Recensione millennium - uomini che odiano le donne regia di David Fincher USA 2011
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Recensione millennium - uomini che odiano le donne (2011)

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Miglior montaggio (Kirk Baxter, Angus Wall)
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Miglior montaggio (Kirk Baxter, Angus Wall)
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locandina del film MILLENNIUM - UOMINI CHE ODIANO LE DONNE

Immagine tratta dal film MILLENNIUM - UOMINI CHE ODIANO LE DONNE

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Immagine tratta dal film MILLENNIUM - UOMINI CHE ODIANO LE DONNE
 

Mikael Blomkvist (Daniel Craig) è un giornalista, redattore in una rivista dedita a questioni finanziarie. E' un uomo moralmente tutto di un pezzo, ed ha rilevante influenza nel mondo mediatico giornalistico.
Un giorno perde il processo che lo vede imputato per denigrazione del potente uomo d'affari Wennerström. In attesa di studiare nuove battaglie legali decide di dimettersi momentaneamente dalla rivista "Millennium", di cui è anche direttore, rinunciando del tutto a scrivere.
Improvvisamente a Mikael, divenuto famoso per il suo coraggio nella denuncia del malaffare finanziario, viene proposto di interessarsi a un caso legale passato in archivio, vecchio di circa quarant'anni. Si tratta di indagare privatamente sulla inspiegabile scomparsa di Harriet Vanger, nipote prediletta dell'ottantenne Henrik Vanger (Christopher Plummer), famoso magnate dell'industria svedese che era in attività nei decenni precedenti.
L'investigazione è molto delicata perché potrebbe coinvolgere alcuni dei parenti più stretti del magnate, ridestando odi e conflitti profondi forse assopiti dal tempo.

Lisbeth Salander (Rooney Mara) è una ragazza aggressiva, disadattata, anoressica, nervosa, trasgressiva, esperta nella ricerca di notizie su Internet. La sua passione per l'informatica le ha consentito di sviluppare delle capacità di hacker. All'occorrenza, su richiesta, si occupa di ricerche segrete forzando l'ingresso nelle protezioni più sofisticate dei programmi dei computer, e riuscendo quindi a trovare informazioni normalmente inaccessibili, che riguardano persone o aziende.
Della sua vita passata, tra numerosi e fitti misteri che il film non chiarisce, si sa che la ragazza ha aggredito il padre rendendolo invalido, dopodiché è stata giudicata psicolabile e affidata a un tutore legale che le amministra il suo patrimonio, compreso il conto in banca.
Quando a Lisbeth, per gravi problemi di salute del suo primo tutore, viene assegnato come sostituto l'avvocato Nils Bjurman (Yorick van Vageningen), la ragazza avrà l'amara sorpresa di trovarsi di fronte a un maniaco sessuale, a un pervertito sadico che in cambio dei soldi che la ragazza gli chiede per vivere si prende la libertà di violentarla brutalmente. Lisbeth, seppur disgustata, inizialmente sta al gioco per poi, in un secondo tempo, cercare di agire di sorpresa, passare al contrattacco, provare a rovesciare la situazione e cercare di ricattare Nils con le conoscenze video-informatiche di cui dispone, grazie alle quali ha registrato le scene dell'aggressione sessuale. Ciò le permette di ottenere più soldi e una maggiore libertà di movimento.

Il redattore Mikael e la ragazza Lisbeth un giorno finiscono per incontrarsi e decidono di investigare insieme sulla scomparsa di Harriet Vanger, cosa che comporterà una vera e propria caccia ai segreti più profondi della famiglia Vanger. Riusciranno i due a mettere in luce la realtà che non è emersa dalle precedenti indagini e a soddisfare quindi le domande che ancora si fa l'ottantenne Henrik Vanger sulla scomparsa della nipote?

Il film fa parte di un progetto molto ambizioso che prevede una serie di tre pellicole ispirate ai racconti di "Millenium", scritto da Stieg Larsson.
"Millenium - Uomini che odiano le donne" essendo il primo film della serie ha uno scioglimento della trama solo per la parte che riguarda l'esito dell'investigazione messa in atto dalla coppia Mikael e Lisbeth. Per il resto la coppia protagonista, con tutta la propria complessità anche relazionale intravista all'interno della loro azione professionale espressa nel racconto, si avvia ad essere una inesplicabile variabile per i due film successivi. Le loro avventure proseguiranno con i seguenti film, ancora da girare: "La ragazza che giocava con il fuoco" e "La regina dei castelli di carta".
Il regista David Fincher ("Seven", "Zodiac") raggiunge con questo film un alto livello nella qualità stilistica, a lungo attesa negli ambienti critici cinematografici, quelli che notoriamente intendono il cinema come uno strumento artistico-culturale vincolato a etiche precise, scelte tra un vasto campionario filosofico sempre in stretta relazione con il sociale e le istituzioni. Un ambiente critico quindi che vuole riconoscere la presenza nel film di dettagli morali e amorali, seppur contraddittori e labili, messi in gioco lungo scelte chiare, di solito estraibili con una certa facilità, principalmente dai fatti storici.
Forse per la prima volta nei suoi film Fincher ricerca nelle cose narrate un senso ben formulabile, immediatamente comprensibile, anziché forti ma confuse emozioni che seppur ricche di valenze artistiche dalle caratteristiche originali appaiono nei suoi film anteriori lontane dal vero più percepibile dai sensi e dalla esperienza artistica di ciascuno. Inoltre le sue pellicole precedenti si presentavano solo a sprazzi in forme efficacemente spettacolari.

In "Millenium - Uomini che odiano le donne" si avverte un diverso impegno da parte di Fincher, che consiste nella ricerca di una maggiore unità di significato, del tutto raziocinante, qualcosa che comprende anche la messa in atto di una configurazione precisa, di una formula di coerenza dello sfondo storico in cui si svolge la narrazione, qualcosa di solito trascurato dai registi che in questo caso finisce, grazie alla genialità di Fincher, per sfociare, assai brillantemente, in un risultato emotivo di insieme accresciuto, originale, proprio dell'arte cinematografica superiore, appartenente per specificità alla settima arte perché di carattere esclusivamente visivo, pur essendo la pellicola tratta a grandi linee da un libro.
"Millenium - Uomini che odiano le donne" è una pellicola perciò che appare lontana dalle dissociazioni stilistiche dei film precedenti di Fincher, dei quali ricordiamo per dovere di cronaca come in essi forma e contenuti fossero ancora troppo sperimentali, in un certo senso visivamente complicati per l'eccessiva vastità tematica o per l'ossessiva ricerca di condizioni emotive troppo ingrandite, surreali, tanto da risultare poco leggibili, mal tollerata dal cinema stesso perché poco riconducibile a un terreno visivo strettamente cinematico.
I personaggi precedenti dei suoi film erano caratterizzati da un'enfasi nevrotica, a cui Fincher voleva dare a tutti i costi dei connotati artistici, che per certi aspetti, per la sua abilità nel riprendere gli sguardi alieni suggestionando, poteva funzionare e confondere provvisoriamente i confini tra arte e spettacolo. Ciò soprattutto per quanto riguarda quei numerosi spunti analitici che portano la sua inconfondibile firma capaci di svelare l'abisso delle passioni umane più subdole, quelle intrecciate con una normalità franosa, ingannatrice e in buona parte invisibile.
In questo film l'escalation della drammaticità è ben calcolata, efficace, priva di pause compromettenti il ritmo della crescita, particolarmente concentrata su due fili narrativi che dapprima appaiono paralleli per poi congiungersi dando vita a una somma di drammaticità che ne eleva fortemente la tensione tanto da imprimerle una spinta così forte da farla uscire dal binario della linearità crescente a favore di un aumento dell'apprensione di tipo esponenziale; qualcosa cioè che dà esplosività a quelle emozioni in parte ancora prigioniere del ritmo più lineare.

Grazie alla costruzione di un meccanismo letterario che fa ben interagire le principali due strutture narrative con cui si muove il film, la costruzione del finale può permettersi il lusso di preparare due insiemi scenici distinti, in cui sciolta con il primo insieme di immagini la drammaticità accumulata che scaturiva dall'intralcio all'azione investigativa di Mikael e Lisbeth, lo spettatore può ritornare, brevemente, con il secondo insieme verso il piacere della pura attesa della soluzione dell'enigma, al suo svelamento essenziale ma non del tutto privo di qualche spiazzamento ben congeniato rispetto alle attese anche più logiche.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 09/02/2012 15.42.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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