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Il film è geniale: la storia è una maratona di 4 ore in giro per Bologna in cui i partecipanti devono bere il più possibile senza "stracciare". Il regolamento della gara è dettagliatissimo, i protagonisti sembrano davvero (e molto probabilmente lo sono) raccolti dal marciapiede di fronte alla stazione.
Esilaranti i racconti dei personaggi: perle di vita vera, così lontani ma allo stesso tempo così vicini a chi assiste attonito allo svolgersi degli eventi.
Impareggiabili i flash back: uno dopo l'altro danno forma ad una storia che apparentemente sembra tutta lì, pronta da prendere, e che invece si fa cercare, aspettare, in un crescendo che sembra all'apparenza ingiustificato, ma che col senno di poi si rivela allo spettatore metafora dell'ubriacatura.
I dialoghi sono al limite dell'assurdità, ma nulla, e lo si capisce piano piano, è assurdo, nulla lasciato al caso.
Anche l'immagine (le riprese sono in digitale - a sentire il regista - per risparmiare), nitida all'inizio del film, si fa sempre più indefinita, sfocata e sfuggente con il passare dei minuti e con l'aumentare del tasso alcoolico nel sangue dei maratoneti...
Il tutto viene raccontato in diretta radiofonica da un dj perlomeno singolare, che con i suoi interventi e i collegamenti con i protagonisti sul campo scandisce un tempo che passerebbe altrimenti in secondo piano, ma che è invece fondamentale: 4 ore.
Alcool quindi come metafora della vita? E' difficile l'associazione, lo so. Tuttavia non stonerebbe. Intorno all'alcool nella storia girano vite, amicizie, amori, delusioni e aspettative. E intorno all'acool le vite si intrecciano, le amicizie si rafforzano, gli amori finiscono e ricominciano più forti, le delusioni fanno meno male e le aspettative a volte sono anche premiate. Non alcool come rimedio al male di vivere, non è certo questo il messaggio che vuole passare, anzi. I personaggi sono, anche se all'apparenza disperati, estremamente positivi: nessuno si nasconde dietro al bicchiere. Tutti bevono unicamente per il gusto della competizione, della "sana" competizione. E il bere passa in un piano secondario, lascia il posto alla vita, all'amicizia, all'amore. Il bicchiere come filtro, un caleidoscopio moderno e antichissimo attraverso cui vedere la vita.
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Recensione a cura di Hans - aggiornata al 09/12/2003
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