistra, ancora in qualche modo legato alla famiglia tradizionale, che pur anche il borghese Visconti aveva vissuto tempi prima con grande partecipazione emotiva e razionale e dal'altra la sconfitta irreparabile del proletariato e della piccola borghesia intellettuale con la perdita di ogni relazione tipica nei ruoli famigliari tradizionali.

Quando un giorno, una lettera e il boato di un'esplosione, faranno accorrere il professore al piano superiore, e troverà nella stanza incendiata dall'esplosione di una bolla di gas, Konrad, disteso sul pavimento, il suo cuore sarà tutto per lui; il docente rivelerà una chiara preferenza all'interno del gruppo per il ragazzo suicida, perché rappresentava, la sua profonda, amara solidarietà con il proletariato perdente, con quella classe che lui sapeva bene, negli anni '70, avrebbe potuto cambiare il mondo senza distruggere i grandi valori della famiglia.

Anche nella realtà Visconti aveva spesso mantenuto dei rapporti intensi con la sinistra, partecipando attivamente, attraverso l'attività culturale dei libri e del cinema, a un processo di verità diverso, teso a ricercare con le iniziative artistiche e culturali non solo un piacere artistico-estetico di grande raffinatezza ma soprattutto approfondite verità storiche, anche scomode, sempre legate a fatti politici e di costume.

La discussione finale tra il professore e il gruppo verterà sul senso dell'atto tragico di Konrad, per Bianca la morte di Konrad è da considerare un suicido inutile, teso a punirli per le umiliazioni patite dal ragazzo con i loro rimproveri sociali, un dolore che Bianca sa già che passerà presto ma che Konrad ancora troppo giovane pensava potesse durare a lungo distruggendoli, per Lietta invece la morte di Konrad è un vero e proprio omicidio, addebitabile a una società borghese sempre più cinica, crudele, e del tutto irrispettosa verso i suoi cosiddetti mantenuti, in particolare quando essi non rinunciano agli ideali anticapitalistici ereditati dalla povertà e dalla miseria.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 15/11/2010 11.13.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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