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Ci sono film che ci tengono sulla corda, durante i quali non si può fare a meno di immaginare cosa potrebbe succedere dopo e ce ne sono altri che invece ci coinvolgono emotivamente giocando tutto sull'introspezione e l'immedesimazione da parte dello spettatore.
Neil Jordan in questo film riesce a fondere questi due elementi con un'eleganza e maestria poco comuni, arrivando a confezionare una storia a spirale dai tempi perfetti. Una tensione raccontata in modo viscerale, la storia si dipana piano piano e lo spettatore non può che lasciarsi condurre per mano, senza porsi troppe domande ma facendosi contagiare dagli stati d'animo dei personaggi, fino ad una completa identificazione.
"La moglie del soldato" (titolo italiano che, inspiegabilmente pur se in modo stranamente felice, va a ripescare la prima versione del titolo inglese) è un film complesso e sfuggente, con temi e sottotemi che si inseguono e confondono fino a creare un equilibrio ellittico e sofisticato fra innamoramento, cordoglio, incanto e disgusto.
Un film labirintico che ci fa perdere ogni contatto con la realtà, i cui percorsi conducono ad angoli bui e vicoli ciechi: la cui narrazione, mai pesante o tediosa, sembra voler sarcasticamente frustrare ogni ragionevole aspettativa dello spettatore. Ci si ritrova profondamente coinvolti in una vicenda e nei suoi personaggi, per poi scoprire che l'intera storia ruota attorno ad altro, ma ciononostante non ci si sente traditi.
L'azione comincia in Irlanda quando il soldato inglese Jody (Forest Whitaker) viene rapito dall'IRA per essere usato come "merce di scambio" per la liberazione dei propri capi detenuti dall'esercito britannico.
La storia sembrerebbe una trasposizione del piccolo classico irlandese "Guests of a Nation" di Frank O'Connor in cui un militante dell'esercito repubblicano commette l'errore di stringere amicizia con il proprio ostaggio. Ma Jordan aggiunge qualche tocco in più al semplice confronto di orgogli nazionali (in questo caso l'hurling ed il cricket!) e con dialoghi persino spassosi ci parla della perdita dell'innocenza, tratteggia la questione razziale e ci porta a una riflessione su ciò che è nella nostra natura e che costringe uno scorpione a non essere altro che uno scorpione.
Tutto questo non è che un lungo preambolo, durante il quale il carceriere ed il carcerato si delineano come due spiriti affini, capaci di ridere insieme e animati da paure reali. Così, il terrorista Fergus (un grandissimo Stephen Rea) rimane fedele alla sua gentilezza e promette al soldato Jody che quando non ci sarà più andrà a dire alla sua donna che ha pensato a lei fino all'ultimo.
- When I was a child I thought as a child. But when I became a man I put away childish things -
La violenza irrompe nell'azione ed anche il film ne viene squarciato a metà, ritroviamo quindi Fergus negli sciatti sobborghi di Londra, ora si chiama Jimmy e cerca di sfuggire al passato, ma ha ancora in tasca la foto della moglie del soldato, ed il suo volto non è certo facile da dimenticare.
Jimmy incomincia a reinventare il passato di Jody, ad immaginare il proprio futuro, e qui signori un attimo di silenzio perché Dil... entra in scena! è un giunco elegante, né una sgualdrina, né una signora, ma una regina di periferia dalla voce roca e suadente, e per l'irlandese dall'aria indolente, pur dietro la sua maschera, è una scossa al cervello, è qualcosa che lo lascia incapace di trarre il respiro successivo.
Nel più prosaico degli ambienti (nell'ultimo posto in cui ci si aspetterebbe di fare un incontro che avrà una tale influenza sulla propria vita), sotto il bagliore freddo e fluorescente dei neon di un parrucchiere - in maniera inattesa, repentina e definitiva - a Fergus mancano le parole e non ha il coraggio di dire a Dil del suo Jody.
Non gli resta che portare avanti la finzione della sua nuova identità, restare Jimmy e seguire questa donna sottile, languida e dura, dalla bellezza imperfetta e dagli occhi a lutto, che addobbata come un albero di Natale canta "The Crying Game" e segue con le mani le spire di fumo del pub locale.
- She wants to know do you want to know what she's drinking -
Anche qui la mente va a temi noti e già esplorati (ad esempio in "Cal" di Pat O'Connor, dove un militante dell'IRA s'innamora di una donna resa vedova da un agguato al quale egli stesso ha partecipato), ma ancora una volta Neil Jordan corregge la rotta e conduce la nostra vicenda verso nuovi lidi.
Senso di colpa con screziature di masochismo, l'oggetto d'amore è una bambola triste dal corpo di efebo, gli occhi scuri, gesti sapienti e un sorriso amaro, che desidera solo d'essere amata, che si commuove se non la si prende a calci.
Tutto è annullato da un suo sguardo, lei è il centro focale di questo universo ovattato, dove ogni altro elemento si disgrega, fino a non farci cogliere col cuore ciò che sarebbe evidente agli occhi.
Nasce una storia complessa e gravata dal senso di responsabilità di Fergus, dai segreti di Dil, ed il corteggiamento fra i due viene mediato da un barista gentile che si fa osservatore, tramite e testimone dei primi palpiti (una figura secondaria ma splendida, in questo gioco infantile e vivace, che ci ricorda come la conversazione nei film a volte possa uscire dai canoni della banalità hollywoodiana).
- who knows the secrets of the human heart? -
Questa volta è la realtà a squarciare l'azione, una deflagrazione interiore che ci riporta agli occhi quanto era coperto da un sottilissimo velo. Le rivelazioni si succedono velocemente: Dil non è la ragazza che Fergus pensava che fosse e gli eventi si trovano a slittare lungo un declino scosceso quando il passato di Fergus arriva fino a Jimmy e questi viene chiamato dall'IRA a dimostrare la propria fedeltà alla causa irlandese uccidendo un giudice.
Qui termina il mio riassunto perché sarebbe troppo svilente ricondurre questa pellicola unicamente ai fatti narrati, è un film che va guardato in prima persona, mettendo in gioco le proprie emozioni, sfiorando i recessi del proprio animo.
Perché, pur con qualche tratto volutamente disturbante, "La Moglie del Soldato" riesce ad essere un affresco elegante sull'isolamento e la solitudine, una raffinata descrizione della lenta evoluzione della percezione valoriale e di un graduale mutamento d'identità, un percorso verso il superamento dei preconcetti.
La sua simmetrica e sinuosa narrazione conduce ad un ribaltamento della situazione iniziale, porta lo spettatore a immedesimarsi totalmente in Fergus e ad accettare ciò che all'inizio aveva letteralmente rigettato. Un cammino tortuoso ma privo di ipocrisia, che conduce dritti al nocciolo della propria natura e che ci fa amare Dil per quello che è: una creatura sola, tragica e senza colpe, una sposa imperfetta intagliata nel legno.
- Want to make you into something new -
"The Crying Game" è senza dubbio un film riuscito alla perfezione, elegante ed equilibrato pur nel metterci a disagio facendoci sedere su una sedia scomoda, la cui sovrapposizione di argomenti è bilanciata con rara precisione, garbo e con la giusta dose di ironia (sottile e arguta la colonna sonora che parte con "When A Man Loves A Woman" e chiude con Lyle Lovett che canta "Stand By Your Man" regalandoci un sorriso sull'angolo della bocca).
Da guardare assolutamente in lingua originale, anche per apprezzare la straordinaria interpretazione dell'esordiente Jaye Davidson nei panni di Dil, terribilmente appesantita da una voce troppo bassa nel doppiaggio italiano.
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Recensione a cura di Laura Ciranna - aggiornata al 31/01/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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