Recensione rovine regia di Carter Smith Australia, USA 2008
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Recensione rovine (2008)

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locandina del film ROVINE

Immagine tratta dal film ROVINE

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Immagine tratta dal film ROVINE
 

La stagione che si sta concludendo è stata fondamentale per il cinema dell'orrore. Accanto al solito proliferare di seguiti e remake nelle sale e nel circuito home video, un piccolo gruppo di film e registi, provenienti da vari Paesi e non solo dagli Stati Uniti, hanno tentato, con alterne fortune, di intraprendere un percorso originale e personale all'interno del genere.

Non solo l'horror indipendente ma anche quello mainstream hanno avuto il merito di proporre pellicole di un certo spessore e coraggio, film adulti, maturi, non edulcorati e non sottoposti alla dittatura del lieto fine a tutti i costi; basti pensare a quel piccolo miracolo di "The Mist", solo per fare un esempio.

Apparentemente, "Rovine" è solo l'ennesimo film con protagonisti adolescenti nei guai, personaggi stereotipati e situazioni viste almeno un milione di volte. La storia di quattro amici in vacanza in Messico, che finiscono per restare bloccati in cima a una piramide ricoperta da una vegetazione per nulla amichevole, sembra il solito canovaccio adattabile a un qualsiasi film fotocopia. Inoltre, l'idea delle liane assassine e ultra intelligenti è a forte rischio di ridicolo involontario.
Eppure, l'opera di Carter Smith rientra a pieno in questa timida rinascita del cinema horror, rinnovando in maniera piuttosto sorprendente il filone del cosiddetto "teen movie" e regalando allo spettatore novanta minuti di sano e onesto intrattenimento.

Alla base c'è l'ottimo romanzo di Scott Smith, già candidato al premio Oscar per la miglior sceneggiatura non originale con "A simple plan" di Sam Raimi.
"The Ruins" è forse uno dei libri più angosciosi e terrorizzanti degli ultimi anni. Smith, nel romanzo, porta a termine la non facile impresa di prendersi gioco dei cliches tipici dell'horror, senza però buttare tutto in farsa e prendere la strada della parodia. Grazie a uno stile impeccabile e a un controllo totale della storia e dei personaggi, lo scrittore sovverte regole e stereotipi e colpisce il lettore dove non si aspetta. Autore anche della sceneggiatura del film, Smith, pur approntando dei cambiamenti sostanziali nello sviluppo e nei ruoli dei protagonisti, riesce a mantenere la stessa cinica perfidia presente sulle pagine del libro, lo stesso senso di disperazione e impotenza e, soprattutto, lo stesso tasso di shock e scene violente.

Sceneggiatore e regista danno l'impressione di sapere che la storia che ci stanno raccontando l' abbiamo già sentita troppe volte, e tuttavia la prevedibilità della trama diventa, nelle loro mani, un punto di forza: l'horror è un genere che per sua stessa natura, si regge sulla riproposizione, fino alla nausea, di un elenco di situazioni, caratteri ed espedienti narrativi che, a seconda di come vengono impiegati, costituiscono il successo o il fallimento di un film. Non è l'originalità a tutti i costi, o la ricerca spasmodica di novità assolute a determinare la qualità di un film dell'orrore. Al contrario, spesso è proprio la capacità degli autori nel rimescolare carte già impiegate in centinaia di altre pellicole e rendere un prodotto riuscito e personale. E questo è esattamente il caso di "Rovine", un film horror che non si vergogna di esserlo, che non seppellisce la paura sotto tonnellate di ironia, non tenta velleitarie quanto risibili riflessioni sociali, politiche o ecologiste, e non propone spiegazioni cervellotiche e intrecci ai limiti della logica, quasi a volersi scusare della propria natura di cinema di serie B.

Semplicemente, "Rovine" si accontenta di spaventare il pubblico, tramortirlo con poche ma efficacissime scene splatter, angosciarlo trascinando i protagonisti in un incubo ogni minuto più disperato e cupo e rendendo la situazione narrata del tutto plausibile. Questo accade soprattutto grazie a un'ottima direzione degli attori e a qualche scelta azzeccata nel definire i caratteri dei personaggi, che saranno anche i soliti cinque adolescenti in libera uscita, senza particolare spessore, ma che permettono almeno di provare un qualche interesse per la loro sorte e fanno sorgere anche un certo grado di empatia nello spettatore, che amplifica il senso di disagio quando si assiste al loro calvario sulle rovine maledette.

E proprio di calvario si tratta, sofferenza e dolore mostrati senza un briciolo di reticenza, con una cattiveria che è raro registrare nelle produzioni americane recenti, un accanimento che va a colpire soprattutto i personaggi a cui ci si affeziona maggiormente, quelli più riusciti a sfaccettati. A tale proposito, va sottolineata l'ottima prova di tutto il cast, con una menzione speciale per Laura Ramsey, che sorprende per carisma e intensità e sembra in alcuni momenti caricarsi sulle spalle tutto il peso del film. Il suo ruolo, Stacy, è di quelli che non si dimenticano e un paio di scene che la vedono coinvolta, sono quasi al limite della sopportazione, non tanto per ciò che viene mostrato (e che comunque straccia in cinque secondi qualunque sciocco e inutile tentativo di impressionare e disgustare del novanta per cento degli "slasher" recenti), ma per merito dell'interpretazione della Ramsey, un misto di paranoia, strazio, terrore e dolcezza che lascia incantati.

La regia del quasi esordiente Smith (nessun legame di parentela con lo sceneggiatore e autore del romanzo) è pulita ed essenziale. Il ritmo del film è sempre elevato, privo di punti morti e, nonostante ciò, mai confusionario o così veloce da non capire cosa stia accadendo sullo schermo. In nessun momento si ha l'impressione che il regista scivoli nell'appiattimento di stampo televisivo che affligge moltissime produzioni horror statunitensi dell'ultimo periodo. E forse questo è il pregio più grande di "Rovine": è cinema, non videoclip, non spot pubblicitario, non serie televisiva mascherata da grande schermo, ma sano, robusto cinema di paura, nato per spaventare, disgustare, mettere a disagio chi guarda. Un "filmaccio" che non ha le pretese autoriali e intellettualoidi dell'ultimo flop di Shyamalan, tanto per restare in tema di piante, ma che riesce, almeno mille volte meglio di "E venne il giorno", a rendere il senso di spaesamento e incredulità di fronte a una natura aliena e spietata, e che si dimostra molto più cattivo nel mettere personaggi e comprimari in una situazione che non ha nessuna via d' uscita. Bastano un paio di inquadrature di "Rovine", che vedono protagonista la povera Stacy e un coltello, per mettere all'angolo tutti i suicidi al rallentatore del regista indiano e già questo sarebbe sufficiente per premiare il film senza riserve.

Peccato solo per un finale non all'altezza di quanto si è visto nei minuti precedenti. Una conclusione affrettata, che sembra messa lì a tirar via, magari per accontentare una produzione che sta già pensando a un eventuale seguito e che non poteva accettare la brutalità priva di speranza con cui si concludeva il romanzo di Smith. Non siamo sicuramente di fronte a un posticcio e sdolcinato lieto fine, per nostra fortuna, ma era comunque lecito aspettarsi qualcosa di più da un film che, fino a quel momento, aveva mantenuto tutte le promesse.

Nonostante questo difetto di non poco conto, un qualsiasi appassionato di horror dovrebbe vedere "Rovine" (e magari leggere anche il romanzo), se non altro per comprendere come sia ancora possibile creare un film dell' orrore alla vecchia maniera, senza per questo scivolare nella caricatura o nella semplice rievocazione nostalgica.
Il fatto che ci siano, nel cinema di genere statunitense, sceneggiatori e scrittori come Scott Smith, e giovani registi come Carter Smith, fa ben sperare per il futuro dell' horror americano.

Purtroppo, il film non è andato benissimo: mentre idiozie di proporzioni cosmiche come "Prom Night" totalizzano quaranta milioni di dollari di incasso, "Rovine" si è fermato a diciassette. Da noi sta avendo una distribuzione ai limiti del surreale: è uscito in pochissime sale e quasi senza pubblicità. In compenso, i cartelloni di "Boogeymen 2" sono visibili a ogni angolo di strada. Vogliamo mettere?

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Recensione a cura di L.P. - aggiornata al 04/07/2008

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