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Commedia tragica uscita quando in gran parte della penisola gli echi del conflitto non si erano ancora spenti, "Napoli milionaria" ha dato ad Eduardo De Filippo un grande successo nazionale ed oltre i confini, anche se il grande commediografo napoletano non ha voluto in seguito rappresentarla tanto spesso.
La trasposizione cinematografica però non è del tutto fedele al testo teatrale, ma piuttosto si presenta quasi come un'integrazione che costruisce l'antefatto e il finale che mancavano alla commedia conclusa con un allegorico "Ha dda passa' 'a nuttata".
Eduardo introduce nella vicenda un personaggio inesistente nell'originale, interpretato dall'amico Totò e cioè Pasquale, un povero cristo che si arrabatta continuamente per tirare a campare, ed è a lui che Eduardo cede una delle scene chiave dell'intera storia: quella cioè del finto morto che conclude il primo atto.
La storia si divide in tre quadri principali: prologo (anteguerra arricchito dal duetto Totò-Eduardo sulle cause dello scoppio di un conflitto), guerra e dopoguerra a sua volta divisa in due parti distinte. Eduardo si sofferma più che sui personaggi originari della sua commedia sul vicolo e sui suoi abitanti intendendo dare una visione d'insieme, nel contempo però i suoi personaggi non finiscono penalizzati da questa rilettura poiché un occhio attento è in grado di approfondire certe loro caratteristiche che altrimenti sarebbero sfuggite allo spettatore (donna Adelaide, interpretata dalla sorella Titina nel ruolo di una affittacamere un po' tirchia, la figlia "perduta", il figlio Amedeo vittima di se stesso e delle sue cattive compagnie). La protagonista principale Leda Gloria (futura moglie di Peppone nel ciclo di don Camillo) pur valida non riesce a dare al suo personaggio il pathos della sua corrispettiva Regina Bianchi interprete di una felice trasposizione televisiva del 1962, ma è proprio nei personaggi minori la forza del film che attraverso questi minuscoli bozzetti rendono il continuo passaggio da commedia a tragedia.
Risulta vincente il personaggio di Pasquale Miele, il "cavallo in affitto" che per vivere nel corso degli anni si inventa i mestieri più disparati (il finto morto a copertura delle merci a borsa nera, il reo confesso a noleggio e persino l'arringatore di folle ingaggiato da un partito nella neonata Repubblica). Pasquale con i suoi mille mestieri e la sua fame atavica è il moderno Pulcinella, maschera tragica degna rappresentante dei mali eterni di Napoli, sempre denunciati e purtroppo eternamente mal risolti.
Pasquale è anche una pratica dimostrazione di come i napoletani accettino le varie situazioni cercando di trovare un rimedio per non subire troppo: testimonianza il modo di affrontare il passaggio ai vari regimi, dalle disposizioni dei fascisti al breve dominio tedesco, dalla presenza degli anglo-americani e infine alla Repubblica. Il vero napoletano sembra essere Pasquale con la sua rassegnata arte di arrangiarsi piuttosto che Gennaro Iovine, il protagonista della vicenda, troppo spesso testimone passivo e capro espiatorio suo malgrado.
La prima parte del film risulta però sicuramente più centrata, mentre la seconda nella quale il regista intende dare una conclusione alle vicende della famiglia Iovine permeata di buonismo scivola più superficialmente, è più affrettata nella smania di regalare agli spettatori un apparente lieto fine pur mantenendo il proposito di film denuncia.
Nel complesso la prima prova registica cinematografica di Eduardo può dirsi felice regalando a noi spettatori posteri un valido documento della storia recente e un pezzo della bravura recitativa partenopea.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 20/02/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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