Recensione tamara drewe - tradimenti all'inglese regia di Stephen Frears Gran Bretagna 2010
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Recensione tamara drewe - tradimenti all'inglese (2010)

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locandina del film TAMARA DREWE - TRADIMENTI ALL'INGLESE

Immagine tratta dal film TAMARA DREWE - TRADIMENTI ALL'INGLESE

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La campagna inglese è davvero bella, un contesto ideale per innumerevoli opere, letterarie o cinematografiche che siano. Quel paesaggio bucolico, regolare come i campi di cui è costituito o i filari d'alberi a frapporsi tra di essi, regala una certa serenità d'animo, una pace interiore difficilmente riscontrabile altrove. E' altresì vero che non siamo in una favola dei fratelli Grimm e come tutte le cose reali anche questo ambiente ha i suoi lati negativi. Il villaggio teatro dell'opera è un insieme di casette e fattorie sperduto nel nulla, quasi un mucchietto di sassi che la mano di un gigante ha lanciato nel verde sterminato. Le giornate sono scandite da azioni consuete e prevedibili, tutti si conoscono, e anche a distanza di vent'anni dalla residenza si è considerati stranieri.
E' chiaro che un luogo del genere offre un deciso contrasto interiore, un ossimoro esistenziale che nelle sue varianti più estreme ed esasperate costituisce la base nonché l'aspetto più interessante del film in questione.

Bisogna ammettere l'impegno nel descrivere la storia; non si tratta di un semplice susseguirsi di eventi, ma di uno e più intrecci tra loro collegati che costituiscono una struttura complessa e inscindibile, proprio per questo carica di fascino.
La situazione iniziale al villaggio, del cui contesto abbiamo già parlato, è quella di un gruppo di persone eterogeneo: troviamo un gruppo di scrittori - per lo più falliti - dediti alla stesura dei loro rispettivi romanzi. C'è la signora di mezza età che insegue il sogno della pubblicazione di una sua opera, la sclerotica che narra delitti lesbici, il pensionato che nel concentrarsi indossa il cappello non ammettendo disturbo, e infine Glenn, un accademico americano che vive di malinconia e scrive sì e no due parole al giorno. Tutti questi soggetti sono ospiti di Nicolas, scrittore di un certo successo e della moglie Beth, devota e abile casalinga.
Dunque, Tamara giunge in paese e già possiamo parlare di un evento, date le premesse. Non è nuova del posto, lo ha frequentato per anni e con ricordi non proprio piacevoli. E' decisa a vendere la casa appartenuta ai genitori, non sentendo più legami con quella terra.
Appena arrivata incontra Andy, il giardiniere di Beth, nonché bello del villaggio, col quale aveva avuto una fugace relazione anni orsono, giusto il tempo per rivangare ricordi quasi svaniti.
Dopo un breve periodo di permanenza, la ragazza cambia idea e si lascia trasportare dal clima favorevole, dedicandosi totalmente alla sua attività di giornalista, in questo favorita dalla tranquillità campagnola. Durante una trasferta per intervistare Ben, l'eccentrico batterista degli Swipe, teen band da poco conto, Tamara si innamora di quest'ultimo, cominciando una relazione decisamente movimentata soprattutto agli occhi dei compaesani, turbati dallo scuotersi della consuetudine. Non ha fatto però i conti con Jody, una ragazzina disposta a tutto pur di incontrare Ben, suo idolo. Nel mentre Nicolas continua spudoratamente a tradire la moglie, riservandole da bravo romanziere le scuse più assurde, che lei ingenua fatica a percepire.
Inutile dilungarsi più del dovuto, magari rovinando la sorpresa a qualcuno. Di fatto i personaggi fin qui citati avranno modo durante il corso degli eventi di reinventare le loro relazioni in maniera bizzarra e imprevedibile, disorientando lo spettatore.

Leggendo la trama è facile travisare i contenuti del film, confondibile con una languida soap opera, ma per fortuna siamo in un territorio diametralmente opposto. I temi sono trattati con sottile umorismo, il quadro d'insieme ci regala un film irriverente, ben congegnato e con spunti di genuina intelligenza.
I personaggi sono ben caratterizzati, capaci coi loro comportamenti di conferire tono alla storia. Come esempi abbiamo la giovane indecisa, il belloccio misterioso, la coppia scoppiata, il marito fedifrago, il cinquantenne disilluso, il tamarro esuberante, la ragazzina ansiogena. Quando c'è interazione tra di essi sono scintille e tutti gli aspetti sociali emergono in maniera entusiasmante per chiunque abbia un minimo interesse in materia. Questa è la differenza principale tra "Tamara Drewe" e la maggior parte delle commedie circolanti. Non si punta alla risata facile coadiuvata da una situazione ridicola, ma si cerca di strapparla tramite la riflessione; c'è quindi una vera interazione tra lo spettatore e la sceneggiatura, che non è subita passivamente ma ragionata.
E' quasi retorico affermare che un'opera del genere non può abbracciare una vasta fetta di pubblico, l'apprezza soprattutto l'appassionato cinefilo, oppure chiunque abbia un certo grado di malizia, nonché la propensione allo humour nero.

Considerando gli aspetti tecnici va sottolineata la sapiente ed accurata regia di Stephen Frears, priva di sbavature, la fotografia che pone in evidenza il paesaggio circostante e le musiche rilassanti.
A tal proposito, una chicca è "The fear" di Lily Allen; la si sente fuoriuscire dall'auto della protagonista ad inizio film. Promosso in toto il cast, decisivo nel conferire spessore come già descritto in precedenza.

In sostanza "Tamara Drewe" non definisce nuovi canoni all'interno dell'arte cinematografica, né tanto meno è da considerarsi un capolavoro, tuttavia porta con sé quella freschezza e genuinità che sanno strappare più di un sorriso, una volta tanto non telecomandato.

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Recensione a cura di 1819 - aggiornata al 01/12/2011 16.18.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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