Voto Visitatori: | 8,42 / 10 (246 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 9,00 / 10 | ||
Il film tratta la storia vera di Peppino Impastato, un ragazzo di Cinisi, vicino a Palermo, fatto saltare in aria dalla mafia il 9 maggio del 1978, il medesimo giorno in cui fu ritrovato a Roma il cadavere di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse. Un fatto di tale gravità ovviamente oscurò in parte l'omicidio del giovane comunista siciliano, cui i maggiori quotidiani italiani dedicarono brevi trafiletti. La sua morte per anni fu attribuita al suicidio, solo ultimamente si è riconosciuto mandante dell'assassinio, il boss mafioso Tano Badalamenti (morto in carcere lo scorso inverno) e il fatto è tornato di attualità.
Con il suo film Marco Tullio Giordana ha offerto un notevole e meraviglioso contributo affettivo al sacrifcio del giovane Impastato, raccontando con sensibilità la scelta coraggiosa di un ragazzo (vissuto in anni ideologicamente impegnativi) di lottare apertamente contro la mafia. Il tema della mafia è trattato da Giordana in modo originale e unico rispetto alla filmografia classica di questo genere.
Nella prima parte riesce con brevi ma intense pennellate a dipingere il quadro dell'infanzia di Peppino, trascorsa con mal celata inconsapevolezza nella famiglia collusa con la mafia e in una società, quella della provincia siciliana appunto, completamente assonnata, indifferente ai cambiamenti sociali e politici dell'Italia.
I cento passi sono quelli che separano la casa della famiglia Impastato dalla dimora di Badalamenti, ma metaforicamente sono anche quelli che dividono il coraggio dalla vigliaccheria,l'impegno dalla prevaricazione. Peppino sceglie di ribellarsi ai falsi valori del padre mafioso, sceglie di non piegarsi alla sottomissione, mascherata da riconoscenza, nei confronti dello zio Badalamenti.
Il motto "onora il padre" che gli viene continuamente ripetuto dal genitore esasperato (in una delle scene più forti del film), non ha più alcun senso per Peppino, è falso, è sporco; in nome suo la mafia compie efferati omicidi; dietro la parola "onore" si nasconde proprio quello che Peppino vuole combattere: l'omertà. E così Peppino inizia a parlare, denunciando con la forza dell'ironia ogni sopruso, ogni ingiustizia compiuta da Badalamenti; unico strumento una radio libera, fondata con alcuni amici.
Pecora nera della famiglia (ha un fratello che vorrebbe essere come lui, ma troppo debole, piegato dalla logica mafiosa della società in cui vive), Peppino con la sua lotta civile e politica inasprisce il conflitto con il padre (uno dei temi centrali del film).
Il padre, esasperato e deluso da questo figlio che rifiuta con forza i valori mafiosi tradizionali del clan, che non vuole riconoscere il debito verso il boss Badalamenti, preferisce andare via. Ma torna per un ultimo tentativo di riconciliazione, quando è certo ormai che il limite è stato superato e teme per la vita del figlio. Il suo è un ultimo disperato gesto di amore paterno, purtroppo inutile. Badalamenti minaccia Peppino, con un ultimo avvertimento (il monologo dell'interprete è da manuale) prima dell'epilogo.
Altro personaggio potente è la madre di Peppino, figura secondaria ma intensa. Umile sposa sottomessa si mostra al contrario madre coraggiosa, che appoggia i sogni del figlio, di cui capisce le ragioni, ma che è fin troppo consapevole delle conseguenze che queste porteranno nella sua "onorata" famiglia. Toccante e dolcissima la scena in cui Peppino legge poesie alla madre, per renderla partecipe di un mondo rivelatore di altre realtà.
La lettura, la curiosità, il desiderio d'informazione sono passi necessari per raggiungere la consapevolezza, per maturare il coraggio di aprirsi agli altri, per ribellarsi ai valori ipocriti della mafia. Questo sembra gridare alla madre Peppino Impastato: non rassegnarti ad un ruolo imposto come un giogo. Proprio lui che fin da adolescente trova nell'ideologia di sinistra (siamo nel '68) la spinta al riscatto, alla lotta che tra cortei, manifestazioni, denunce, trasmissioni radio, s'identifica nella sua lotta personale contro la mafia, per la quale pagherà un caro prezzo: i suoi 30 anni.
L'ultimo commosso saluto a Peppino dalla radio libera, affidato al fedele amico di tante battaglie introduce la scena finale del corteo funebre, intensissima.
L'immagine è corale: un corteo funebre dove il rosso acceso delle bandiere piano piano si dissolve in un bianco e nero, per ricordarci che la vicenda di Giuseppe Impastato finalmente ora appartiene alla Storia.
Devo aggiungere alcune considerazione sugli interpreti. Primo fra tutti il protagonista, Luigi Lo Cascio, ottimo attore (grandi le sue interpretazioni in altri film come "La meglio gioventù" e "Buongiorno notte" per citare i più conosciuti) qui incarna perfettamente il personaggio, di cui riesce con grande abilità a rappresentare il dissidio tra la lotta per i valori in cui crede e il dramma familiare conseguente alle sue scelte. Esprime la dolcezza di Peppino ma anche il suo vigore, la disponibilità verso gli altri ma anche la diffidenza. Lo Cascio ha trasmesso l'amore per il personaggio che interpreta, il profondo rispetto per la sua giovane vita, strappata con violenza dalla forza del sopruso.
Da menzionare anche l'interpretazione di Tony Sperandeo, Gaetano Badalamenti, in alcune scene veramente notevole.
Per concludere un mio giudizio del tutto personale: " I cento passi" è uno dei migliori film italiani, un film da vedere assolutamente, un film che rimane nel cuore, per sempre.
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Recensione a cura di Pasionaria - aggiornata al 20/10/2004
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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