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Voto Recensore: | 8,00 / 10 | ||
E' sempre stato a debita distanza dalle luci della ribalta Claudio Caligari. era un outsider del cinema italiano. Condizione non certo voluta, ma in un mondo dove il compromesso è condizione tristemente necessaria per lavorare, il regista originario di Arona non ci è mai sceso ed il suo minimo contributo, a livello quantitativo, di film si limita a tre lavori: "Amore tossico", "L'odore della notte" e appunto "Non essere cattivo" in poco più di trent'anni. Un film ogni 10 anni. Tre film e altrettanti, forse anche di più, concepiti e mai partoriti, ma la voglia di indipendenza a Caligari non ha mai giovato.
E per una sorta di perversa coerenza anche il suo ultimo lavoro postumo è stato relegato al Fuori concorso dell'ultima Mostra del cinema di Venezia. Un destino di outsider, tipico dei suoi personaggi che vivono ai margini della nostra società. Nessuno fra stampa e pubblico nasconderà l'amarezza a posteriori di aver relegato il suo ultimo film non in competizione. Sarebbe stato certamente un grande macigno per la giuria trovarsi di fronte ad un lavoro che avrebbe scombinato i giudizi e certamente non sarebbe rimasto a mani vuote.
Lunedì 7 settembre Ore 11.45, proiezione in Sala Grande per gli accreditati del film "Non essere cattivo". Buio in sala. All'apparire nei titoli di testa del nome di Claudio Caligari dalla sala partono spontanei gli applausi convinti del pubblico che la gremiva. Il film non era ancora iniziato, ma Caligari riceveva in maniera postuma l'ennesimo attestato di rispetto di quel pubblico che lo amava e che aveva amato quelle uniche due pellicole precedenti. Senza ipocrisia.
1995, Ostia. Vittorio e Cesare hanno poco più di vent'anni e non sono solo amici da sempre: sono "fratelli di vita". Una vita di eccessi: notti in discoteca, macchine potenti, alcool, droghe sintetiche e spaccio di cocaina. Vivono in simbiosi ma hanno anime diverse, entrambi alla ricerca di una loro affermazione.
Fin dalla sequenza iniziale Non essere cattivo vuole riprendere il legame con "Amore tossico". Cesare e Vittorio si trovano in quello stesso lungomare di Ostia, teatro dell'inizio delle disavventure di un gruppo di tossicodipendenti, con annesso lamentarsi della scarsità di denaro e la meraviglia che, quel poco rimediato, è stato utilizzato per comprare un gelato.
Ambientato oltre dieci anni dopo gli avvenimenti di quella prima folgorante pellicola, l'eroina é ancora visibile nella sua eredità tragica, distruttrice di un'intera generazione di giovani. Siringhe lasciate pericolosamente all'aperto, vecchie baracche di mare usate come ritrovi di tossici dove spararsi in vena le dosi rimediate. E soprattutto il lascito tragico dell'AIDS che grava sulla famiglia di Cesare (stesso nome del protagonista di "Amore tossico"), con una sorella tossicodipendente morta a causa della malattia, fatalmente trasmessa alla nipote di pochi anni (alla quale Cesare è attaccatissimo) e affidata in custodia a sua madre.
Il paesaggio di Ostia è cambiato nel corso degli anni, ma la disperazione è rimasta la medesima. Le droghe si sono evolute. L'eroina in vena è roba per tossici di vecchia generazione. La cocaina, roba per ricchi del decennio precedente, è diventata economicamente più abbordabile. Soprattutto le droghe sintetiche, pasticche con nomi ingenui per non dire infantili hanno preso il loro posto.
Cesare e Vittorio hanno un legame di amicizia fortissimo, pressoché fraterno, nato, cresciuto e consolidato nel corso degli anni. Il loro quotidiano è sbarcare il lunario attraverso una criminalità di basso cabotaggio fatta di truffe, furti, ricettazioni e spaccio di droga, della quale fanno ampio uso ed abuso. Specialmente Cesare, dei due sicuramente il più fragile dal punto di vista emotivo.
La droga rimane il collante principale tra "Non essere cattivo" e "Amore tossico". Mezzo di sussistenza per rimediare soldi facili e andare avanti e mezzo per evadere da una realtà opprimente, dove le tracce di Tangentopoli hanno lasciato segni visibili di cantieri edilizi frutto di speculazione e unica via di uscita apparente per trovare un lavoro.
Caligari formalmente muta lo sfondo di Ostia perché sono passati oltre 10 anni dalle vicende di "Amore tossico", ma le dinamiche sono rimaste sostanzialmente le stesse. Fin dall'inizio Cesare e Vittorio sono scacciati dai buttafuori di una discoteca perché non vestiti adeguatamente in giacca e cravatta. La condizione di esclusi ed emarginati viene decisa anche da questi piccoli particolari, a volte insignificanti. Sono costretti a vivacchiare con i loro amici, novelli accattoni, fra bar anonimi sul lungomare perché solo quello si possono permettere.
Ostia è una prigione a cielo aperto che impedisce qualsiasi via di fuga e il solo pensiero di cambiare aria viene immediatamente represso a favore di un circolo vizioso che si ripeterà in eterno.
La riprova di questo circolo vizioso è proprio il tentativo di cambiare vita, darsi una regolata, soprattutto per Vittorio vittima di un tragicomico trip da droga nella parte centrale del film, dove decide dare un taglio netto e di mettere su famiglia e trovare un lavoro, seguito a ruota, ma non convinto del tutto, da Cesare che trova un rustico diroccato e decide di stabilirvisi insieme alla sua ragazza.
Tuttavia entrambi rimangono vittime di quel sogno di vita piccolo borghese come la Magnani di "Mamma Roma". Il denaro che non basta mai, un lavoro al nero e malpagato o una piccola attività in proprio che non offre sufficienti garanzie per uno straccio di futuro. In pratica una condanna non scritta specialmente per Cesare, costretto suo malgrado a riunirsi alla vecchia compagnia di amici, a bazzicare di nuovo la piccola criminalità per fare più soldi in fretta ma ricadendo ancora una volta nel baratro della droga.
A parte una piccola coda nel finale, "Non essere cattivo" non mostra cedimenti di sorta, non ci sono pietismi e i personaggi del film rifuggono nella maniera più assoluta derive mono o bidimensionali. Caligari quei luoghi e quei personaggi li conosce bene e ci fa partecipi del loro percorso emotivo, delle loro avventure trucicomiche (come le definiva lo stesso regista). In un contesto del genere infatti non mancano nemmeno momenti di comicità pura come la rapina al centro estetico con rocambolesca fuga a bordo di una macchina che non vuole saperne di partire, costringendo la scalcinata combriccola ad una partenza a spinta. E non mancano momenti struggenti, emotivamente fortissimi come il monologo della madre di Cesare quando informa lo stesso della morte della nipote, probabilmente la sequenza migliore di tutto il film.
Se c'è una differenza con "Amore tossico" è certamente nella scelta dei due attori protagonisti, che sono professionisti. Marinelli sembra quasi irriconoscibile dal ruolo quasi antitetico del misurato Guido di "Tutti i santi giorni" di Paolo Virzì. Nel film di Caligari esprime una fisicità fuori dal comune, un carattere borderline che esplora una gamma emotiva di sentimenti vasta e variegata che ne fanno certamente la migliore interpretazione mai fatta nella sua, per ora, breve carriera e che poteva arricchire, nel caso di film in concorso, l'ampio palmares di ottime interpretazioni maschili viste alla Mostra di Venezia.
Ma da non sottovalutare nemmeno la prova di Alessandro Borghi nella parte di Vittorio, contraltare dello stesso Cesare in un ruolo più equilibrato proprio perché è il personaggio di Vittorio stesso a cercar di riportare il suo amico con i piedi per terra.
Ore 13.30 circa. La proiezione in Sala Grande finisce. Gli applausi sui titoli di coda sono unanimi e molto più convinti di quelli iniziali. Non sono l'omaggio ad un regista morto prematuramente. Forse anche per quello, ma al contrario delle alte sfere del cinema italiano al quale Caligari non si era mai piegato, il pubblico lo aveva già conquistato a suo tempo con solo due film. Gli applausi del pubblico erano soprattutto per l'ottimo lavoro che è passato sullo schermo. Purtroppo per lui e per coloro lo apprezzavano sarà l'ultimo.
"Cesare, nun guardà troppo er mare, chè te vengono i pensieri..."
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Recensione a cura di The Gaunt - aggiornata al 23/09/2015 16.14.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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