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Con questo gradevole cortometraggio di fantascienza della sola durata di un quarto d'ora, oggi confezionato in DVD con tre versioni diverse di pochi minuti, Meliès sembra voler proseguire meticolosamente nell'ambizioso intento di trasferire sullo schermo la maggior parte delle sue singolari performance teatrali.
Il regista francese intravede con il cinema la possibilità di dare al suo repertorio magico, che esibisce da tempo con successo nel teatro parigino "Robert-Houdin", una capacità di suggestione nuova, una superiore impressionabilità, qualcosa di ancora molto sperimentale ma che ben sostenuto dalla tradizione teatrale sembra in grado di far sfociare lo spettacolo verso nuove e più intense emozioni.
Melies, in breve tempo, pur rimanendo nell'ambito dell'esibizione cosiddetta effimera consente agli spettatori cinematografici di provare importanti sensazioni come quelle del meraviglioso e dell'incantevole, fino a quel momento solo immaginate.
Il regista francese, perfezionando sullo schermo le tecniche dell'illusionismo e dei giochi di prestigio a lungo praticate con il geniale M. Legris, riuscirà ad andare ben oltre il suo tipico varietà, aprendo delle possibilità artistiche e di mercato del tutto nuove per la nascente industria cinematografica.
L'abbinamento della tecnica filmica alle pratiche ed ai testi teatrali sarà un motivo ricorrente nella nascente attività cinematografica di tutto il mondo, dagli Stati Uniti all'Europa per finire alla Gran Bretagna, l'unica variante era rappresentata dal genere documentario, cioè da quella fedele riproduzione fotografica della realtà fenomenica così cara ai fratelli Lumiere.
Il cinema troverà subito un proprio modo estetico di esprimersi, originale, a volte anche accostabile a quello godibile nei romanzi e nei palcoscenici o nella pura osservazione della realtà, finendo per imporsi soprattutto per i suoi aspetti formali che metteranno in secondo piano la sua capacità di strumento riproduttivo di realtà potenzialmente ricche di punti inesplorati.
Il cinema, linguaggio di immagini molto più che di parola, non potendo competere per ovvii motivi di tempo e di diversa tipologia narrativa con la ricchezza elaborativa di un romanzo o con l'articolazione complessa di un testo teatrale, assumeva immediatamente una fisionomia dalle caratteristiche artistiche-fotografiche i cui soggetti potevano spaziare in un certo numero di situazioni filmiche sempre diverse dettate da precisi codici visivi, a volte un po' convenzionali, acquisiti col tempo.
L'impressione di realtà che il cinema era in grado di offrire rappresentava l'asso nella manica della settima arte, era l'originalità assoluta di un modo di raccontare nuovo, capace di competere con tutte le altre arti narrative, e di acquisire in breve tempo consensi in diverse parti del mondo. Le immagini in movimento e lo svolgersi delle azioni su diversi piani, con altimetrie e luoghi differenti, accrescevano a dismisura l'illusorietà del cinema conferendogli un potere manipolatorio o fedelmente riproduttivo della realtà.
Meliès riuscirà con il suo geniale intuito artistico e una caparbia capacità industriale a far progredire le tecniche di base del cinema, inventando, dopo il rifiuto di Lumiere di vendergli per l'industrializzazione del cinema la sua macchina da ripresa, addirittura due cineprese del tutto inedite.
Le possibilità che il cineasta aveva di intervenire sulle immagini , sostituendo ad esempio nelle scene scabrose e violente l'attore con dei manichini o a seconda del caso con delle controfigure, permettevano al cinema di potenziare progressivamente il suo effetto estetico fino al punto di dare ai film una capacità nell' illusionismo ottico del tutto straordinaria. La possibilità con il cinema di dare l'illusione agli spettatori di vivere un presente appartenuto al passato consentiva inoltre al racconto filmico di aggiudicarsi un primato estetico difficilmente eguagliabile: basti pensare all'invenzione della suspense e alla potenza del flahsback; l'emotività creata da un'immagine definita quale è quella del cinema era infatti del tutto incomparabile con quella procurata dalle immagini indefinite, che si formano nella mente durante la lettura dei romanzi scritti. La finzione cinematografica permetteva in un certo senso di realizzare l'immaginario, rivivendolo sullo schermo in una modalità singolare, mai raggiunta prima.
George Meliès oltre a "Viaggio nella luna", uscito in bianco e nero nel 1902 a Parigi, che prende ispirazione dal famoso romanzo di fantascienza di Giulio Verne "Dalla terra alla luna", ha prodotto come autore molti altri cortometraggi di avventura andati poi perduti, alcuni anche precedenti a questo film; di essi si conosce solo il testo, a volte parzialmente riassunto dalla stampa di allora altre volte integro e originale conservato in alcune biblioteche.
Numerose in quel periodo sono state le pellicole e gli spettacoli del genere viaggio fantastico, filone legato al teatro di féerie e ad alcune rappresentazioni che si svolgevano nelle manifestazioni di fiera dell'ultimo ottocento in Francia; ricordiamo sullo stesso genere, ma musicale, anche l'operetta di J. Offenbach del 1875 "Il viaggio sulla luna".
"Viaggio nella luna" racconta le vicissitudini del primo sbarco dell'uomo sul satellite. Il film inizia mostrando alla lavagna del circolo degli astronomi il famoso professore Barbenfouillis intento a dimostrare la validità delle sue tesi esecutive che prevedono il lancio sulla luna di un obice, con persone all'interno, sparato dalla terra con un gigantesco cannone.
Il professore sarà contestato duramente per i suoi arditi calcoli balistici da un gruppo di astronomi presenti nel circolo, ma troverà comunque cinque membri coraggiosi con cui effettuare l'ardita spedizione.
Il film mostra quindi che si costruisce l'obice di acciaio e si impegnano diverse imprese siderurgiche nella costruzione del cannone, queste due operazioni nel film sono ricche di dettagli in movimento, come il fumo delle fabbriche e i carpentieri al lavoro con la mazza sull'incudine, scene di una verosimiglianza sorprendente per l'epoca.
Il completamento dei lavori sarà accompagnato da un complesso cerimoniale inaugurativo che vede in scena, accompagnati dalla musica, autorità e diverse donne in pantaloncini corti.
L'obice, sparato da uno smisurato cannone, raggiunge regolarmente un occhio della luna immaginata come uno sguardo umano. Una volta sbarcati, gli astronomi dopo una breve esplorazione vedono il sorgere, all'orizzonte lunare, della terra. Infreddoliti per la rigida temperatura del satellite si stendono con delle coperte per dormire ma durante il sonno appaiono loro in visione delle meravigliose creature celesti, tra cui Febe che fa cadere la neve costringendo i viaggiatori ad entrare in un cratere per ripararsi dal freddo. All'interno della cavità scoprono una vegetazione incantevole e varia, simile a quella terreste ma più straordinariamente sviluppata, come gli enormi funghi che crescono in un baleno appena toccati dall'ombrello del professore.
L'incontro con i seleniti, ostili abitanti del satellite, figure selvagge con sembianze da uccelli, pesci marini e uomini, costringe la spedizione a sospendere l'esplorazione, e dopo qualche sporadico scontro con gli indigeni che vede protagonisti gli ombrelli magici degli astronomi capaci, una volta colpiti in testa i seleniti, di dissolverli in una nube di polvere, gli uomini vengono catturati e portati davanti al re della Luna.
Barbenfouillis, più che mai deciso a fuggire, riesce a liberarsi dalle legature ai polsi e a uccidere il re. Il gruppo di astronomi inseguito dai seleniti inferociti riesce a raggiungere l'obice che si trova in bilico all'estremità della cima di un monte pronto a cadere per gravità sulla terra. Quando i cinque astronomi entrano nell'obice il professore spinge in giù la punta del proiettile - astronave, riuscendo contemporaneamente ad entrare nell'abitacolo e a far cadere l'obice in direzione degli oceani terrestri. Un selenita, che si era aggrappato all'estremità del mezzo all'ultimo momento, raggiunge anche lui il nostro pianeta dando prova a tutti che il viaggio del professore era stato effettivamente compiuto.
Il film si chiude con le celebrazioni cittadine a Barbenfouillis per l'impresa, il cui successo sembra aprire prospettive nuove per i viaggi di avventure allora realmente molto considerati e amati da tutta la popolazione francese.
Da un punto di vista un po' più filosofico il film rappresenta, in quanto pensiero, l'idea del viaggio verso altri mondi come pura curiosità, scevra da intenti colonialistici, tesa esclusivamente alla ricerca del bello, del nuovo e dell'incantevole.
La scienza nel film non pare essere al centro dell'interesse, le scene sembrano presentarci un concetto di scienza semplice e pratico, assodato, che sembra quasi ben inserito in una normale opzione pubblicitaria finalmente in grado di proporre un altro tipo di viaggio.
I seleniti visti come selvaggi ostili fanno pensare alle normali difficoltà che lo straniero in qualsiasi luogo ami spostarsi può incontrare in qualche relazione.
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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 29/01/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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