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La nuova moda del cinema americano si chiama "remake" e "Io sono leggenda" può tranquillamente rientrare in questo filone.
E' inutile dilungarsi su quanto la crisi di idee stia alla base di questo "nuovo" modo di fare cinema; resta il fatto che i risultati non sempre sono soddisfacenti specie se il rifacimento riguarda grandi capolavori del passato.
Per capire "Io sono leggenda" è necessario partire dall'omonimo romanzo di Richard Matheson, un piccolo capolavoro che sta al genere horror come "Il Signore degli anelli" sta al fantasy.
Se "L'ultimo uomo sulla terra" è stato il primo film ufficiale tratto dal libro, non si può fare a meno di notare il numero spropositato di pellicole che si sono ispirate direttamente o indirettamente al lavoro di Matheson: si va da gran parte della filmografia di Romero a "La notte della cometa", "28 giorni dopo", "Resident Evil", "Silent Hill", "Occhi bianchi sul pianeta terra", "I Figli degli uomini" e così via.
La forza del racconto non risiede solo nella storia ma soprattutto nelle tematiche che in essa trovano voce: la paure per il futuro, il timore verso una "massa" sempre più omologata e, soprattutto, lo stato di una società che si sentiva sotto assedio (l'America durante il periodo della Guerra Fredda).
Robert Neville è un sopravvissuto a una terribile epidemia che si aggira solitario in un anonimo villaggio (New York nel film in questione) pronto a lottare per la sopravvivenza, dagli attacchi di affamati vampiri.
Tutto quanto detto fino adesso non trova minimamente riscontro,nell'adattamento cinematografico affidato ad Akiva Goldsman e Mark Protoservich: il lavoro compiuto risulta essere freddo e banale, e l'incapacità di attualizzare il romanzo fa si che il film risulti essere troppo simile ai suoi predecessori, tanto da dare il sapore di deja vu.
Se Matheson, partendo da un romanzo fantascientifico, aveva costruito un piccolo trattato politico-sociologico, i cambiamenti apportati dal film non solo hanno trascurato qualsiasi lettura diversa ma, modificandone il finale, ne hanno completamente tradito lo spirito.
I punti di forza del film si concentrano nei primi 40 minuti, dove grazie ad un ottima ricostruzione di una New York post-epidemia, si riesce a creare un'ambientazione impeccabile; merito anche del regista Francis Lawrence, conosciuto per il tremendo "Costantine", che in questo film riesce a dimostrare un certo stile, sebbene, come già con Muccino ne "La ricerca della felicità", il vero demiurgo di questi "megablockbuster" è Will Smith.
L'attore afroamericano negli ultimi anni è diventato una vera e propria "gallina dalle uova d'oro" per Hollywood; basti pensare che i suoi ultimi sette film hanno incassato ognuno più di 250 milioni di dollari.
Come spesso accade il successo diventa sinonimo di talento; ma a tal proposito non si può fare a meno di aprire una parentesi sul sopravvalutato Will Smith.
Va riconosciuto che in "Io sono leggenda" offre una splendida interpretazione, simile per intensità quella di Tom Hanks in "Cast Away"; ciononostante non si può fare a meno di notare come non sia Will Smith ad essere al servizio del film ma il contrario.
Come ne "La ricerca della felicità", registi e sceneggiatori si inchinano ai suoi voleri, cucendogli a dosso la parte che meglio gli riesce: quella dell'americano vincente, bello, palestrato, simpatico e donnaiolo ma attaccato ai valori della famiglia, di buon cuore.
Lo è in "Hitch" ed in "Bad Boys", è eroe in "Indipendence day" , in "Nemico pubblico" e nel più "formalmente" impegnato "Alì".
Non si tratta di non riconoscere le sue abilità professionali, semplicemente di sottolineare che se la caratteristica di un grande attore sta nella versatilità dei ruoli, allora Smith deve ancora dimostrare di esserlo.
Gli effetti speciali sono eccellenti nella ricostruzione di una New York deserta, mentre l'uso della computer grafic nella rappresentazione dei "mostri" è veramente deludente.
La deriva tecnologica della cinematografia odierna mortifica l'abilità di scenografi e truccatori, che ancora oggi sanno essere una valida alternativa alle magie dei computer: basti osservare i mostri, quelli sì paurosi, che Guillermo del Toro ha messo in scena nel suo bellissimo "Il Labirinto del fauno".
Il merito di "Io sono leggenda" risiede nel fatto di essere un vero e proprio prodotto di mercato, studiato nei minimi particolari da grandi professionisti.
Il successo di una pellicola, indipendentemente dal suo valore qualitativo, è sempre dimostrazione di vitalità del mercato cinematografico, e se l'obiettivo era il primo posto al botteghino, il film risulta essere perfettamente riuscito.
Se, invece, come ribadito dagli autori, l'intento era di "riproporre alle nuove generazioni il romanzo di Matheson", non solo hanno fallito ma, addirittura, si sconsiglia la visone del film.
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Recensione a cura di Paolo Ferretti De Luca aka ferro84 - aggiornata al 25/01/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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