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Oscar Diggs (James Franco), illusionista di un circo ambulante, sogna di lasciare il grigiore del Kansas e diventare un grande uomo, ma si accontenta di adescare giovani donne ingenue e allestire spettacoli di magia. Costretto a scappare dalle ire del forzuto del circo, Oscar viene trascinato da un ciclone ad Oz, dove la strega Theodora (Mila Kunis) lo accoglie come il Mago che, secondo la profezia, sarebbe arrivato da lontano per reclamare il trono del regno. Oscar, affascinato dalla bella strega e dalla promessa del tesoro reale, decide di stare al gioco, seduce Theodora e le promette di farla regina.
Giunto alla città di Smeraldo, Oscar incontra Evanora, reggente al trono di Oz e sorella di Theodora, che lo informa che esiste una prova da superare: rubare e distruggere la bacchetta della Strega Cattiva, bandita dalla Città di Smeraldo per aver ucciso il vecchio re. Pur riluttante, Oscar acconsente e - giunto in presenza della strega - scopre che Evanora non ha detto tutta la verità e che le cose ad Oz non sono come sembrano. Nel frattempo Theodora, accecata dal dolore per l'inganno di Oscar prende una terribile decisione…
Nel 1939 la Warner Bros. adatta il libro di L. Frank Baum "The Wonderful Wizard of Oz" in un musical destinato a diventare leggendario: "The Wizard of Oz", con Judy Garland, è uno dei capolavori immortali del cinema e in America, dove è divenuto parte integrante della cultura popolare, al pari di Elvis Presley e "Star Wars", la sua eredità si manifesta in continui revival - su tutti, il musical "Wicked" - una produzione sconfinata di gadget a tema, citazioni e omaggi in diverse altre opere (l'ultima, in "The Avengers", quando Capitan America afferma di aver colto la citazione sulle Scimmie Volanti).
L'adattamento della Warner presenta sostanziali modifiche alla storia e ai personaggi e l'iconografia del film è diventata, nella cultura popolare, quella definitiva, sostituendo quella originale di Baum come accaduto forse solo nel caso di "Biancaneve" di Walt Disney.
Tutte le modifiche apportate dalla Warner sono protette da copyright (ad esempio le scarpette rosse, che nel libro sono d'argento) e di fatto è come se la Warner detenesse i diritti di una parte dell'immaginario collettivo del popolo americano. La Disney, che invece detiene i diritti di sfruttamento di tutte le opere di L.Frank Baum, si trova dunque nella scomoda posizione di poter raccontare le storie di un intero universo la cui rappresentazione deve necessariamente tener presente da un lato l'eredità culturale del film del 1939, dall'altro le leggi sul copyright.
Non è quindi del tutto strano se in oltre cinquant'anni dalla data dell'acquisizione, i diritti su Oz siano stati sfruttati in sole due occasioni: nel flop "Retun to Oz" (1985) e con "Il Grande e Potente Oz".
L'arduo compito di Sam Raimi, quindi, era quello di tornare a Oz e raccontare una storia nuova sui personaggi secondari del vecchio film. Il perimetro segnato dall'ufficio legale per non dover pagare licenze alla Warner ha impedito di inserire nel film elementi come le scarpette rosse o l'utilizzo dei temi musicali originali, ma a tutti gli effetti "Il Grande e Potente Oz" è un prequel abbastanza coerente dell'avventura di Dorothy - nella versione Warner, ovviamente. Così da un lato Raimi riprende la felice intuizione di utilizzare la monocromia per il Kansas e il colore per Oz, dall'altro anche a livello narrativo si danno per scontati tutti gli elementi introdotti dal vecchio film: che le streghe siano tre invece che quattro, che Glinda sia la strega del Sud e non del Nord, che le due streghe cattive siano sorelle, che la Malvagia Strega dell'Ovest abbia la pelle verde, che la città di Smeraldo sia veramente fatta di Smeraldo e non il frutto di un'illusione ottica.
Anche la tematica di Oz come versione speculare del Kansas - una delle maggiori intuizioni degli sceneggiatori e differenze tra il libro e il film - viene ripresa fedelmente da Raimi. Scelta di marketing o dettata dall'impossibilità di slegarsi dall'iconografia tradizionale o volontà di omaggiare un grande classico: va dato atto a Raimi e agli sceneggiatori di aver camminato volutamente sull'orlo di un precipizio, ma di essersela cavata egregiamente.
Come prequel, certamente "Il Grande e Potente Oz" sconta la mancanza di libertà nell'utilizzo dell'iconografia e dei personaggi del film originale. Come film a sé stante, invece, paga la scelta di riprendere volutamente quanti più punti di contatto possibili con quella versione della storia e il loro inserimento - a volte un po' forzato - in una storia originale. Il finale del film è perfettamente coerente con quello che Dorothy troverà all'inizio del suo viaggio ad Oz - e ciò penalizza l'autoconsistenza del film, che resta un po' troppo aperto nel finale (almeno per chi non conosce il destino del Mago e delle due Streghe Cattive). L'unico vero appunto che si può muovere alla sceneggiatura è quello di aver ceduto alla tentazione - tipica di molti prequel moderni - di voler collegare tra loro elementi che nel film originale non hanno (e non necessitano) nessuna correlazione. Tutta la genesi della Malvagia Strega dell'Ovest ne è un esempio palese, ma già nella sequenza del Kansas c'è qualche velato e sorprendente riferimento a Dorothy. E Darth Vader ha costruito C-3P0.
Sam Raimi riesce comunque a creare un film divertente e molto personale: le scelte di regia e montaggio (oltre al cameo di Bruce Campbell), ma anche il make-up delle streghe, ricordano molto sia "Spider-Man" sia le altre sue opere horror, e anche l'umorismo e un tono decisamente meno bambinesco rispetto a quello che si potrebbe attendere rivelano la mano del regista. Le performance dei quattro attori principali sono molto cariche, sfiorando in qualche punto la parodia: come se Raimi avesse accordato il tono della recitazione a quello di un musical di fine anni trenta…i personaggi sembrano abitanti della Oz che conosciamo, solo che l'effetto non è sempre del tutto convincente. Come in "Spider-Man", Raimi omaggia e prende in giro molto elegantemente il materiale che tratta quasi a ricordarci che pur trattandosi di icone quasi intoccabili, stiamo sempre parlando di film e storie della buonanotte.
Gli effetti speciali sono perfetti: la bambina di porcellana è splendidamente animata e Finley la scimmia volante è incredibilmente somigliante a Zach Braff, che gli dà la voce, e la scelta di utilizzare set reali insieme alla CGI conferisce ad Oz la giusta "consistenza" fisica.
"Il Grande e Potente Oz" è un film divertente e riuscito, un sentito omaggio ad un classico immortale ma anche un film genuinamente d'autore (nel bene e nel male). Non entrerà negli annali del cinema e nel tempo sarà ricordato come uno dei tanti retaggi culturali de "Il Mago di Oz" (anche se Tim Burton dovrebbe prendere appunti per la prossima volta che gli affidano un remake).
Non è giusto né lecito paragonare un musical del 1939 a un fantasy del 2013 - ma una differenza salta all'occhio e più che un difetto del film di Raimi è una caratteristica di quasi tutti i film di oggi a tema fantastico: la volontà di dare peso drammatico al film accentuando i lati dark della storia, con inutili approfondimenti su personaggi che sarebbero meravigliosi se lasciati monodimensionali. Darth Vader, la Malvagia Strega dell'Ovest, persino il Joker di Heath Ledger: sono personaggi indimenticabili proprio per la loro natura inumana e monodimensionale. La necessità di indagare le cause della loro malvagità e di ispirare pietà raccontandone una genesi tragica sono, nella maggior parte dei casi, un danno al personaggio e all'intero film.
Tutte le esasperazioni e i limiti del cinema americano mainstream emergono dall'analisi della lavorazione "Il Grande e Potente Oz": le beghe legali, le esigenze commerciali, la mancanza di coraggio delle major, i vincoli imposti agli autori. Che "Il Grande e Potente Oz" sia un buon film nonostante tutto ciò, è un piccolo miracolo di cui essere grati a Sam Raimi e lascia uno spiraglio di cauto ottimismo per il prossimo, importantissimo sequel in mano alla Disney e a J.J. Abrams…
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 11/03/2013 18.35.00
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