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Uscito in sordina nel 2006 in poche sale cinematografiche, a causa dei soliti italianissimi problemi di distribuzione, dopo essere stato selezionato in diversi Festival internazionali fra i più attenti ai film sperimentali e di ricerca(Rotterdam, San Francisco, Annecy, ecc.), e dopo essere stato segnalato dai critici come una delle opere prime italiane più interessanti degli ultimi anni, "Onde" è il film d'esordio del giovane regista Francesco Fei.
Fiorentino, classe 1967, laureato in storia del cinema, Fei è conosciuto principalmente in ambito pubblicitario per essere l'autore di numerosi videoclip di alcuni tra i più apprezzati artisti canori italiani.
Prodotto in completa autonomia, al di fuori dei vincolanti contributi statali, grazie allo sforzo economico di alcune piccole società e dello stesso autore, il film è da ammirare perchè dimostra che può esistere un altro modo di fare cinema, senza essere costretti ad abiurare alle proprie idee e ai propri convincimenti; anche se un film del genere, un film che non invoglia adolescenti ad allucchettare lampioni, difficilmente oggi in Italia può contare su incassi remunerativi e competitivi, e difficilmente trova qualcuno disposto a rischiare per distribuirlo.
Fei c'è riuscito, con tanta fatica, perchè ha trovato al di fuori dei normali circuiti produttivi qualcuno che ha creduto in lui e alle sue straordinarie conoscenze del linguaggio cinematografico.
"Onde" è un film antispettacolare e lontano dal filone sentimental- adolescenziale che attualmente sta imperversando sui nostri schermi, anche se parla di giovani e racconta d'amore.
I giovani sono però due "diversi" e l'amore è problematico, timido, fragile, dubbioso e finirà col travolgere le loro insicurezze.
I due giovani sono Luca (Ignazio Oliva) e Francesca (Anita Caprioli): Luca è un ragazzo non vedente, un musicista sperimentale che ha perso la vista da bambino, ma che "vede" attraverso la sua musica, attraverso i rumori della sua città, che sente intorno a sè; Francesca è giovane e carina, ma ha una grossa voglia violacea sulla guancia, che la condiziona nella vita e nel carattere, rendendola sfuggente agli sguardi degli altri e convinta che nessuno possa interessarsi a lei.
Il film è la storia del loro incontro, del loro rincorrersi, del loro innamoramento, della difficoltà di vivere compiutamente il loro amore, della fine di ciò che poteva essere e non è stato.
Le onde sono i timori che agitano l'animo di Francesca, ma sono anche le vibrazioni che sente Luca e che lo guidano attraverso le tortuose strade della sua città, Genova.
Ed è proprio Genova la protagonista aggiunta del film, questa città così mutevole eppure così immobile, Genova che ci viene mostrata attraverso scorci e panorami assolutamente inediti, Genova che vive e pulsa in un tutt'uno nei suoi carrugi, nei cunicoli della funicolare, nei tunnel che attraversano le strade, nei grandi spazi dei suoi centri commerciali, nei piazzali dell'aeroporto.
E poi c'è l'acquario sul porto, e la collina, sormontata dalle antenne ripetitrici, dalla quale si gode il paesaggio, non convenzionale, della città e sulla quale si "sentono le radiazioni".
Infine c'è il mare, che non si vede quasi mai, e la sua spiaggia, bianchissima, resa candita dagli scarichi industriali, con vista sui grandi e alti palazzoni e le ciminiere che fumano contro il cielo azzurro che li sovrasta.
Genova con i suoi suoni, i suoi silenzi, i suoi rumori e la sua gente; la città che fa da sfondo alla storia tormentata, difficile, ondivaga di un amore.
Un amore che vive nell'inadeguatezza e nell'incompiutezza, che si esplicita in due solitudini che si cercano e si rincorrono, si perdono e si ritrovano, in un fluttuare emozionale e in un susseguirsi di fughe e di ritorni, che minano il loro rapporto e li ricacciano nel limbo delle loro insicurezze.
Ed è proprio a Genova,di fronte ad una delle grandi vasche dell'acquario che Luca e Francesca si incontrano per la prima volta.
Luca c'era andato per ascoltarne i suoni, Francesca in visita ad una sua amica che vi lavora. Poche parole scambiate e condizionate dalla insicurezza bastano a Francesca per rendersi conto della cecità di Luca e addolcire le sue spigolosità. Comincia così a segure le tracce di quello strano ragazzo, che tanto l'affascina con il suo modo di essere gentile e delicato e che la intenerisce con quell'aria indifesa che la cecità accentua maggiormente.
Cecità che lo limita, ma che a lei dà sicurezza, perchè il fatto di sapere che Luca non può vederla le fa dimenticare il suo handicap, mentale più che fisico, e le evita di fare i conti con le sue paure giudicanti.
Quando Luca va a trovarla, poco tempo dopo, all'aeroporto, dove lei lavora saltuariamente distribuendo volantini pubblicitari, nascondendo la voglia sotto uno spesso strato di cerone, Francesca comincia a schiudersi al mondo di Luca, fatto di silenzi e di ombre, di buio perenne e di squarci di sonorità, e a dare concretezza ad un embrione di sentimento appena accennato, alla voglia di aprirsi alla libertà di mostrare ciò che di più segreto nasconde in sè, di rompere il guscio dentro cui ha rinchiuso il suo mondo e le sue paure.
"Posso toccarti, voglio sentirti" le chiede un giorno Luca quando sono in cima alla collina, in una delle scene più belle e poetiche del film, ma quando il tocco delle sue mani si trasforma quasi in carezza e arrivano a sfiorare la "voglia", Francesca si irrigidisce e bruscamente lo allontana da sè.
Comincia però a frequentare quel ragazzo, capace di "guardala" dentro e di "sentire" i suoi pensieri, e la sua strana casa sulla collina, una grande casa coi muri scrostati ma piena di luce e di calore, dove Luca si muove con sicurezza e dove compone la sua musica eccentrica e raffinata, elaborando i suoni e i rumori cha capta intorno a sè e le vibrazioni delle onde elettromagnetiche dei ripetitori sulla collina che si propagano nell'aria.
Una casa in cui Francesca comincia a sentirsi al sicuro e dove rifugiarsi per sottrarsi agli altri e ai loro sguardi giudicanti. Il ragazzo, che ha accettato serenamente la sua cecità, o quantomeno ci convive, la rassicura e la rasserena, riuscendo ad instaurare un rapporto di delicata intimità tra di loro; rapporto che si fa via via sempre più intenso fino a trsformarsi in amore. Fino al giorno in cui qualcuno si intromette nelle loro vite.
Un mattino, mentre sono a letto teneramente abbracciati dopo una notte d'amore, la visita di Alex, responsabile di un programma televisivo, che si dice interessato alla musica di Luca, la precipita in uno stato di profonda ansietà. Il pensiero che l'uomo possa parlare a Luca del suo difetto fisico e rivelargli ciò che caparbiamente gli ha tenuto nascosto, diviene insostenibile e tutte le paure, che aveva faticosamente rimosso, tornano ad prepotentemente ad agitare la sua psiche.
Quando Alex si allontana, Francesca è talmente turbata che si ritrae all'abbraccio di Luca e decide di sparire dalla sua vita.
Il desiderio di scappare per rifugiarsi nuovamente nel suo guscio si fa pressante e le fa decidere di accettare il consiglio di Marina, la sua amica, di imbarcarsi per lavoro su una nave da crociera.
Ma durante la lontananza capisce di non potere più fare a meno dell'amore di Luca, della sua tenerezza, della sua sensibilità e appena sbarcata prova a tornare da lui.
Ma il nuovo incontro si rivela fallimentare, anche perchè Luca, nel frattempo, ha deciso di accettare la proposta di Alex, di lavorare per lui. Il litigio che ne segue li allontana di nuovo, e stavolta per sempre.
Quando Francesca ritorna trova la casa sulla collina abbandonata, Luca è sparito e a lei non resta altro che rivivere la loro storia: si rivede insieme a lui, giocare felici sulla spiaggia dalla sabbia bianchissima.
Con questo film d'esordio Fei tocca temi attualissimi (come l'handicap), raccontati senza pietismi e senza compiacimenti, che vanno ben al di là della semplice storiella del non vedente che ha accettato serenamente la sua condizione e della ragazza che nega la sua "diversità", per gettare uno sguardo su problematiche contemporanei che permeano la società attuale, tutta tesa a dare più valore all'apparire invece che all'essere, e su quell'universo dominato da fantasmi inconsci, dove tutto è rarefato e la fragilità dei sentimenti si compara alla fragilità delle onde, possenti all'apparenza ma destinate a dissolversi alla fine del loro viaggio.
"Onde" non è un film facile nè semplice ed anche se acerbo stilisticamente (spiegabile per un film d'esordio) si rivela interessante sotto il profilo concettuale, impreziosito dalla sensibilità emotiva ed anticonvenzionale del regista, nel filmare e mostrare le cose, teso alla ricerca di un linguaggio nuovo e un modo altrettanto nuovo di raccontare una realtà fatta di silenzi e suoni, suggestioni estetiche e spinte emozionali, che si relazionano con i luoghi e gli ambienti, i sentimenti e le paure, gli stati d'animo e le percezioni sensoriali.
Un film impreziosito da due elementi aggiunti: la musica e la fotografia.
La musica, capace di fondersi con le sonorità ambientali, innovativa ed estremamente moderna, che assume un preciso valore espressivo, più dei dialoghi, sia quando sottolinea stati d'animo che quando va a fondersi con i rumori della città. Una musica straniante, inquietante a tratti, ma perfettamente integrata alla storia e alle atmosfere, prodotta sullo schermo dal genio del musicista portoghese, Rafael Torale e dal compositore sperimentale texano William Basinski.
E la fotografia, dell'esordiente Matteo De Martini, bellissima, luminosissima, capace di spaziare dai vicoli della città vecchia ai panorami industriali, dall'azzurro luminescente dell'acquario, all'azzurro luminoso del cielo di Genova.
Colpisce infine la bravura degli interpreti, Anita Caprioli e Ignazio Oliva.
Anita Caprioli sa dare vita con notevole credibilità allo spigoloso personaggio di Francesca, una ragazza animata da una gran voglia di aprirsi alla vita ma incapace, per l'impossibilità di accettare la propria diversità, di esprimere i suoi sentimenti e i suoi stati d'animo.
L'ottimo Ignazio Oliva si dimostra capace di dare un'anima ad un personaggio difficile e complesso, qual è quello di un non vedente, sapendone cogliere tutte le sottili sfumature e di sapersi muovere davanti alla macchina da presa con straordinaria naturalezza, trasmettendo sensazioni profonde con l'alternarsi di momenti di seducente insicurezza ad altri di più vitalistica esaltazione. Il Luca di Ignazio Oliva non ha nulla da imparare dai tanti illustri "ciechi" che l'hanno preceduto.
Un film, dunque, che si regge quasi interamente sulla bravura degli interpreti, che meriterebbero ben più alta considerazione da parte dei cineasti italiani, tutti protesi a puntare sulla popolarità mediatica e sopravvalutata, piuttosto che sulla bravura dei pochi che pure esistono nel cinema italiano.
Un film coraggioso e poetico, fuori dagli schemi classici, che in pochi hanno potuto vedere, di cui, per ricchezza espressiva, c'è un enorme bisogno nella nostra cinematografia, per non annegare nel mare mocciano della banalità e del disimpegno.
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Recensione a cura di Mimmot - aggiornata al 07/05/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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