Recensione i soliti sospetti regia di Bryan Singer USA 1995
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Recensione i soliti sospetti (1995)

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Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
Miglior attore non protagonista (Kevin Spacey)Miglior sceneggiatura originale
VINCITORE DI 2 PREMI OSCAR:
Miglior attore non protagonista (Kevin Spacey), Miglior sceneggiatura originale
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locandina del film I SOLITI SOSPETTI

Immagine tratta dal film I SOLITI SOSPETTI

Immagine tratta dal film I SOLITI SOSPETTI

Immagine tratta dal film I SOLITI SOSPETTI

Immagine tratta dal film I SOLITI SOSPETTI

Immagine tratta dal film I SOLITI SOSPETTI
 

La regia di Bryan Singer fa pensare al solito film giallo/poliziesco intrigato in cui bisogna scoprire chi è l'assassino. Il tutto comincia dalle indagini che si svolgono in un incendio avvenuto su una nave in cui 27 uomini hanno perso la vita. La polizia sospetta che ci sia di mezzo un affare di droga, e gli unici superstiti dell'incendio sembrano essere Verbal Kint, un truffatore zoppo di mezza tacca, ed un ungherese rimasto ustionato, ricoverato in un ospedale della contea di San Pedro, California (luogo dell'accaduto).
La polizia cerca da tempo di incastrare Dean Keaton, ex poliziotto e pericoloso criminale di Los Angeles, coinvolto anch'esso nel disastro. Un agente speciale della dogana degli Stati Uniti, David Kujan, cercherà di scoprire la verità interrogando l'unico superstite in grado di ricostruire i fatti.

La trama è complessa, in quanto lo schema narrativo non segue i classici standard che caratterizzano di norma i film di genere. La pellicola, anche se non rispetta l'ordine cronologico degli avvenimenti, parte dall'epilogo della storia. Verbal Kint ha ottenuto l'immunità dal Giudice, ha già pagato la cauzione e dovrà scontare solo sei mesi per possesso illegale di armi; perché allora ostinarsi ad interrogarlo?
L'unico scopo tangibile, in un primo momento, sembra essere quello di scoprire se Keaton sia realmente morto in quell'incendio. Come l'ispettore Zenigata ossessionato dalla cattura di Lupin, Kujan cercherà di scoprire la verità interrogando Verbal, ma dal momento in cui comincia il racconto si scopriranno man mano le vere carte del gioco.

La sceneggiatura fornisce indizi ed illude il pubblico, rimescolando le carte ogni volta che si ha l'impressione di aver raggiunto delle certezze. Continui colpi di scena e ribaltamenti di prospettive, caratterizzati dalla quasi assenza di scene di azione, riducono volutamente in alcuni tratti il divertimento. Scelta rischiosa che viene compensata dagli ultimi cinque minuti di pellicola in cui l'intero schema viene stravolto di nuovo, riuscendo a stupire il pubblico e regalandoci brevi sequenze finali indimenticabili, completandone definitivamente il disegno e consacrando questo film come un autentico capolavoro nel suo genere. Sembra di assistere alla creazione della migliore opera di Leonardo, apprezzabile nella sua completezza e osservabile da diverse angolazioni.

Nonostante la sceneggiatura di Chris McQuarrie sia geniale, originale e meritevolmente vincitrice del premio Oscar, il cinema americano ha già in passato conosciuto pellicole che presentano una struttura tematica simile.
Per farne un esempio citiamo "Rapporto Confidenziale" del 1955 di Orson Welles ed "Angel Heart" del 1987 di Alan Parker, tratto dall'omonimo romanzo di William Hjor. Benché si tratti di pellicole molto diverse tra loro, sono costruite attorno ad un misterioso personaggio allegorizzante l'essenza del male e capace di piegare le volontà altrui.
Fin dai tempi più antichi e secondo le varie tradizioni religiose, tale personaggio viene riversato sovente nella figura del Diavolo, identificato come il nemico, l'avversario, un'entità iniqua e potente e al contempo tentatrice dell'umanità; ma nel caso di questo film è forse più opportuno fornire la descrizione condivisa dalla tradizione cristiana occidentale che la riconosce nella figura di trickster, ovvero l'ingannatore che nella mitologia, nella religione e nello studio del folklore viene identificato come una divinità, un essere spirituale, uomo, donna o animale antropomorfo, lussurioso e vorace, abile nell'imbroglio e caratterizzato da una condotta amorale e al di fuori delle regole convenzionali.

Il trickster nel film di Welles è rappresentato dal miliardario Gregory Arkadin; nel film di Parker è la vera e propria incarnazione di Lucifero, ma ne "I soliti sospetti" il principe delle tenebre presenta molteplici volti che convergono tutti nella figura ermetica di Keyser Soze. Nel mondo del crimine il suo nome è temuto da tutti, nessuno lo ha mai realmente visto in faccia e molti lavorano per lui senza neanche saperlo. Dal racconto di Verbal Kint appare essere di probabile nazionalità turca, ma con origini tedesche. In merito a ciò ricordiamo che nell'Islam il Diavolo prende il nome di Iblis e secondo le credenze non ha altro potere se non quello di gettare suggestioni malvagie nel cuore degli uomini e delle donne. Secondo i versi del Corano la missione del Diavolo, fino al Qiyamah o "giorno della resurrezione" (yaum-ul-qiyama), è di ingannare i figli di Adamo (l'umanità). Dopo di ciò, egli verrà posto tra i fuochi dell'Inferno insieme a coloro che ha illuso. Ma la leggenda di Keyser Soze non è temuta dalla gente comune, bensì dai criminali. Il suo mito, di conseguenza, ipotizzando che il racconto di Verbal corrisponda a verità, potrebbe essere stato generato dalla banda di delinquenti ungheresi che presero di mira Soze, al tempo semplice spacciatore locale, per ottenere il completo dominio del territorio Turco. In tal caso il riferimento demoniaco potrebbe essere di natura ugrica la cui mitologia vede il mondo diviso in tre sfere: la prima chiamata Mondo Superiore (Felső világ), ove risiedono le divinità; il secondo è quello in cui vivono gli umani (Középső világ, "Mondo di Mezzo") e l'ultimo è il Mondo Sotterraneo (Alsó világ), presieduto da Ördög (demone creatore di tutti i tormenti del genere umano), in cui vengono riversate le anime di chi in vita è stato malvagio.

Quanto ipotizzato, anche se plausibile, non fornisce alcuna chiave di lettura della trama; ma il tentare di collocare un'identità demoniaca a Keyser Soze, nello scorrere delle sequenze, diviene progressivamente una necessità, in quanto il mistero dettato dalla sua leggenda è costantemente chimerico, fuorviante e di conseguenza sinistro, ma al contempo suadente ed estremamente ammaliante. Negli ultimi quindici minuti la tensione si fa sempre più intensa, e tale necessità diventa ineluttabilmente quella di tentare di dare un volto a questo arcano personaggio, ma solamente alla fine, alla tanto attesa rivelazione, si prenderà coscienza del fatto che il concetto di male espresso sia superiore a tutte le credenze finora citate.

"Credi di poter prendere Keyser Soze? Credi che uno come lui arrivi così vicino a essere catturato e rischi ancora?"

Il Diavolo si prende gioco di tutti, attori compresi. Già, proprio così: gli stessi attori sono stati beffati dalla sceneggiatura e dal regista.

"La beffa più grande che il Diavolo abbia mai fatto è stata convincere il mondo che lui non esista".

Nonostante la parte di Keyser Soze sia stata interpretata da ben cinque attori differenti, il film è stato girato in modo che nessuno dei protagonisti scoprisse la sua reale identità prima della fine delle riprese.

Ma chi è veramente Keyser Soze?
Non verrà svelato altro, ma ciò che può essere detto di sicuro è che dopo l'avvento di questo film il Diavolo ha acquisito un altro nome che va in coda alla lunga lista: Bryan Singer.

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Recensione a cura di Fulvio Baldini aka peter-ray - aggiornata al 30/01/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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