Voto Visitatori: | 6,31 / 10 (56 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 7,00 / 10 | ||
Terza prova registica di Sergio Castellitto, coadiuvato nuovamente dalla consorte scrittrice Margaret Mazzantini, "La bellezza del somaro" si inserisce nel campionario dei film natalizi come curioso outsider.
Il titolo del film si rifà alla locuzione francese "la beautè de l'ane", letteralmente "bellezza dell'asino" e si riferisce alla tipica bellezza giovanile che è anche legata alla stoltezza propria degli anni verdi.
La tematica della storia è trita e ritrita: il conflitto generazionale, la paura di invecchiare che assale l'uomo cinquantenne, l'adolescenza inquieta, i dolori e i piaceri della terza età, ma dietro questa semplicistica sintesi si raccontano interrogativi e problematiche rese più cogenti dalla situazione attuale: il protagonista principale riflette sulla sua futura vecchiaia sicuro di poter contare su una saggia figlia che è destinata a fargli da "madre"; un suo amico, rassegnato e deluso "risparmia" per affidarsi alla badante; le donne del film sono tutte in carriera scompensate nella loro doppia funzione di madri di famiglia e di persone dedite al dio lavoro.
I tre protagonisti maschili della vicenda, cinquantenni di successo, sono in realtà rosi dalle loro ansie sfogate in maniera a dir poco infantile, rifugiandosi dietro le gonnelle di giovani ragazze nevrotiche e assetate di successo o cercandosi scusanti poco credibili (un corso di inglese troppo full immersion, assegni familiari da distribuire tra troppe ex consorti); le protagoniste femminili d'altro canto sono troppo prese professionalmente, perseguitate dal lavoro anche in vacanza e nevrotizzate dalle continue richieste dei ritmi pressanti di oggi.
Tra loro i figli, trascurati, viziati, incompresi: quello che si fa le canne, il goffo gigante amico del pitone e Rosa, la figlia dei due protagonisti, supponente e secchiona, giudice implacabile, vittima e carnefice.
La terza età è rappresentata da due figure agli antipodi: la mamma della protagonista svagata fricchettona e Armando (Enzo Jannacci) "fidanzato" settantenne della diciassettenne Rosa, saggio e sopra le righe, poco attore e per questo più autentico di tutti.
Armando, come il protagonista della canzone interpretata dallo stesso Jannacci, è il trait-d'union odiato e adorato da tutti, mentore forse imperfetto ma necessario per riportare equilibrio nelle folli esistenze dei vari protagonisti.
Completano il gruppo due pazienti della psicologa Morante (moglie cinematografica di Castellitto): un giovanotto che è il vero fool della storia, ossessionato dalla morte forse più in maniera scaramantica che reale, e una stravagante animatrice di feste per bambini (Barbora Bobulova) che nel transfert ha assegnato alla sua analista un ruolo genitoriale.
Un weekend nella campagna toscana durante l'allegorico ponte dei morti consentirà alla chiassosa folla di personaggi "in cerca" di ritrovarsi dando vita a una girandola di avvenimenti a volte incomprensibili, surreali, chiassosi, allegorici (simbolo di tutto la ossessiva presenza del somaro che osserva tutto con sguardo sardonico).
Avvalendosi forse delle teorie del DOGMA, la scuola registica danese di Lars Von Trier, Castellitto fa molto uso della camera a mano regalando, soprattutto nelle sequenze iniziali, molti primi piani e delle scene interrotte quasi cineamatoriali. Questa cosa, accompagnata da un tono alto di voce usato da molti interpreti, a volte reca disturbo alla visione e a una corretta e tranquilla identificazione delle situazioni in atto.
Il film è senza dubbio molto parlato ma al contempo movimentatissimo, come una pochade (la scena della festa di compleanno del protagonista conclusasi con l'abusato giochetto delle torte in faccia, gettonatissima nei vari trailer di presentazione, ne è l'esempio più evidente ).
"La bellezza del somaro" si avvale comunque di un ottimo gruppo di interpreti, da Castellitto, credibilissimo cinquantenne eterno puer, alla Morante, poco psicologa e decisamente da psicanalizzare, agli interpreti secondari flat characters ma non per questo meno importanti per la trama: su tutti prevale Imparato con un giusto dosaggio dei due volti della commedia (quello comico e quello più amaro), Giallini è più sbiadito, la Bobulova riesce bene a dare al suo personaggio la giusta svagatezza, veritieri i giovani interpreti.
Film interessante, da vedere.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 13/01/2011 11.12.00
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