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Voto Recensore: | 8,50 / 10 | ||
La cinematografia contemporanea è caratterizzata dalla presenza di nuove leve artistiche capaci spesso di non far rimpiangere i maestri del passato ma che nello stesso tempo, non riuscendo ad avere la necessaria visibilità, si ritagliano un piccolo ruolo nel cinema cosiddetto "cult": termine onnicomprensivo in cui rientrano registi da Tarantino a Deodato, da Christopher Nolan a Neri Parenti; insomma un termine abusato e spesso decisamente improponibile.
In questo genere possiamo catalogare Darren Aronofsky, regista americano che si è affermano nei circuiti cinematografici che un tempo si definivano "di mezzanotte", proponendo un cinema alternativo senza però rinunciare a creare opere che siano facilmente fruibili al grande pubblico.
Con "Pi greco - Il teorema del delirio" ci troviamo al cospetto di un film confezionato con pochi mezzi - appena 60.000 dollari - ma moltissime idee, a conferma, ove mai ce ne fosse bisogno, che con una sceneggiatura solida ed un talento visivo d'eccezione è possibile confezionare un'opera poco più che amatoriale che riassuma in sè le caratteristiche del grande cinema.
Il film si apre con una breve panoramica su New York e la presentazione del protagonista, Max, un matematico alla ricerca di equazioni che riescano a spiegare e soprattutto prevedere i movimenti di borsa.
Il lavoro sarà snervante ma andrà oltre l'intento del matematico, portandolo a scoprire le regole matematiche che disciplinano la vita sulla terra, in una ricerca di un'equazione universale che lo porterà al contatto con il Divino, fino ad un delirio di onnipotenza.
Gli elementi caratterizzanti di questo film, oltre ad una prevedibile follia del personaggio, risiedono in una rappresentazione della realtà odierna angosciante. Le limitate ambientazioni, che per esigenze di budget non potevano essere altrimenti, vengono integrate perfettamente nella storia in modo da comunicare allo spettatore un senso claustrofobico che lo pervade sin dalla prima scena. Si evince la furbizia dei realizzatori che hanno trasformato un difetto o comunque un'inevitabile limitazione alla libertà creativa in un pregio, girando la maggior parte delle scene in un angusto appartamentino.
Lo stile di regia delinea quelli che poi saranno i segni distintivi del cinema di Aronofsky, con uso di immagini in movimento e tecnica da videoclip; tecnica questa spesso bistrattata, ma che in questo caso presenta una propria dignità.
L'uso del bianco e nero inoltre è perfettamente funzionale alla storia: probabilmente giustificato da motivazioni produttive, diventa però anch'esso un limite trasformato in una risorsa per l'economia del film.
Un titolo, "Pi-Greco", ricco di suggestioni, che riesce a costruire una trama estremamente avvincente partendo da presupposti mai realmente sviscerati nella storia del cinema: forse a causa di una sorta di timore riverenziale verso la bestia nera delle reminiscenze scolastiche, la matematica non era mai stata realmente protagonista di un film come in questo caso.
Uscire fuori dalla ibrida visione di una materia fredda e razionale, presentandoci i suoi risvolti più suggestivi colpevolmente ignorati anche dagli addetti ai lavori, è forse il più grande merito di Aronofsky.
La scienza, troppo spesso mostrata come elemento da contrapporre a qualsiasi visione ultraterrena, qui viene mostrata nel suo volto più intrigante, suggerendo chiavi di lettura sfocianti nella filosofia.
Se si pensa che "Il teorema del delirio" oltre a poter essere visto come film psicologico-esoterico assume in alcune parte le dinamiche del thriller, ci si rende conto come in appena in 1h e 30 i generi riescano a fondersi senza alcuna forzatura: merito di una sceneggiatura geniale, che partendo da un presupposto non rivoluzionario - "il matematico pazzo" – si sviluppa in modo avvincente e soprattutto chiaro, facendo di "Pi greco" un film sicuramente originale ma al contempo adatto al grande pubblico.
Va inoltre notato l'uso della colonna sonora, mai lasciata al caso e sempre accurata, tanto da risultare sempre pienamente coerente al messaggio di fondo che vuole essere trasmesso.
Sean Gullette, sebbene non ricordato per il suo talento, si dimostra essere un ottimo artigiano del cinema, sapendo gestire il suo personaggio in modo molto credibile; vanno però soprattutto sottolineate le doti del regista, che si dimostra essere molto preparato nella direzione degli attori.
Aronofsky confermerà le proprie doti nel suo secondo film "Requiem for a dream", in cui tramite un uso violento delle immagini, della colonna sonora e di una direzione impeccabile degli attori, in primis la superba Ellen Burstyn, confezionerà una delle migliori pellicole sulla droga mai girate.
Certamente sarebbe un errore non tenere conto che la pellicola in questione richiede una particolare sensibilità per essere pienamente apprezzata, e dinanzi ad un pubblico convenzionale e distratto potrà risultare non semplice e quindi non accessibile a tutti; rischio questo che è necessario correre quando si punta alla sperimentazione ed alle novità.
Questo è il cinema americano indipendente che oltre a questi piccoli gioielli, generalmente sconosciuti ai più, sforna anche film del calibro di "Transamerica", "Brokeback Mountain", "Capote - A sangue freddo", "Walk the line - Quando l'amore brucia l'anima"e "Crash".
George Lucas negli ultimi anni sta sostenendo che il futuro del cinema americano risiede nelle piccole produzioni; se con queste piccole produzioni si intendono film come "Pi greco", non è eccessivo dire che il futuro, una volta tanto, sia più roseo che mai.
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Recensione a cura di Paolo Ferretti De Luca aka ferro84 - aggiornata al 14/03/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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