Recensione terminator salvation regia di McG USA 2009
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Recensione terminator salvation (2009)

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locandina del film TERMINATOR SALVATION

Immagine tratta dal film TERMINATOR SALVATION

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Immagine tratta dal film TERMINATOR SALVATION
 

Prima o poi sarebbe emerso, perché era fin troppo invitante quel futuro di cui tanto si immaginava ma di cui non si riusciva mai ad intravederne l'azione. Ed eccolo, il futuro del mondo, il presente dell'ormai leggendario John Connor.

Nel 2003 Marcus Wright, condannato alla pena di morte, acconsente di donare il suo corpo per un esperimento scientifico poco prima della sua esecuzione. Nel 2018 l'intero pianeta si trova investito da una guerra epocale: uomini contro macchine. L'umanità forma un corpo chiamato Resistenza in grado di fronteggiare le macchine. John Connor, tra questi, è considerato un leader da molti e un falso profeta da altri. Nella speranza di trovare la strategia giusta per abbattere definitivamente le sedi centrali del network a capo delle intelligenze artificiali, Skynet, John Connor scoprirà di dover cercare e mettere in salvo il suo futuro padre Kyle Rees e di doversi fidare di un sofisticato prototipo di cyborg, una macchina che crede di essere un uomo.

Il quarto capitolo di "Terminator" sembra riuscire a riportare lustro e dignità alla saga, appiattita dalla fiacca sceneggiatura di "Terminator 3 – Le Macchine Ribelli", con uno stanco Schwarzenegger alla mercè della sua leggenda personale come androide. Cast nuovo, vita nuova. Lasciamo a casa i pregiudizi sulla semisconosciuta regia di McG. (all'attivo due "Charlie's Angels" come medaglie al valore), videoclipparo consumato, e facciamoci incuriosire dall'evoluzione della vicenda. Christian Bale è il John Connor leader, immerso completamente nella resistenza alle macchine, e fa da garante e da collante alla storia e alla sua validità, seguito da un meno conosciuto ma convincente Sam Worthington nei panni del cyborg di ultima generazione.

L'eroe leggendario John Connor, descritto e raccontanto con fascino irresistibile e devozione nel passato, velato dalla coltre di mistero del futuro, favola e lontana realtà, è ora attivo personaggio della storia. Il futuro è ormai presente e John Connor deve agire e decidere senza consigli altrui, riuscire pure a proteggere se stesso: ora è il passato a dover essere custodito e preservato, non il futuro. John Connor è definito un profeta, ma non perché ci si debba affidare a lui incondizionatamente e spiritualmente ma perché ordina e gestisce gli attacchi alle macchine con coscienza e senza mai distogliere l'attenzione dall'importanza di ogni singola vita umana. Non è un profeta in senso religioso, non predica e non crede di poter conoscere una qualche via spirituale di salvezza, lui sa come agire per resistere e combattere perché ha le informazioni necessarie per capire. Comprendere il passato per affrontare il futuro: in questo caso non si riferisce alla storia della guerra in atto, ma letteralmente alle notizie che la madre Sarah ha registrato per lui dal passato - che lei ha a sua volta dal futuro – come istruzioni militari in un vortice surreale di alternanze tra passato e futuro che può esistere solo in questa intrigante fantascienza. La sua investitura a profeta è dunque una questione pragmatica ma non priva di carisma. Il John Connor immaginato e idealizzato nei precedenti episodi non delude la realizzazione in "Salvation". L'asciutta e statica espressività di Christian Bale imprime il personaggio della credibilità giusta senza occultare quest'ultimo nell'attore e senza, al contrario, appiattirne la levatura. Quello che ci si trova davanti è un protagonista assoluto ma defilato, un personaggio conscio di se stesso come leader, con alle spalle un "passato-futuro" già ben assimilato: non ci sono esitazioni di personalità, è convinto pienamente della sua identità. Tale digestione d'informazioni caratteriali non è solo qualità attoriale ma anche conseguenza di un inquadramento delle azioni di John Connor nella sceneggiatura, connessa direttamente al John adolescente (Edward Furlong) ribelle e saggio di "Terminator 2" (saltando doverosamente la poco convinta e ancor meno convincente intepretazione di Nick Stahl, che pare più uno scimpanzè istruito per esecuzione e fattezze). Nei momenti in cui il personaggio deve mostrare una sua coerenza e integrità morale, tale esplicitazione avviene senza troppi fronzoli e senza retorica, con sicurezza credibile, concessa con parsimonia.

Al defilato protagonista fuori da ogni tempo e da ogni scadenza narrativa si affianca il personaggio di Marcus Wright, detenuto giustiziato in un passato meno remoto, ritornato in vita per una seconda possibilità, una redenzione: salvation. La fisicità e la fissità facciale di Sam Worthington omaggiano "Schwarzy" ma annettendo una maggiore umanità e un calore nuovo alla categoria androide. Il conflitto dell'uomo che ha sbagliato ed è convinto di dover pagare per il male che ha fatto è il punto di partenza per la caratterizzazione di una personalità combattuta costantemente dalla fraternizzazione col bene o col male. Si troverà ad affrontare una sfida interiore, nella quale la sua convinzione di essere umano vincerà sulla meccanica della sua biologia modificata, rendendolo forte del suo libero arbitrio e del suo cuore umano, in grado di scegliere da che parte stare. È un eroe vero (nel suo contesto fantascientifico) Marcus Wright, con la sua visione pessimistica da pensatore ottocentesco catapultato in una realtà diffidente e divisa che egli stenta a capire. Lui è un ponte evolutivo, una macchina umana, decide e sceglie da uomo ma si avvale comunque di una nuova forza. È un anomalo verso cui è facile provare empatia. È un cyborg evoluto, dotato di una nuova strategia d'azione (a lui stesso sconosciuta come tale), è però anche un uomo evoluto, rinato dalle sue ceneri, conscio dei suoi sbagli e in grado di riconoscere il sacrificio e la scelta. Non si può non apprezzarne l'intensità riflessiva e il suo lottare contro una natura che non conosce e non riconosce come sua. Può essere considerato il protagonista del capitolo, vista l'attenzione dedicatagli, ma è pur sempre un riflesso e una colonna a sostegno di John Connor.

Su questi due facce della stessa umanità futuristica si intersecano i valori politici di una storia sempre uguale. Una strategia di distruzione e un progetto d'estinzione mirato all'umanità sono timori atemporali e validi fino alla fine dei secoli. Le deportazioni assumono qui una generalizzazione all'intera umanità ma è un concetto meramente noto nella storia. Mentre la pericolosità dell'invadenza della tecnologia nella società umana è un vecchio retaggio culturale mai tramontato che affiora tenace nelle coscienze narrative. Implicito è il richiamo al Grande Fratello orwelliano, controllore e manipolatore di movimenti e pensieri che si serve della infida persuasione, illudendo il soggetto di aver scelto di propria volontà qualcosa che invece viene meccanicamente indotto: succederà a Marcus Wright di scoprire tristemente di essere uno strumento d'infiltrazione. Tutto è stato gestito e deciso. Il richiamo alla persuasione mediatica e indotta dal sistema economico è quasi in superficie per via di quelle parole che Skynet proclama senza il minimo trasporto in cui enuncia esattamente quest'assoluto controllo di cui si è ignari. Su questo si scontra la ridondanza del libero arbitrio, il potere in grado di elevare l'uomo al di sopra della macchina, l'azione che esalta o mortifica la natura umana. La macchina esegue e va fino in fondo al suo compito, l'uomo esita e riflette per poi scegliere cosa ritiene più giusto per la sua coscienza, o per il suo cuore, elemento largamente sottolineato (forse in uno slancio retorico azzardato) nel film.

La struttura di "Terminator Salvation" è ricca di richiami ai suoi precedenti episodi, quasi a voler rendere familiare l'habitat ai conoscitori della storia. Non avviene nessun trasporto temporale tramite bolla elettrica ma si parte comunque dalla focalizzazione del cyborg. In questo caso c'è un ribaltamento: l'androide non viene dal futuro ma arriva dal passato, in un inversione che evidenzia l'umanità di base del cyborg per la sua mancata conoscenza di ogni tipo di informazione, da quelle temporali fino all'ignorare di avere una missione per conto di Skynet. Il collegamento col primo "Terminator" è in composizione circolare, connettendo "Salvation" come se fosse preludio stesso dell'altro visto che John Connor si trova a dover trovare e proteggere suo padre che nel 2018 è ancora un ragazzino, Kyle Rees, il quale undici anni più tardi verrà mandato nel passato a difendere Sarah Connor. Particolarmente curioso è l'omaggio ad Arnold Schwarzenegger, che non esiste più come parte fisica del cast, ma è indelebile nella storia di "Terminator": un perfetto modello riprodotto graficamente appare nelle sequenze (di ambientazione topica nel primo e nel secondo) finali per affrontare e annientare John Connor. Un ritorno virtuale ai tempi d'oro di Schwarzenegger, clonato nelle fattezze della sua giovinezza culturista con cui battezzò l'identità del cyborg T-800. McG. ha deciso di rendere meritevole anche il terzo episodio di una piccola citazione nella scena in cui John Connor viene sfregiato in volto da una macchina che sta esaurendo le sue energie.
Infatti in una scena iniziale del terzo capitolo, si può osservare il protagonista invecchiato esultante in una città distrutta per la vittoria sulle macchine che riporta una cicatrice simile. Non è quindi da ritenersi totalmente escluso dal percorso narrativo nonostante il divario di qualità rispetto ai due Terminator precedenti.

L'importante ruolo femminile di Sarah Connor è rimpiazzato da quattro figure di minore rilievo ma decisive in alcuni passaggi chiave della storia. Kate Connor ha la sola importanza di essere la moglie di John, nonché futura madre del suo erede. Star, bambina che vive al fianco del giovane Kyle Rees, silenziosa osservatrice ma partecipe attiva di alcune mosse distruttive verso le macchine; l'affascinante combattente Blaire che si fida dell'umanità di Marcus tanto da invaghirsene ed infine la dottoressa Kogan, interpretata dall'ambigua Helena Bonham Carter, che spinge Marcus a donare il suo corpo al progetto scientifico sui cyborg e volto utilizzato da Skynet per spiegare a quest'ultimo la verità sulla sua nuova natura. Il richiamo in questo caso a Frankenstein (ormai stereotipo ridotto a banalità) cade alla perfezione: un cadavere che rinasce e vive la nuova esistenza nella frustrazione di essere diverso e nella sofferenza che questa diversità comporta; la Bonham Carter funge da perno citazionista al film Frankenstein di Kenneth Branagh, in cui lei stessa interpretò la tormentata Elizabeth rinata al fianco di Frankenstein. Marcus, nelle scene iniziali, cede il suo corpo per un bacio alla dottoressa Kogan e dopo un bacio a Blaire donerà il suo cuore (a coronazione del simbolismo a cui è legato questo) a John Connor.

A fronte di tali osservazioni, si può arguire che la carriera di McG. come regista può promettere bene, specie in vista del successivo episodio di "Terminator". Le scene d'azione sono ben articolate e ottengono la piena attenzione del pubblico, che può cibarsi esaurientemente di esplosioni panoramiche e di dettaglio, e combattimenti futuristici sensati. La fotografia inneggia al clima di guerra tipico del miglior videogioco contemporaneo in una miscela di grigi e sbiaditi verdi scuri alternati ai caldi colori del fuoco delle esplosioni.

Non rimarranno delusi i seguaci di "Terminator" e nemmeno gli appassionati del genere d'azione, la storia è asciutta e concentrata su dialoghi brevi ed efficaci e lunghe scene spettacolari che soddisfano il futuro immaginato negli anni '80 per il condottiero John Connor. La storia apparirà comprensibile ai profani di "Terminator" e simile a una caccia al tesoro per gli accaniti fan per i richiami sparpagliati nel corso della storia. Resteranno insoddisfatti coloro che invece non hanno conosciuto le glorie di "Terminator" attenendosi ad una rigida logica realista, che nulla ha a che vedere col fantascientifico mondo connoriano. Il prodotto è consono al genere, in linea con l'idea originale e sicuramente godibile, apprezzabile da chiunque intenda valutarlo senza pregiudizi e inutili snobismi intellettuali.

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Recensione a cura di ele*noir - aggiornata al 11/06/2009

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