Recensione survival of the dead - l'isola dei sopravvissuti regia di George A. Romero USA 2009
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Recensione survival of the dead - l'isola dei sopravvissuti (2009)

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locandina del film SURVIVAL OF THE DEAD - L'ISOLA DEI SOPRAVVISSUTI

Immagine tratta dal film SURVIVAL OF THE DEAD - L'ISOLA DEI SOPRAVVISSUTI

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Nel 1968 George A. Romero realizzò con un budget quasi irrisorio "La notte dei morti viventi", il film che generò lo spartiacque dell'intero genere horror e che diede nuova linfa e idee ad un genere che mostrava la corda. Su questo film si è già disquisito di tutto e di più, può anche non incontrare i gusti personali di un certo tipo di spettatore, però è innegabile oggettivamente l'importanza fondamentale di un film la cui forza visionaria ha travalicato il genere stesso per diventare un classico a tutto tondo.

Dopo "La notte dei morti viventi", Romero ha inanellato altri quattro film di questo filone: "Zombi", "Il giorno degli zombi", "La terra dei morti viventi" e il fin troppo sottovalutato "Diary of the dead" (fra l'altro inspiegabilmente e colpevolmente non distribuito al cinema in Italia) prima di questo ultimo capitolo, "Survival of the dead". Una lunga saga durata l'arco di quarant'anni in cui Romero in maniera lucida e pessimista ha analizzato e messo a nudo le storture della società americana e occidentale, con i suoi modelli di riferimento sociali ed economici e approfondendo in maniera altrettanto scrupolosa e mai banale la parte oscura dell'animo umano.

Nondimeno, però, il regista è ingiustamente conosciuto ai più solo come il creatore della saga degli zombi, mettendo in secondo quelle pellicole che affrontano temi e riflessioni analoghe, ma snobbate dal grande pubblico: "La città verrà distrutta all'alba", "Martin" o "Monkey shine", tanto per citare degli esempi, non hanno nulla da invidiare qualitativamente al resto della filmografia Romeriana.
In questo senso una vetrina importante come la partecipazione al concorso della 66^ Mostra del Cinema, implicitamente è un riconoscimento al suo lavoro anche se va detto che un premio alla carriera non avrebbe certo sfigurato.

Su un'isoletta al largo della costa nordamericana i morti tornano a minacciare i vivi, ma gli abitanti dell'isola non riescono a sterminare i propri cari defunti nonostante il crescente pericolo che proviene proprio da quelli che un tempo amavano. Un isolano ribelle dà la caccia a tutti gli zombie che riesce a trovare e perciò viene bandito dall'isola, dopo avere assassinato i suoi vicini e i suoi amici. Sulla terraferma l'uomo si imbatte in un piccolo gruppo di militari che vanno in cerca di un'oasi in cui iniziare una nuova vita ed insieme al ribelle salpano verso l'isola.

In parte "Survival" nasce da una costola di "Diary". Il piccolo manipolo di soldati che vaga senza una precisa meta è lo stesso che blocca e rapina il camper dei ragazzi protagonisti della pellicola precedente di Romero. È un gruppo, a cui si unisce un ragazzo durante il loro percorso, tutto sommato unito nei propri obiettivi da perseguire: trovare un posto sicuro, libero dai morti viventi, per poter iniziare una nuova vita. La sopravvivenza è ormai la priorità assoluta in una società che mostra una decadenza in atto ormai irreversibile. Le istituzioni e la normale convivenza tra esseri umani sono ormai completamente allo sbando, la televisione stessa non fornisce più alcuna indicazione utile, trasmette solo spazzatura, come l'orchestra del Titanic che suona mentre la nave sta affondando.

In questo vagare sconclusionato giunge un video da Internet di James O'Flynn che decanta le meraviglie dell'isola di Plum, un ambiente idilliaco dove ricominciare una nuova vita, in realtà il classico specchietto per le allodole per attirare con l'inganno degli sprovveduti.
O'Flynn è stato esiliato dall'isola dopo una lotta con la fazione rivale dei Muldoon, con pochi uomini al suo seguito. Una lotta nata da due concezioni diverse ed inconciliabili con Muldoon: O'Flynn proponeva uno stermino radicale di tutti gli zombies senza esitazioni, anche a costo di dover sopprimere i propri cari, mentre Muldoon sosteneva di non uccidere i morti viventi e di tenerli sotto controllo fino a quando non si fosse trovata una cura a questa nuova presunta malattia.
Bisogna tenere conto che detto così la soluzione di O'Flynn può sembrare la cosa più logica, specie per coloro che conoscono a menadito la saga degli zombi di Romero, ma va detto che "Survival of the Dead" può essere considerata l'ideale prosecuzione di "Diary", la pellicola di Romero che rappresenta una sorta di nuovo inizio (aggiornato) della saga degli zombi, quindi "Survival" è collocabile a livello temporale subito dopo l'inizio del contagio; per cui date le scarse informazioni sul modo di agire nei confronti dei morti viventi non esiste un modus operandi ufficiale su come risolvere il problema. Ormai Romero nel proseguimento dei vari capitoli della saga ha sempre più sfumato l'origine del contagio divenendo quasi irrilevante nei confronti della vicenda.
Ne "La Notte dei morti viventi" si pensava ad una sonda spaziale, in "Zombi" ad un virus, ma già dal terzo capitolo in poi la questione dell'origine del contagio non è stata più affrontata: il ritorno in vita dei morti è diventato un fatto ineluttabile nell'economia dei film.

Ciò che viene mostrato palesemente sin dai primi capitoli è l'incapacità di un gruppo di persone più o meno grande di far fronte comune nei confronti di una minaccia, mettendo da parte dissapori, antipatie e ambizioni di leadership. Se tutto questo veniva accettato come per esempio in "Distretto 13: le brigate della morte" di John Carpenter, i cui richiami a "La Notte dei morti viventi" sono evidenti, nei film romeriani non accade nulla di tutto ciò. Le contrapposizioni invece di essere ricomposte vengono addirittura acuite in un mare di egoismo e di intolleranza in cui viene alla luce tutto il pessimismo del regista nei confronti dell'umanità, incapace di risolvere in maniera razionale qualsiasi tipo di problematica. Anche in "Survival" la ricerca di un compromesso fra le due fazioni in lotta viene vanificato in un reciproco annullamento e una volontà di predominio nei confronti dell'altro.

Muldoon rispetto ad O'Flynn presenta tratti di fanatismo molto più marcati, sostenuto da una fede che sconfina quasi in un culto ossessivo nei confronti della Morte e nella sua pervicacia nel non uccidere definitivamente i morti viventi nella speranza di trovare una cura, un richiamo fin troppo palese del regista nei confronti dell'etica religiosa riguardo al problema dell'eutanasia. Dopo la cacciata temporanea del rivale dall'isola, Muldoon ha trasformato il villaggio in un luogo grottesco dove gli zombi incatenati ripetono ossessivamente le stesse azioni meccaniche di quando erano ancora vivi e a cui Romero dona un effetto surreale di notevole impatto visivo per questa simulazione di vita reale. Gli altri zombi sono raggruppati in delle stalle trasformati in cavie da esperimenti che consistono nel cercare di dominare l'istinto cannibalesco dello zombi, imponendo in maniera coercitiva il cibo che debbono mangiare. Quindi se allo zombie viene a mancare la "materia prima" da mangiare (cioè i vivi), si cerca di indurre il morto vivente a "cibarsi" verso qualcosa di alternativo, come un animale. Sono due personaggi tuttavia che Romero tratteggia sia pure in minima parte con zone d'ombra volutamente ambigue, la guasconeria di O'Flynn risulta più simpatica rispetto al fanatismo di Muldoon ma come mostrerà il finale (dove O'Flynn tardivamente cercherà di capire le motivazioni dell'avversario), gli zombi in casi estremi possono attaccare e mordere altri esseri viventi che non siano gli umani, dando in fondo ragione a Muldoon. Non è comunque una questione su chi ha ragione o torto, il problema semmai è non riuscire a valutare la posizione dell'avversario che genera di conseguenza intolleranza.

In mezzo alla contesa per il predominio dell'isola di Plum si inserisce il gruppo di militari guidato da Nicotine Cricket, che evidenzia in misura più marcata rispetto alle pellicole precedenti, un elemento piuttosto inusuale in una pellicola di Romero: l'ironia. A volte più sfumata, a volte amara e persino beffarda ma l'ironia è un elemento aggiuntivo che si sposa in maniera eccellente con l'anima profondamente western del film in cui i personaggi mostrano l'essenzialità dei loro caratteri peculiari senza cadere tuttavia nel manicheismo e che probabilmente non è stata gradita da una parte della critica nonché in una parte dei fan di Romero. Gli scambi e le sfide verbali fatti di battute virili all'interno del gruppo dei soldati non sono soltanto una caratteristica fine a se stessa, ma anche un elemento che, malgrado tutto, funge da collante all'interno del gruppo, anche e soprattutto quando i militari finiranno in mezzo alla faida O'Flynn-Muldoon, dopo aver passato molte traversie sulla terraferma.

L'anima western inoltre si esplicita nel finale straordinario fatto di sparatorie tra le due opposte fazioni incapaci di giungere a qualsiasi accordo, un massacro reciproco a cui assistono gli zombi senza essere parte attiva se non quella di cibarsi dei resti dei vivi e quando non saranno sufficienti a sfamare tutti, assaliranno un cavallo sbranandolo, facendo cadere una legge non scritta della saga romeriana dove gli zombi si nutrono esclusivamente di carne umana.

Quando Romero in conferenza stampa afferma che preferisce gli zombi in quanto creature in fondo innocenti, non gli si può dare torto. Vivi e morti viventi in fondo non sono poi tanto differenti: entrambi sono distruttivi, entrambi sbranano le loro vittime, metaforicamente e non, ma se per il morto vivente è un'azione naturale, dettata dall'istinto, nell'essere umano vivo, essere umano pensante e quindi in teoria razionale, è dettato da una volontà strategica di predominio sull'avversario. Un agire razionale verso uno scopo irrazionale.

Il paradiso dell'Isola di Plum è stato perduto e Crocket con i pochi sopravvissuti lasciano il luogo verso un altrove indefinito come nel finale di Zombi: l'obiettivo immediato è sopravvivere. Alle spalle lasciano un'isola popolata di zombi, marionette di esseri umani che un tempo furono uomini e donne a ripetere ossessivamente lo stesso atto come un riflesso della loro vita precedente. Muldoon e O'Flynn ormai zombificati, il loro riflesso è tutto nell'odio reciproco anche dopo la morte, nella più bella e potentissima immagine del film, che ne decreta anche il suo finale:

Muldoon e O'Flynn si fronteggiano sullo sfondo di una luna gigantesca come in un classico duello;
si puntano la pistola a vicenda;
Click... colpo a vuoto per entrambi.

Malgrado un budget piuttosto ridotto, Romero confeziona un film di notevole qualità segno che le idee al regista americano non mancano di certo. Certamente lo sfondo delle vicende con il passare degli anni non sarà innovativo come una volta, ma dalla sua parte si può dire che il genere horror ha avuto quella ventata di rinnovamento proprio grazie alla sua opera e sicuramente in mezzo a un mare di remake attuali di pellicole che hanno fatto la storia del genere horror, Survival of the dead svetta per la sua freschezza.

"George A. Romero ha sottratto l'horror americano dall'abbraccio mortale del gotico"
(John Carpenter)

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Recensione a cura di The Gaunt - aggiornata al 21/06/2010 12.45.00

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