Voto Visitatori: | 7,01 / 10 (170 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 7,00 / 10 | ||
Daniele Luchetti, da sempre attento alla vita sociale del nostro paese, dopo una serie di film contemporanei come "Il portaborse" e "La scuola", nei quali gettava il suo sguardo impietoso sul nostro malcostume, e dopo una incursione storica nella Resistenza con "I piccoli maestri", si occupa stavolta di un decennio assai significativo per la crescita spirituale italiana, gli anni Sessanta e Settanta, visti attraverso lo sguardo e le esperienze di un ragazzo che li attraversa da adolescente e da giovane inquieto. Il titolo è ispirato ad una caustica canzone del compianto cantautore Rino Gaetano ma, come si sottolinea nei titoli di coda, il film ha poco a che fare con l'intreccio del brano ed è piuttosto ad "Il fasciocomunista"di Antonio Pennacchi che attinge Luchetti per la sua pellicola.
Il protagonista assoluto del film è Accio cioè Antonio Benassi, terzogenito di una famiglia unita ma poco affettuosa nei suoi confronti, di una religiosità severa e di rigidi costumi. Il ragazzo passa attraverso esperienze estreme e sempre animato da un'ingenua volontà di fare il bene ed aiutare gli ultimi, a cui si sente vicino. Il Bene però poco sostenuto da una capacità autocritica e sorretto invece da una scarsa flessibilità e da un'altrettanto rigida mentalità finisce inevitabilmente per scontrarsi con le regole, le idee degli altri e per sfociare nel Male. Accio viene considerato un ragazzo cattivo (da qui il suo soprannome offensivo), poco giudizioso, emarginato, ingannato persino dal suo padre spirituale - un venditore ambulante interpretato con dignità da Luca Zingaretti, ormai deciso a non essere solo il commissario Montalbano per l'immaginario collettivo - sempre picchiato e sottovalutato dalla famiglia, da una madre che non lo stima né lo considera, da un padre assente.
Accio adolescente (grande il suo giovane interprete) aspira alla santità ma si rende ben presto conto di non essere fatto per una vita ascetica, continua però a desiderare l'azione, il gesto simbolico, tentativo estremo di essere qualcosa per qualcuno, tentativo inutile perché pochi nutrono sentimenti franchi e sinceri verso di lui che inconsciamente finisce con il convincersi di essere quello sbagliato.
Si contrappone ad Accio il suo fratello maggiore, Manrico, quello bello, destinato ad essere vincente, sempre coccolato e vezzeggiato da tutti, sia in famiglia che con le donne.
Il film scorre leggero per tutta la sua durata sostenuto amabilmente dai suoi interpreti, dal protagonista Elio Germano, sicuramente destinato a diventare un attore di punta in futuro, a Riccardo Scamarcio, sempre pronto a mostrare il suo sguardo imbronciato e il ricciolo ribelle, ad Angela Finocchiaro, caratterista drammatica del cinema del Duemila. Buona la ricostruzione dell'epoca dall'abbigliamento agli oggetti (la serie tv "Raccontami" ha fatto scuola anche nel cinema) alla colonna sonora (il regista però fa anche un salto negli anni Ottanta con "Amore disperato" di Nada, canzone del 1987).
Le lotte di classe, l'università occupata, il problema dell'assegnazione delle case popolari, la coscienza politica del tempo vengono trattate in maniera puntuale con una sottile ironia che lascia alla storia un tono di commedia pur occupandosi di situazioni drammatiche; del resto, così è la vita di ognuno di noi...
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 18/04/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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