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La U.S.S. Kelvin viene attaccata da una misteriosa nave romulana e deve essere evacuata. George Kirk sceglie eroicamente di sacrificarsi per garantire fuoco di copertura all'equipaggio, proprio mentre suo figlio James sta nascendo su una delle navi in fuga.
Anni dopo, mentre su Vulcano il giovane Spock deve fare i conti con la sua doppia natura umana/vulcaniana, Kirk cresce ribelle e senza regole, finché, dopo una rissa con alcuni cadetti, non viene invitato dal Capitano Pike ad unirsi alla Starfleet per onorare la memoria di suo padre, che "è stato capitano per dodici minuti ed ha salvato ottocento vite".
Tre anni dopo, Kirk, aiutato dall'amico "Bones" McCoy, supera al terzo tentativo la simulazione della Kobayashi Maru e incrocia finalmente la sua strada con il comandante Spock, ideatore del test, che lo accusa di aver barato e di non aver capito lo spirito della simulazione.
Mentre la commissione disciplinare sta giudicando Kirk, una richiesta d'aiuto arriva da Vulcano, e tutti i cadetti vengono richiamati sulle navi. L'ammiraglia U.S.S. Enterprise del capitano Pike parte per ultima, in tempo per rendersi conto, grazie proprio a Kirk imbarcato semi-clandestinamente da McCoy, che i Romulani stanno tendendo una trappola molto simile a quella che uccise George Kirk. Pike viene fatto prigioniero da Nero, il capitano della nave romulana che sembra conoscere molto bene Spock, Vulcano viene distrutto, Spock prende le funzioni di capitano ma Kirk, a causa di un'insubordinazione, viene fatto sbarcare sul pianeta Delta Vega. Sull'inospitale pianeta Kirk fa due incontri fondamentali: un vecchio Vulcaniano che sembra conoscerlo benissimo e un membro della Starfleet convinto di poter realizzare il teletrasporto su navi a velocità di curvatura, Montgomery Scott. Per salvare la Terra da una fine simile a quella di Vulcano, Kirk dovrà tornare sull'Enterprise e arrivare a patti con Spock, prima di partire all'inseguimento di Nero...
La leggenda dell'Enterprise ricomincia da un film eccellente. J.J. Abrams ha raccolto una sfida rischiosissima, imbarcandosi in un progetto in cui c'era molto da perdere: un brand famoso e "pesante", reduce da diversi flop e praticamente finito al cinema. Un film dedicato agli anni giovanili di Spock e Kirk era stato già pensato diversi anni fa, ma il progetto ha dovuto attendere che la saga prendesse una brutta strada per poter finalmente decollare. Compito del piccolo grande mago che ha regalato al pubblico "Lost" e "Alias", dare nuovi volti all'equipaggio originale e ricominciare "Star Trek" per il ventunesimo secolo riportandolo alle sue origini, senza rinnegare un illustre passato ma costruendo un nuovo punto di partenza accettabile sia per i "trekkies" sia per spettatori neofiti.
Questa doppia esigenza ben si rispecchia nel team scelto per rifondare il mito: Abrams non è un fan della serie, al contrario degli sceneggiatori Roberto Orci e Alex Kurtzman; elemento comune delle due "anime" del progetto, il rispetto per la serie classica e la volontà di trovare una via per non rinnegare una storia importante e già scritta. A tal proposito è stato fondamentale il coinvolgimento di Leonard Nimoy nei panni del vecchio Spock, in un ruolo "attivo" e non solo in un cameo per deliziare i fan (per lo stesso motivo si è scelto di non coinvolgere William Shatner, l'originale Kirk, il cui personaggio muore ufficialmente in "Generazioni") o come voce narrante. Spock "Prime" , come viene chiamato nei credits, torna indietro nel tempo insieme alla nave romulana e si trova a dover aiutare il giovane equipaggio a trovare la sua strada in una linea temporale ormai cambiata dagli eventi scatenati dall'arrivo di Nero. Qusta abile trovata pone "Star Trek XI" nella triplice posizione di reboot, sequel e prequel della serie classica: è un sequel per la presenza del vecchio Spock, ma l'alterazione del passato libera la nuova saga da tutti gli eventi narrati nella Serie Originale e nei film precedenti e ha anche il merito di tenere lo spettatore in ansia per il destino dei protagonisti, ormai non più così scontato.
La forza del film risiede in uno script impeccabile dal primo all'ultimo momento, in cui l'equilibrio dei vari elementi viene dosato sapientemente, ma lasciando sempre il focus sui personaggi. Il rapporto conflittuale di Spock e Kirk nasconde le potenzialità di una grande amicizia e una collaborazione (di cui il solo Spock anziano è consapevole oltre agli spettatori) importantissima per il destino della Starfleet, ma oltre a doversi misurare l'uno con i limiti dell'altro, i due personaggi principali devono completare il proprio processo di maturazione, più velocemente rispetto a quanto avvenuto nella linea temporale classica. Spock deve trovare il punto di equilibrio tra le sue due nature, Kirk deve dominare gli istinti autodistruttivi e indisciplinati, entrambi devono accettare la propria natura e far brillare le proprie superiori qualità. In un film che poteva tranquillamente sedersi sugli effetti speciali, davvero spettacolari, è un merito enorme quello di aver creato un cast di personaggi credibile in ogni passaggio. Le interpretazioni di Chris Pine e Zachary Quinto danno nuova vita a due leggende della fantascienza: i vecchi fan troveranno l'embrione del carattere che conoscono, ma anche nuovi aspetti di queste due personalità così complementari e affascinanti, ancora in divenire. È una storia di origini e di gioventù, e l'ambientazione spaziale sembra quasi una casualità. Una storia di amicizie nascenti, di instaurazione di rapporti umani nelle difficoltà è una storia universale che non conosce limiti nè temporali nè spaziali, e per questo funziona. I dubbi sul casting vengono spazzati via immediatamente.
Chris Pine raccoglie l'eredità di William Shatner, ma in generale (e per sua stessa ammissione) quella di ogni eroe spaccone, da Han Solo a Maverick, che affronta un processo di crescita. Molto indovinata a tal proposito la trovata sulla divisa del capitano, che simboleggia l'avvenuta presa di coscienza di Kirk e il suo ideale raccordo con il capitano che conosciamo e l'insieme di qualità necessarie a gestire il comando di una nave stellare e di un equipaggio. Zacahry Quinto ha il compito più difficile, quello di dare un nuovo volto a Spock, e gli tocca anche il confronto diretto con Leonard Nimoy. Anche in questo caso, lo Spock tormentato di Quinto entra immediatamente nel cuore degli spettatori e ne esce un personaggio di cui non si vede l'ora di vedere altre avventure. Karl Urban, nei panni di "Bones" McCoy è quello che meno assomiglia fisicamente al suo originale, ma il personaggio di Bones è uno dei meglio caratterizzati e anche dei più divertenti, conservando i tratti di burbero del cast. C'è gloria anche per gli altri, da Sulu a Chekov, da Uhura a Scott. Ognuno ha un ruolo importante, ognuno fa parte della storia e non è solo un fardello ereditato dal concept originale. Anche il villain, Nero (Eric Bana) è finalmente un nemico all'altezza degli eroi e con uno scopo (seppur non originale, la vendetta) degno di reggere una trama che coinvolga l'Enterprise e addirittura ne riscriva la storia.
"Questo non è lo Star trek di vostro padre" recita uno degli spot, ed è vero. C'è da riflettere su un fatto: questo non è neanche "Star Trek" come se fosse stato ideato oggi, perché l'idea stessa di una Strafleet e di un equipaggio così smaccatamente politically correct (idea molto hippie e pacifista, figlia del periodo in cui Roddenberry creò "Star Trek") oggi sarebbe quantomeno buffa. Mai durante il film però questo aspetto viene anche soltanto considerato fuori luogo o poco realistico. Il merito di questa pellicola è quello di aver rigenerato un'idea vecchia e un po' impolverata per un nuovo gusto cinematografico, innestando elementi di realismo (i cantieri navali, le scene sulla Terra) in un contesto fantastico ma troppo ingenuo nella sua concezione originale. Il tono del film, nonostante i molti eventi drammatici, si mantiene sempre leggero e luminoso, ci sono numerose scene comiche che coinvolgono in particolare Kirk, McCoy e Spock, senza alterare l'eroismo dei personaggi o il risultato finale, riuscendo nel contempo a scoprire meno il fianco, rispetto alla serie classica, alle numerose parodie che "Star Trek" è stata in grado di generare. Le scene d'azione sono spettacolari, con riprese nello spazio a volte fragorose, a volte silenziose, sempre di grande impatto, anche grazie all'apporto della ILM, che resta il punto di riferimento per il mondo degli effetti speciali. Molte inquadrature in campo lungo trasmettono il senso della grandezza delle navi e degli spazi aperti che i protagonisti devono percorrere (sia sulla Terra che nello spazio) per andare incontro al loro destino, lezione evidentemente imparata da "Star Wars", di cui gli sceneggiatori si dichiarano debitori. Anche il montaggio non è quello frenetico dei videoclip ma asseconda i tempi "spaziali" in cui l'Enterprise deve muoversi.
In conclusione, la strada imboccata da Abrams, Orci e Kurtzman per il riavvio di "Star Trek" è quella giusta; c'è da sperare che venga mantenuta per gli inevitabili (ma per una volta, necessari) sequel. La grande fantascienza fa di nuovo capolino al cinema, ed è un dovere fare un salto a salutarla.
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 13/05/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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