Recensione la horde regia di Yannick Dahan, Benjamin Rocher Francia 2009
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Recensione la horde (2009)

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locandina del film LA HORDE

Immagine tratta dal film LA HORDE

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Immagine tratta dal film LA HORDE
 

Nella banlieue (periferia) parigina quattro poliziotti, tre uomini e una donna, decidono di vendicare un amico-collega, Mathias, assassinato da un gruppo di criminali che vivono rinchiusi in un immobile condominiale fatiscente. Il capo del gruppo, Ouessem, partecipa al funerale dell'amico e promette alla moglie del defunto che il regolamento dei conti avverrà senza altre perdite del loro gruppo-famiglia.
I quattro, vestiti di nero e con il viso coperto da un passamontagna scuro, giungono di sera nell'atrio condominiale del palazzo dove hanno trovato rifugio i delinquenti, e chiedono all'ex guardiano informazioni sul numero degli occupanti l'appartamento da forzare.

I quattro tentano un colpo a sorpresa ma, proprio mentre stanno per far saltare la porta con del mini esplosivo, scoprono amaramente che il loro arrivo era in un certo senso atteso. I malviventi, non appena sentono dall'esterno la voce del guardiano che aveva raggiunto i quattro sul pianerottolo per dare loro un fucile speciale, sparano verso la porta chiusa perforandola e ferendo un poliziotto, Jimenez. Il gruppo malavitoso sequestra gli sbirri nell'appartamento, uccidono Jimenez, e feriscono a una gamba Tony.
Intrappolati dai loro nemici, i poliziotti superstiti si aspettano da un momento all'altro di essere uccisi quando a un certo punto accade l' inimmaginabile: torme di creature rumorose e sanguinarie, sporche di sangue sulla bocca, assediano il palazzo cercando di entrare al suo interno per aggredire e divorare le persone rimaste.

Gli sbirri e i malviventi, sconvolti, si rifugiano di notte sul tetto ma lo spettacolo che si para ai loro occhi è allucinante: scoprono sbigottiti che Parigi è piombata nel caos.
Centinaia di persone si muovono in modo scoordinato, con lo sguardo pressoché assente, e sulle strade si notano masse informi di cadaveri. Da una televisione accesa in un appartamento di un inquilino unitosi al gruppo con un'ascia, si viene a sapere che si sta diffondendo nella metropoli un'epidemia di cannibalismo che fa resuscitare i morti contagiando anche i vivi.
Feriti e impauriti per il rischio di perdere la vita, i poliziotti e i malviventi non hanno altra scelta che unire le proprie energie per tentare di sfuggire all'imminente assedio degli zombi-cannibali. Li attendono la discesa di 15 esigui piani.
Funzionerà l'alleanza? Riusciranno i tre sbirri a sfuggire all'orda apocalittica e a regolare poi i conti in sospeso con i delinquenti capeggiati dal criminale Markudi?

I due giovani registi francesi Yannick Dahan e Benjamin Rocher, alle prime armi nel lungometraggio, stupiscono per sicurezza registica e realizzazione tecnica. Il linguaggio filmico dei colori è sempre ben intonato, con gradazioni intense, sature, dense, e contrasti ben scuri che diventano essi stessi soggetto anziché solo accompagnamento espressivo, pittorico, perché preannunciano inequivocabilmente, irrimediabilmente, l'entrata in scena di psicologie dure, malate, alienate dal ritmo crudele della vita, finché l'alba inoltrata e una via d'uscita verso l'aperto più solare del palazzo non porrà fine alla carneficina di massa cambiando i colori della scena .
Eccellente la composizione fotografica e la residua luce che la anima, entrambe di non facile realizzazione per via degli interni costantemente scuri e qua e là fatiscenti.
Per non parlare poi delle profondità di campo, mai insufficienti nelle scene chiave, sempre allungate al massimo con una messa a fuoco totale, apprezzabilissima.

Il montaggio del film è pressoché perfetto, sicuro, dà molta scorrevolezza alla narrazione grazie alla presenza di una scena d'azione in ogni ciak, anche in quelle sequenze che appaiono inizialmente lente. Grazie alle numerosissime scene d'azione girate il montaggio poi accelerato contribuisce notevolmente alla creazione del ritmo narrativo travolgente della pellicola.

Ma soprattutto il film sorprende per un gusto horror sopra le righe, originale, autentico, raro nel cinema francese. In particolare la pellicola brilla di un sale nuovo, desta dall'inizio alla fine un interesse senza pause, addirittura matematicamente esponenziale, delineando una narrazione sempre ricca di suspense e tensioni che in prossimità del finale sorprende e stupisce ancor di più, rilasciando un soluzione terminale altamente drammatica, inaspettata, una conclusione che è forse il fiore all'occhiello di questo ottimo film horror francese.

Gli unici difetti di rilievo del film stanno forse nello scarso numero degli intrecci e in una eccessiva verbosità. Gli intrecci tra l'altro sono tutti originati da situazioni interne, esageratamente claustrofobiche.

Da un punto di vista un po' più filosofico e sociologico il film appare ricco di metafore storiche ben imparentate con la vera storia francese di questi ultimi anni. Sono metafore del tipo "ad ampio raggio realistico", soprattutto per quanto riguarda l'immaginario collettivo dei francesi.
Esse infatti colgono con spirito spettacolare, cinematografico, ansie, paure, conflitti sociali, di un mondo - quello delle banlieue - tuttora sempre sul punto di esplodere violentemente, di tuonare con effetti imprevedibili capaci di far perdere del tutto il tradizionale controllo di questo territorio critico, malato, come d'altronde è già successo nel novembre del 2005.
In quell'anno fatidico per le istituzioni democratiche francesi due giovani delle banlieue, per sfuggire ad una retata della polizia, si erano rifugiati in una cabina elettrica ad alta tensione rimanendone fulminati. In pochissimo tempo da tutte le periferie, quelle socialmente più emarginate della Francia, partì una reazione di protesta violenta, distruttiva, che interessò circa duecento comuni; vennero date alle fiamme migliaia di automobili, centinaia di negozi e magazzini vennero devastati, nelle periferie si formarono numerosi campi di battaglia con da una parte poliziotti armati pronti a far fuoco, spesso sfiniti, stressati, e dall'altra gli abitanti delle periferie i cui sguardi televisivi erano sempre colmi di odio e rabbia animalesca.
Era una situazione sociale, quella francese del 2005, effettivamente molto critica: i movimenti di protesta agivano con una modalità brutale, veramente paurosa sia per le istituzioni sia per le altri classi sociali più integrate come quella piccola borghese che subì danni ingenti. Si era creata, come nel film, una situazione a tratti apocalittica, di grande estensione territoriale e culturale che ne potenziava la forza contrattuale, sia con un forte eco mediatico verso altri generi di precariato, sia richiamando anche alleanze internazionali, di altri partiti sopratutto occidentali, indubbiamente di sinistra, molto sensibili al problema, che non lesinavano aiuti concreti e riconoscimenti politici-simbolici finalizzati alla costruzione di uno stato del diritto francese più attento alla difesa delle minoranze etniche e delle piccole opposizioni.
Il film rispecchia psicologicamente, pur esprimendosi in una forma narrativa diversa, quel difficile periodo francese delle rivolte, nel senso che ci fa sentire bene la forza di quell'odio sociale, la sua drammaticità, l'astio pauroso, irrimediabile, bivalente che portava ad impugnare la pistola, nella massima indifferenza alla morte, sia i poliziotti che gli abitanti delle banlieue.

Gli zombi del film potrebbero allora essere una metafora umana di qualità rara, riferita ad una battaglia interminabile, immortale, tuttora in corso, dove i morti in precedenza negli scontri - uccisi per disprezzo o spregio dai socialmente più forti - non porterebbero nei vinti a cui appartengono a forme di rinuncia e rassegnazione ma moltiplicherebbero la loro forza per quando, in un inevitabile giorno, decidessero di risorgere come gli zombi, animati da una nuova e più potente rabbia, procurando seri danni alla Francia bene, piccolo borghese e lussuriosa governata frequentemente, in questi casi, da regimi reazionari che raggirano la democrazia e il diritto e fanno del razzismo e della xenofobia il loro punto di forza elettorale.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 29/09/2010 11.00.00

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