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Molto è stato scritto e tanto si è dibattuto su questo film, ma solo recentemente, a distanza di tempo, si possono analizzare con obiettività e credibilità i suoi aspetti più complessi e profondi: quegli intrecci tra significato dei temi e linguaggio filmico che solo una serena critica vede e svela.
Nel '56 il film "I dieci comandamenti" è stato oggetto da parte della stampa di molte attenzioni; molti elaborati sono stati pubblicati con una forma che risentiva degli intricati interessi in gioco, per la maggior parte fuorvianti rispetto alla necessità etica di dare un giudizio obiettivo.
Gli autori si sono messi in un'ottica di scrittura esageratamente legata alla promozione dell'opera; gli scritti erano in relazione con un piano propagandistico che riguardava come al solito un preciso e cinico calcolo commerciale.
A volte si sono pubblicati scritti ricchi di un certo pathos mistico, molto coinvolgenti, che davano l'illusione di una critica onesta, ma essi hanno finito per porre l'accento sugli aspetti più mitici-religiosi del film trascurando quel bisogno culturale di verità che scaturisce da una necessità critica, laica, e che ogni film richiede per un rispetto della storia del cinema e della sua tradizione artistica. Hanno prevalso gli scritti propagandistici-puri, come sempre pressanti e finalizzati a raggiungere capillarmente ogni famiglia del mondo industriale.
L'operazione commerciale su questo film è andata via via evolvendosi in modo esponenziale, quasi selvaggio, divenendo a un certo punto incontrollabile: essa si è combinata, non del tutto felicemente, con assillanti interessi esterni al film.
Confluivano, nella politica di distribuzione affidata ai media, potenti entità istituzionali di diversa estrazione. Si affiancavano, al lavoro dei produttori del film, volontà politiche-teologiche di diversi paesi e chiese, al fine illusorio di rafforzare e ravvivare la credenza religiosa monoteista (non dimentichiamo che il film ha toccato più di un miliardo di persone).
Poco è stato scritto di questo film con uno spirito distaccato, serenamente critico, tale da far risaltare il vero senso storico, artistico che racchiude l'opera. Pochi osavano dire qualcosa sui più comuni difetti del film, o sugli aspetti più legati all'immaginario profondo che una pellicola come questa evoca; vaste critiche e di un certo livello analitico sono emerse solo a distanza di anni, e precisamente quando si è potuto paragonare lo stile di questa pellicola ai cambiamenti avvenuti nel mondo dell'arte cinematografica dal '56 ad oggi.
Si cercherà pertanto di confrontarsi con i giudizi critici scaturiti più recentemente, perché appunto questi ultimi sono indubbiamente molto più interessanti rispetto a ciò che la critica del film mitologico ha espresso nel '56.
"I Dieci Comandamenti" è stato realizzato con un grosso budget; le grandi risorse profuse nel film hanno finito per mettere in moto meccanismi un po' perversi, in parte legati a forme di potere politico; fenomeni mediatici che sono andati oltre il lecito di una tradizione conosciuta, al di là del buon gusto estetico che caratterizzava notoriamente il mondo cinematografico negli anni '50.
Questa opera di De Mille è la testimonianza chiara del potere anche politico che può avere un film; nel senso che con questa opera si sono rafforzati quegli elementi di autoritarismo istituzionale che coinvolgevano le coscienze e che erano così fortemente presenti nel '56 in molte nazioni, soprattutto occidentali, nel mentre sembrava andassero attenuandosi nonostante la guerra fredda. Si è creata un'abnorme macchina promozionale di tipo mediatico, cinica e indifferente all'articolazione della cultura cinematografica, inoltre refrattaria a ogni regola etica.
Prendeva corpo, in tutte le lingue, una spaventosa organizzazione ideologica, la cui caratteristica principale era la capacità di penetrare in ogni angolo del mondo e della psiche umana: per lasciare un messaggio su un'idea fortemente religiosa di padre. Una macchina volubile, mirante solo a una distribuzione record del messaggio che racchiudeva. Un messaggio che dava forza alla legge del padre-stato allontanando il pericolo di un parricidio popolare.
E' nata una struttura mobile colossale che ha coinvolto - sotto la spinta del potere economico dei produttori e di forti interessi tematici-religiosi che l'opera suscitava - giornali, Tv, il Vaticano, riviste di cinema, forze politiche conservatrici di tutto il mondo.
L'operazione di sostegno al film ha finito per attenuare quelle capacità critiche che caratterizzavano le istituzioni pubbliche preposte alla cultura e che erano necessarie per giudicare obiettivamente un'opera mitica come questa.
Solo a distanza di tempo il film ha finito per diventare imbarazzante, e forse proprio per le sue implicazioni etiche e politiche, nonché per i suoi valori indirettamente ma efficacemente legati al sociale, che finivano per dare al film motivi di sostegno a nuovi e inafferrabili forme di autoritarismo politico.
Il budget grandioso e il tema sacro-religioso rivolto a più di un miliardo di persone hanno condizionato vistosamente una parte non secondaria del mondo cinematografico. Questi due aspetti hanno finito per degradare i commenti sul film facendoli precipitare in una routine di costante superficialità e banalità; è stata sfruttata ampiamente l'atmosfera mistica presente all'epoca in cui uscì la pellicola.
Nel '56 il clima spirituale era indubbiamente particolare, il bisogno di conforto religioso, sfociante spesso in misticismo, era molto esteso. Esso si fondeva con il disagio sociale post-bellico, che indicava con la domanda di religione anche una propria via terapeutica ai numerosi problemi. Il cinema autoritario-religioso era una soluzione importante per la sopravvivenza dignitosa dei popoli di numerose nazioni, paesi disfatti dalla guerra e impegnati in una non facile ricostruzione del proprio territorio; credere aiutava a vivere e a sopportare l'eccessivo peso della vita.
Oggi la situazione in generale, da un punto di vista storico e di costume, è cambiata, le condizioni di vita si sono trasformate in meglio, e il bisogno di sacro, oscurato dai dubbi posti dal pensiero scientifico, è molto diminuito.
Degli scritti di quel periodo (anni '60) si possono salvare solo gli interventi di studio riguardanti l'approfondimento degli effetti spettacolari contenuti nel film, infatti a distanza di anni quei lavori risultano obiettivamente validi, resistono al tempo, forse proprio perché non toccano il sacro racchiuso preziosamente e quasi gelosamente nella pellicola. Negli anni '60 si è finito in sostanza per dire poco sul film, sia in termini di critica cinematografica che di contenuti.
E' vero che questa opera di Cecil B. De Mille è faraonica, forse come le stesse grandiose scene del lavoro edilizio governato dalle istituzioni egiziane che il racconto descrive con un strepitosa fotografia, scene che con la loro grandiosità tendono a stordire ogni spirito critico, ma lo spirito critico deve sempre prevalere.
La storia del cinema nonostante alcune contraddizioni ideologiche tende ad essere veritiera e inesorabile, non perdona chi rimane troppo fedele a una sola caratteristica dell'umano: per quanto importante sia, come appunto quella del bisogno del sacro.
Quest'opera artistica, indubbiamente magistrale seppur portatrice di un messaggio autoritario, si cala con grande professionalità nel genere epico-religioso, e appartiene a un'epoca di notevole affermazione del film mitologico.
Un genere che è durato molto a lungo, probabilmente dagli anni '40 agli anni '60, lasciando spesso gli spettatori incantati e ammutoliti di fronte allo splendore dei rituali antichi rappresentati. fotograficamente in modo eccelso e agli effetti passionali delle lotte degli uomini del palazzo reale tese ad affermare principi etici e credi religiosi di grande intensità mistica, mossi paradossalmente esclusivamente da una rigida ma virtuosa razionalità.
La critica che oggi appare più incisiva al film di C. B. De Mille riguarda la rigidità del rapporto del film con gli spettatori; da intendere il termine rigido nell'accezione di autoritario.
La pellicola tende a far rimanere gli spettatori troppo passivi di fronte al film: i personaggi sono autorevoli ma scheletrici, lontani da ogni personificazione critica del ruolo svolto e da un vero contesto storico che dia credibilità alle idee messe in scena, è stata costruita una storia biblica al solo fine di far entrare le Sacre scritture nel mito cinematografico.
Il film cult e mito è uscito negli Stati Uniti nel 1956, quindi in pieno boom del cinema mitologico, ed è stato girato con degli splendidi colori. Il grande Cecil B. De Mille, è famoso anche per aver girato dei western, noti per il panorama e la carica epica delle scene.
Forse solo oggi, rivedendo per l'ennesima volta il film I dieci comandamenti del '56, a distanza perciò di 51 anni, in un epoca che tende sempre più a lasciarsi segnare da una vigorosa secolarizzazione, si può completare un certo apprendimento critico dell'opera. Un ulteriore lavoro che darebbe, tra le altre cose, anche la spiegazione del senso dello straordinario successo del film.
Il film colpisce subito, come d'altronde gli è sempre stato riconosciuto, per la sua incantevole e intensa fotografia. Immagini ricche di pathos che sembrano dare, un po' sorprendentemente, una forza spirituale rara, sopratutto alle scene dai contenuti più religiosi.
Per quanto riguarda il linguaggio filmico c'è subito da dire che a distanza di decenni i particolari sensazionali che ruotano intorno agli effetti speciali rimangono efficaci, non sfigurano; anzi la famosa scena della separazione delle acque del mar Rosso mantiene, grazie alla suggestione mistica che procura l'altezza delle acque e il suo veloce dinamismo verticale in caduta, il fascino e lo stupore di una volta.
La scena "miracolosa" della separazione delle acque è stata ricostruita con un gioco di luci e immagini riflesse, create da giganteschi specchi che duplicavano visivamente le acque impetuosamente scorrevoli di una grande e alta cascata.
Alcuni credenti hanno affermato, non senza un briciolo di ironia, che Dio stesso ha voluto aiutare Cecil B. De Mille nella riuscita degli effetti speciali.
Il fatto biblico è noto: attraverso l'apertura delle acque del mar Rosso, gli ebrei, in fuga dall'Egitto e inseguiti dal faraone, riescono a proseguire il martoriato e lunghissimo viaggio verso la terra promessa.
I produttori più interessati al cinema guardavano ambiziosi al miglioramento del futuro estetico del cinema. Con il risultato della separazione delle acque il cinema compiva un salto di qualità notevole nel campo degli effetti speciali. Un risultato visivo di alto livello che sembra resistere tutt'ora allo scorrere inesorabile del tempo. Un'idea tecnica ben congeniata che è scaturita da un mondo tecnologico soprattutto aereo spaziale, tipicamente americano, un'atmosfera di grandi invenzioni scientifiche che vedeva l'evolversi della qualità dei dispositivi ottici.
Lo stesso De MIlle aveva già girato nel 1923, con grande successo, un film muto intitolato proprio "I dieci comandamenti".
Visti i precedenti del '23 il film, prima o poi, era destinato ad un remake, anche perché dopo l'uscita dell'opera era stato scoperto il sonoro ed una inedita e splendente fotografia a colori che ben si associava ai nuovi effetti speciali richiesti dal mercato.
L'epoca favorevole per il remake sembrava essere, per i motivi suesposti, il dopo-guerra, un'epoca in cui la domanda di mercato per i film mitologici rimaneva da un lungo periodo molto forte.
Negli anni '50, ancora molto segnati dalle esperienze della guerra mondiale si viveva nell'occidente in un'atmosfera di lutti e dolori che facilmente si ripiegava, come accennavo prima, in una militanza religiosa, in un avvicinamento sorprendente ai culti e alle credenze mistiche; i produttori di cinema, programmando di rifare ex-novo questo film, andavano quindi in un certo senso sul sicuro, considerando appunto che anche il primo aveva avuto un grande successo.
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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 18/06/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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