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«Non ci sono bambini "innocenti"»
Jean-Paul Sartre - L'essere e il nulla
"Ma come si può uccidere un bambino" è un horror spagnolo del 1976, è il secondo lavoro per il cinema del regista Narciso Ibáñez Serrador già autore nel 1969 di un altro interessante horror, "Gli orrori del liceo femminile". Lo sceneggiatore del film è dello stesso regista che si è basato sul libro "El juego de los niños" di Juan José Plans.
Per il ruolo del protagonista il regista pensò ad Anthony Hopkins, ma fu costretto a ripiegare sull'inglese Lewis Fiander, della cui recitazione non rimase però soddisfatto, fu invece contento della protagonista femminile Prunella Ransome.
Tom ed Evelyn sono una coppia inglese sposata, lei è incinta del terzo figlio. Durante una vacanza in Spagna, decidono di visitare la sperduta isola di Almanzora, situata a circa quattro ore di navigazione della costa.
Giunti sull'isola i due trovano solo dei bambini e suppongono che gli adulti siano tutti radunati dall'altra parte dell'isola per una festa popolare. Dopo aver girovagato sotto un sole cocente per delle ore in un'autentica cittadina fantasma, cominciano a scorgere delle stranezze. I due vedono una bambina bastonare a morte un povero vecchio. Tom la insegue e scorge dei bambini giocare col cadavere dell'anziano appena ucciso.
Nell'albergo in cui si sono rifugiati, i due coniugi incontrano un uomo che spiega loro che i bambini sono tutti preda di una follia collettiva che li spinge ad uccidere gli adulti. L'uomo spiega loro come si siano tutti trovati impotenti in quanto non è possibile uccidere un bambino. Finito il suo resoconto l'uomo si incammina sconsolato, conscio della sua fine imminente, insieme alla figlia giunta a chiamarlo a casa.
I due protagonisti decidono così di fuggire ma i bambini cercano di impedirglielo, finiscono così dall'altra parte dell'isola a bordo di una jeep. Qui ci sono alcuni bambini ancora sani ma l'arrivo degli altri bambini contagia in qualche modo anche questi.
I due sono nuovamente costretti alla fuga ma finiranno per asserragliarsi in una caserma disabitata. Qui, mentre un bambino sta per sparare ad Evelyn, Tom imbraccia il fucile e lo uccide. I bambini, forse intimoriti per la prima volta, si ritirano. Il bambino nella pancia di Evelyn però è stato anch'esso contagiato, il dimenarsi di questo nel grembo materno porta alla morte della donna.
Al mattino Tom tenta la fuga ma giunto alla barchetta con cui era arrivato è accerchiato dai bambini che lo assalgono mentre lui si difende a suon di bastonate. Giunge quindi una barca della polizia che dopo vari avvertimenti spara colpendo a morte Tom. I poliziotti, ignari di tutto, vanno così incontro ad una tragica fine mentre un gruppetto di bambini prende la barca e si mette in viaggio per contagiare tutti i bambini del continente.
Prima che il film vero e proprio cominci, ad accompagnare i titoli di testa, c'è una lunga serie di filmati tratti dalle varie guerre del XX secolo, per ogni guerra compare la cifra dei morti e quella dei relativi bambini deceduti.
Seconda Guerra Mondiale, 14 milioni di bambini morti; Guerra indo-pakistana, 1 milione e duecentomila bambini tra le vittime; Guerra di Corea, 550.000 i bambini deceduti; Guerra del Vietnam, un milione e ottocentomila vittime tra i bambini; Guerra del Biafra, 390.000 i bambini morti.
Le immagini che si vedono sono più agghiaccianti di qualsiasi film horror e, proprio per la loro tragica realtà, non possono non far storcere il naso allo spettatore. Ecco che la domanda che compare nel titolo ha un abbozzo di risposta: L'uccisione di bambini nei film è un tabù, pare però non esserlo nella realtà, ennesima ipocrisia della società moderna.
Ad un certo punto del film, i due protagonisti discutono de "La dolce vita" di Fellini, e precisamente del celebre episodio del professor Steiner che uccide i figli prima di suicidarsi. É interessante ricordare quante polemiche suscitò quell'episodio che nel film nemmeno si vede. Ad esempio Calvino, che pure apprezzò il film, vide proprio in quell'episodio una pecca, lo definì assurdo, totalmente inverosimile e frutto della calcolata freddezza degli sceneggiatori.
Il film di Serrador per certi versi ricorda "Gli Uccelli" di Hitchcock, regista molto amato dallo spagnolo. Nel film del regista inglese gli uccelli, esseri assolutamente innocui, si ribellano tutti insieme all'uomo creando prima incredulità e poi il panico. Qui i bambini, anch'essi innocui e indifesi, si scatenano contro gli adulti. Gli adulti sono quindi spiazzati perché non possono combattere contro dei bambini indifesi che mai nella storia dell'uomo hanno causato problemi. L'uomo è abituato a crearsi dei nemici della propria specie, per differenze etniche, religiose o politiche, ma i bambini sono un qualcosa che qualunque popolo tutela, quanto meno per puro istinto di autoconservazione. Una società come quella odierna, che ha come nucleo di base la famiglia, si ritrova a vacillare dinanzi ad una tale ribellione interna. Per assurdo gli indifesi diventano proprio quegli adulti che tutto potevano sui bambini, risultano ora incapaci di reagire all'insensata furia omicida della propria genia.
Il finale, con i bambini che partono alla conquista del continente dicendo che ci sono tanti bambini come loro, può avere una lettura di tipo politico. Una sorta di "internazionalismo infantile" che ricorda molto l'incitamento marxista: "Proletari di tutto il mondo unitevi".
La riscossa dei bambini può quindi essere intesa come metafora della riscossa di tutte le masse oppresse del mondo. Per creare un mondo nuovo bisogna creare un uomo nuovo, i bambini infatti materialmente eliminano tutti gli uomini vecchi.
Oltre ai vari rimandi e chiavi di lettura, il film può essere visto anche come un semplice horror. Serrador è bravissimo a creare una tensione costante senza utilizzare spazi angusti e bui o effetti splatter con litri di sangue. Un'assolata e tranquilla cittadina di mare appare terrorizzante, gli stessi bambini nella loro normalità mettono i brividi, anche quanto uccidono lo fanno con disarmante naturalezza. Il regista riesce così ad angosciare lo spettatore anche senza mostrare scene cruente, come quando il padre segue la figlioletta e si odono solo delle urla ma nulla si vede.
Nonostante abbia lavorato principalmente per la televisione spagnola, le due incursioni nel cinema di Serrador sono senz'altro degne di nota. "Ma come si può uccidere un bambino" è considerato il suo lavoro migliore, quello per cui sarà ricordato. Un film che dopo alcuni decenni mantiene invariato il suo fascino, il suo essere invecchiato benissimo fa apparire inutile l'annunciato remake. Un film affascinante, da riscoprire.
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Recensione a cura di Compagneros - aggiornata al 14/09/2012 14.52.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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