Dopo un lungo periodo di lavoro negli Stati Uniti, Pedro (Pedro De Los Santos) ritorna nella sua casa di Copa, Guerrero, Messico. Con i soldi guadagnati può finalmente garantire un minimo di tranquillità economica alla famiglia e coltivare il vecchio sogno di formare una band con gli amici del luogo. Teresa (Teresa Ramìrez Aguirre), la moglie, lo accoglie come non fosse passato nemmeno un giorno dalla sua partenza mentre le figlie, Lorena (Lorena Guadalupe Pantaleòn Vàzquez) e Heidi (Heidi Laura Solano Espinoza), inizialmente lo guardano con distacco, ma presto apprezzeranno il ritorno e la presenza del genitore.
Intanto a Copanatoyac gli abitanti confidano nel raccolto di pannocchie per mandare avanti l'economia e garantire lavoro ai giovani. Tra loro c'è lo stesso Pedro, che fatica sul campo per non dipendere soltanto da quello che guadagna saltuariamente col gruppo, i Copa Kings, avendo da sfamare una nuova bocca, la terza figlia appena concepita con la moglie Teresa. Purtroppo le aspettative sue e della sua gente verranno disattese, e così, come lui, anche altri inizieranno a riporre le speranze negli Stati Uniti.
Opera prima, e si spera non ultima, del regista Antonio Méndez Esparza (a parte il cortometraggio "Una y otra vez"), "Qui e là" è un film sulla famiglia, sulla casa, tanto che si perdono le tracce dei personaggi quando questi emigrano per cercare lavoro. Trama molto pulita, lineare, asciutta, così come la storia che racconta.
Anche la regia è scevra da voli pindarici o inquadrature pretenziose, d'altronde gli attori non sono attori ma gente comune che interpreta se stessa. Solo le figlie sono una sorta di concessione alla sceneggiatura, e con giusta ratio, dato il tema affrontato, ovvero quello del dover provvedere alle esigenze della famiglia anche a costo di cercare lavoro in un altro stato rimanendo lontani per anni dalla propria casa.
Ricorrenti sono le riprese di lunghe camminate, quasi sempre in salita e con una curva alla fine della strada, probabilmente a simboleggiare non solo le difficoltà quotidiane di ciascun abitante di Copa, ma soprattutto la scelta di molti di cambiare considerevolmente la propria vita cercando altrove le risorse.
Altro elemento di forza sono le musiche, con origini radicate nella terra, nei costumi, soprattutto quella ripetuta alla fine del film che descrive con grande capacità di sintesi tutto un modo di vivere e di pensare: "Non voglio essere povero, e nemmeno ricco, ma voglio offrire da bere per divertirmi con la mia gente", più o meno letterale.
Antonio Esparza, insistendo molto sulla voglia di toccare le corde profonde della famiglia protagonista, ricorda sempre che sì, esisteva uno script preciso, ma lavorando con attori non protagonisti che interpretavano se stessi ha spesso lasciato i dialoghi emergere senza forzare la mano, permettendo allo spettatore di immergersi in modo completo con quanto raccontato. Anche per questo il prodotto finale è il frutto di ben cinque anni di lavoro, durante i quali i personaggi crescono e maturano, le situazioni evolvono con loro, come ad esempio la nascita della terza figlia.
Da questo momento la recensione contiene elementi di spoiler; se ne sconsiglia pertanto la lettura a chi non abbia ancora visto il film.
Sicuramente toccante la parte finale durante il saluto alla bandiera del Messico. Per spiegarla come si conviene, occorre entrare prima nel film raccontando cosa porta poi a scelte e dialoghi.
Pedro, nonostante il lavoro nel campo e qualche ricavato grazie ai Copa Kings, capisce che deve presto partire di nuovo per gli USA alla ricerca di un lavoro sicuro. Questo perché il raccolto disattende le aspettative e purtroppo nessuno sembra potergli garantire altri impieghi. La reazione della moglie è la fotografia di un popolo. Una donna europea, con due figlie grandi e una piccola, che ha già fatto a meno del marito per diversi anni, avrebbe una reazione probabilmente forte, magari arrabbiata, in qualche caso isterica. Teresa no, Teresa prende atto della decisione sofferta di Pedro, mostra il suo ovvio dispiacere, ma capisce e saluta il suo uomo con la bimba tra le braccia, augurandosi di rivederlo presto e con disponibilità diverse nelle tasche. Anche Lorena e Heidi, che avevamo viste disorientate dal ritorno del padre ad inizio film, ora sono tristi ma consapevoli che non si può fare altrimenti, d'altronde servono soldi per vestiti, cibo, scarpe e medicine. Ma esternano i loro sentimenti nella cerimonia più importante: come ogni lunedì e venerdì nella scuola si fa il saluto alla bandiera messicana. Terminato il rituale, le due sorelle parlano tra loro della partenza del genitore, e soprattutto Lorena mostra tutta la sua sfiducia verso le istituzioni. Negli anni passati a casa, Pedro aveva potuto avvicinarsi soprattutto alla maggiore, insegnandole a scrivere musica e aiutando il suo amico, costretto anch'egli a partire per gli Stati Uniti. E, così come per il protagonista, anche di lui perdiamo le tracce una volta fuori dalla città di Copa.
Forse questo non sapere la "soluzione" di alcune storie può essere avvertito come una mancanza ma in realtà è una scelta ben precisa del regista per concentrare tutta l'attenzione sul chi rimane. Le riflessioni circa "Qui e là" vanno poste altrove. Il problema è la scelta stessa. Ovvero: quanti lo rivedrebbero? Molto probabilmente in pochi. Ma questo è il nodo di quasi tutti i prodotti indipendenti, realizzati solo con le idee e non con i soldi.
Che Pedro e Teresa, così come Lorena e Heidi, non siano attori, si vede lontano un miglio. Le canzoni messicane non sono certo il massimo come gusto musicale, questi testi popolari e ritmi da bachate di fastidiosi locali salseri possono in molti casi anche urtare il sistema nervoso di qualcuno (ad esempio quello di chi sta scrivendo questa recensione...). Le lunghe camminate dei personaggi richiamano quelle di Antonioni, ma solo in quanto a capacità soporifera. Eppure...
Eppure Antonio Esparza ha realizzato un qualcosa di estremamente interessante, con un linguaggio diretto, che lascia tanti spunti di riflessione. Certo non sarà mai il film da vedere in compagnia mangiando biscotti e bevendo bibite gassate, non è il film del sabato sera al multisala. Ma per chi ha curiosità di entrare in una tipica casa messicana, questa pellicola lo accompagna per mano, passando tra le vie, vicino alle persone, presentando le abitudini degli abitanti di Copanatoyac. E così come Pedro, Teresa e tutti gli altri hanno avuto la mancanza dei giorni di ripresa a film terminato, anche noi spettatori abbiamo un senso di mancanza quando scorrono le ultime note della canzone, curiosi di sapere le loro sorti.
Da vedere, sicuramente, anche se forse per una volta soltanto.
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Recensione a cura di marcoscafu - aggiornata al 10/01/2014 16.15.00
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