Recensione the truman show regia di Peter Weir USA 1998
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Recensione the truman show (1998)

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Miglior attore in un film drammatico (Jim Carrey)Miglior attore non protagonista (Ed Harris)Miglior colonna sonora (Burkhard von Dallwitz, Philip Glass)
VINCITORE DI 3 PREMI GOLDEN GLOBE:
Miglior attore in un film drammatico (Jim Carrey), Miglior attore non protagonista (Ed Harris), Miglior colonna sonora (Burkhard von Dallwitz, Philip Glass)
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locandina del film THE TRUMAN SHOW

Immagine tratta dal film THE TRUMAN SHOW

Immagine tratta dal film THE TRUMAN SHOW

Immagine tratta dal film THE TRUMAN SHOW

Immagine tratta dal film THE TRUMAN SHOW

Immagine tratta dal film THE TRUMAN SHOW
 

"Libertà, l'ho vista dormire nei campi coltivati,
a cielo e denaro, a cielo ed amore,
protetta da un filo spinato
".
Fabrizio De André: "Il Suonatore Jones".

"Noi accettiamo la realtà del mondo così come questa si presenta".
Christof, autore del Truman Show.

I film, quelli veri, i soli capaci di far davvero vivere la Settima Arte sono il risultato di un lavoro corale, in cui si congiungono con armonia le capacità artistiche e le capacità tecniche di tutti gli individui che concorrono alla creazione dell'opera.
In molte occasioni si è dibattuto di quanto conti la regia, piuttosto che la sceneggiatura, la fotografia le interpretazioni eccetera. Un dibattito sterile, poiché l'essenza del cinema scaturisce dal perfetto equilibrio fra tutte le sue componenti e la loro orchestrazione.

"The Truman Show" nasce direttamente da una sceneggiatura originale dell'artista neozelandese Andrew Niccol. Questi aveva esordito nel 1997, l'anno precedente, con il film "Gattaca", di cui era stato regista oltre che sceneggiatore. E, se in questa sua prima opera aveva già manifestato il proprio genio artistico e creativo, con il copione di "The Truman Show" Niccol dimostra maestria e maturità stilistica, dando vita a una sceneggiatura semplicemente perfetta.
Andrew Niccol, che come formazione artistica nasce come regista di spot pubblicitari, avrebbe voluto dirigere questa nuova opera, ma per non meglio precisate scelte artistiche e produttive la regia fu proposta in un primo momento a David Cronenberg, che la rifiutò, poi fu preso in considerazione Sam Raimi e, infine, essa fu assegnata al regista australiano Peter Weir.
Anche per quanto concerne gli interpreti si sono verificati dei passaggi di mano. Il più noto è quello che ha visto succedere Ed Harris a Dennis Hopper, che lasciò il set dopo il primo giorno di riprese, nel ruolo di Christof. Anche la candidatura di Jim Carrey nel ruolo di Truman Burbank non è stata pacifica. La produzione sembrava non riporre piena fiducia nelle qualità dell'attore e temeva che il suo personaggio restasse prigioniero dei ruoli demenziali interpretati precedentemente da Carrey.
Tuttavia, Jim Carrey, che non voleva restare prigioniero degli archetipi interpretativi dei suoi film precedenti, desiderava fortemente l'assegnazione del ruolo di Truman e pur di ottenerlo si dichiarò disposto ad accettare un cachet assai inferiore rispetto a quello che ormai gli era abitualmente riconosciuto.
Si deve premettere che una certa parte della critica ha reputato che i soli due "difetti" (da intendersi come inadeguatezze) di questo film siano stati la scelta del regista e dell'attore protagonista. In questa sede è impossibile stabilire se questo film avrebbe potuto essere migliore se diretto magari dallo stesso Andrew Niccol e se interpretato da qualcun altro. Inoltre, visto il risultato finale dell'opera, questo problema non dovrebbe neppure porsi.
Quello che preme ricordare è che Peter Weir, Ed Harris e Andrew Niccol ottennero la candidatura al Premio Oscar rispettivamente come Miglior Regia, Miglior Attore Non Protagonista, Miglior Sceneggiatura Originale, ma non ne vinsero nessuno. Carrey non ottenne neppure la candidatura e la statuetta come Miglior Attore Protagonista andò a Roberto Benigni per "La Vita è Bella".
Tuttavia, Weir, Carrey, Harris e Niccol fecero incetta di moltissimi altri riconoscimenti cosiddetti "minori".

"The Truman Show" racconta la storia di Truman Burbank, un impiegato di una società di assicurazioni che vive nella pacifica ed idilliaca Seaheaven, tipica cittadina della provincia americana. Ma Truman in realtà è l'ignaro protagonista del più seguito reality show del pianeta terra. Egli fu adottato da un network quando era ancora in utero e il suo parto fu mostrato in diretta mondiale. Intorno a lui fu costruita una cittadina immaginaria popolata da attori alle dipendenze del network. Uno spettacolo in cui tutto è falso ad eccezione del suo protagonista, che vive la propria esistenza continuamente spiato dall'occhio di oltre cinquemila telecamere nascoste.

Da questo momento in poi si sconsiglia la lettura di quanto segue a chi ancora non avesse visto il film, poiché nel corso di questa analisi si riveleranno tutti gli eventi salienti della pellicola, incluso il suo finale.

Che lo Show abbia inizio.

"Siamo veramente stanchi di vedere attori che ci danno false emozioni [...] Anche se il mondo in cui si muove e in effetti per certi versi fittizio, simulato, non troverete nulla in Truman che non sia veritiero. Non c'è copione, non esistono copie. Non sarà sempre Shakespeare, ma è autentico. È La sua vita!".
Christof, autore del Truman Show.

Il film si apre con un primo piano di Christof (Ed Harris), l'autore del Truman Show, che spiega al pubblico in sala, identificandolo con il fittizio pubblico televisivo, che cosa sia il Truman Show.
Come in un trailer, il volto di Christof si alterna con quello dei principali attori protagonisti: il primo è Truman Burbank (Jim Carrey) che interpreta se stesso; la seconda è Hannah Gill (Laura Linney) che interpreta Maryl Burbank, la moglie del protagonista; il terzo è Louis Coltrane (Noah Emmerich) che interpreta Marlon, il miglior amico di Truman.
La vicenda prende avvio nel giorno 10.909, poco prima che Truman compia trent'anni.
Cominciano a verificarsi alcuni piccoli incidenti di manutenzione del set come un riflettore che cade dal cielo e si schianta al suolo a pochi metri da Truman o la pioggia che comincia a cadere solo sulla testa del protagonista, lasciando asciutto l'ambiente circostante.
Il giorno seguente si verifica l'evento che precipita Truman in un spirale di dubbi e di domande dalle risposte inaccettabili, che scatena un profondo turbamento nel protagonista dello Show.

Questo è l'inizio del film, ma non è l'inizio dello Show.
Da che cosa trae origine, dunque il programma televisivo ideato ("created", in lingua inglese) da Christof? Lo Show, lo si apprende dalle stesse parole di Christof durante un'intervista che egli rilascia a metà film, ha avuto inizio con la nascita del suo protagonista. La prima nascita in diretta mondiale, una pietra miliare nella storia della televisione.
E su quali basi poggia la struttura portante dello Show? Sul voyeurismo, da intendersi come l'incapacità dell'individuo di vivere da protagonista la propria esistenza e il bisogno di vivere di riflesso la vita altrui.
Su questo torneremo più avanti.

La prima cosa che colpisce chiunque non si voglia fermare alla superficie apparente di questo capolavoro, ma voglia cercare di compiere un'analisi dei molteplici messaggi che questi vuole trasmettere, è l'incredibile eterogeneità e l'incommensurabile portata dell'opera che lo attende.
Il primo e più lapalissiano messaggio che si può trovare in questo film consiste in una denuncia contro lo strapotere del mezzo televisivo nella società odierna. Ma, benché questo messaggio sia gridato a gran voce, non è certo soltanto di questo che gli autori vogliono parlare, anzi, questo diventa un mero pretesto narrativo per parlare di tematiche umane, filosofiche, sociali, politiche ed economiche assai più vaste e più profonde.
Raramente nella storia del cinema un film è stato capace di affrontare contemporaneamente così tante problematiche, esponendole con lucida chiarezza, senza nessuna pretesa né alcun autocompiacimento. In alcuni casi gli autori gridano, in altri sussurrano, ma dicono tutto quello che volevano dire anche se qualcosa è passato inosservato agli occhi del pubblico.

"The Truman Show" nella sua ora e trentacinque minuti di durata (titoli di coda inclusi) ha una struttura compatta e così densa da risultare il frutto di un lavoro immenso.
Per spiegare questo si deve ritornare ad analizzare la perfetta sceneggiatura di Andrew Niccol.
La vicenda narrata si svolge in pochi giorni, circa una settimana, con un solo sbalzo temporale che resta indeterminato: il periodo di tempo che intercorre fra il giorno, mai mostrato al pubblico, in cui Meryl lascia Truman, e il momento in cui questi decide di fuggire. Tuttavia, la progressione narrativa lascia chiaramente intendere che si tratta di un lasso di tempo complessivamente breve.
La sceneggiatura descrive e cristallizza l'intera vita di un uomo attraverso la descrizione del suo presente.
È ovvio che quello che un uomo è, nel proprio presente, sia la sintesi di tutte le sue esperienze pregresse, ma queste per ovvie ragioni di economia cinematografica non possono essere mostrate allo spettatore, poiché equivarrebbe a fare un film lungo quanto la vita del suo protagonista.
La sottrazione diviene dunque indispensabile, ma, si badi bene, non deve essere confusa con la sintesi.
Il lasso di tempo in cui si concentra l'azione di questa pellicola non è la sintesi della vita di Truman e non è neppure il suo epilogo. Ed è qui che Andrew Niccol compie il proprio capolavoro, evitando con abilità la trappola che attende ogni sceneggiatore: il vuoto narrativo.
La regola fondamentale cui ogni sceneggiatore dovrebbe attenersi è molto semplice: conoscere tutto il passato dei personaggi che ha creato e il perché di ogni loro singolo gesto e di loro ogni singola azione.
Il rispetto di questa regola, così elementare ma al tempo stesso difficile, dà struttura, credibilità, coerenza e solidità narrative al film.
Non ha nessuna importanza che il pubblico conosca tutti i dettagli e tutta la storia pregressa di ogni singolo personaggio di un film, ma è, invece, indispensabile che questi elementi siano ben chiari nella testa dello sceneggiatore al momento della stesura del film. E questo non serve solo ed esclusivamente allo sceneggiatore, ma a tutti coloro che lavorano sul set cinematografico.
Per esempio Niccol e Weir hanno consegnato a Ed Harris la biografia di Christof affinché l'attore potesse comprendere pienamente il personaggio e sapesse impersonarlo nel migliore dei modi. Naturalmente della vita pregressa di Christof, alla fine del film, il pubblico ne sa poco o niente, ma gli autori che hanno creato il personaggio, invece, ne sapevano ogni cosa. Per esempio Christof nella propria carriera ha vinto un premio per un film sui senzatetto da lui diretto.

L'opera compiuta da Niccol è di una perfezione rara oggigiorno, oltre che di una complessità e di una bellezza incommensurabili.
Non può non suscitare indignazione in chiunque conosca l'arte della sceneggiatura constatare che un lavoro così eccellente non abbia ottenuto quello che per il momento è reputato essere il massimo riconoscimento in campo cinematografico: il Premio Oscar per la miglior sceneggiatura originale. Nella corsa agli Oscar, infatti, questo premio fu vinto da Marc Norman e da Tom Stoppard per la sceneggiatura di "Shakespeare in Love" (1998) di John Madden. Si lascia al lettore l'opportunità di valutare se la scelta dell'Academy sia stata equa oppure no.

Ritornando al quesito di partenza si può quindi rispondere che il Truman Show comincia con la nascita del suo protagonista ma trae origine dal passato di Christof e quindi dalla penna di Niccol.

Il Prigioniero.

"Io ho dato l'opportunità a Truman di vivere una vita normale. Il mondo, il posto in cui vivi tu, quello sì che è malato. Seaheaven è come il mondo dovrebbe essere".
Christof, autore del Truman Show.

Nel 1967 nasceva da un'idea originale dell'attore Patrick McGoohan la serie televisiva intitolata "The Prisoner", che raccontava la storia di un agente segreto che, dopo aver rassegnato le dimissioni, veniva drogato, rapito e imprigionato in un villaggio idilliaco.
È a questa serie televisiva che Andrew Niccol ha fatto riferimento per tracciare lo spunto di "The Truman Show".
E Truman non solo è prigioniero a Seaheaven ma è anche vittima di un'infinità di condizionamenti che, fin dai suoi primi anni di vita, hanno voluto e hanno saputo reprimere il suo naturale desiderio di conoscere e di esplorare il mondo, insinuando in lui la paura di viaggiare. L'evento più agghiacciante escogitato da Christof è stato quello di far morire il padre di Truman in seguito ad un naufragio durante una gita in barca. Il trauma fu così profondo che Truman dimostra chiaramente di essere incapace di oltrepassare un qualsiasi corso d'acqua anche se questo è attraversato da una passerella o da un ponte. E questo è di fatto limitante dato che la cittadina di Seaheaven Island (letteralmente "Isola Paradiso del Mare", quindi porto sicuro) è collegata alla terra ferma da un singolo ponte stradale.
Quindi qui troviamo la prima tematica affrontata dal film, quella che a nessuno è sfuggita, la più gridata dagli autori: lo strapotere della televisione che si appropria delle vite altrui.
Immediatamente a questa tematica si accompagna quella del condizionamento subdolo che una società, o meglio un governo, può operare sui suoi consociati. Il condizionamento avviene a trecentosessanta gradi e agisce attraverso l'indottrinamento, il disfattismo, la soppressione dell'individualismo, la colpevolizzazione dell'individuo e, più propriamente, attraverso la creazione di un vero e proprio complesso di colpa.
E così troviamo una maestra che castra i sogni del piccolo Truman esploratore con le semplici parole:
"È troppo tardi, non c'è più niente da esplorare!".
Ascoltiamo alla radio l'apologia di quanto sia bello il paese in cui si vive e quanti sia sciocco e inutile andare a cercare altrove qualcosa, quando si ha già tutto a casa propria.
Assistiamo a programmi televisivi che offrono "un delicato elogio della vita di una piccola città" e che spiegano che "non serve abbandonare la propria casa per scoprire il significato del mondo".
Vediamo improbabili agenzie di viaggio con ancor più improbabili poster raffiguranti disastri aerei e con la scritta: "Potrebbe accadere anche a te!".
Tutto questo fino alla scelta narrativa di far morire il padre del protagonista per indurre in lui una fobia e un forte senso di colpa, che proprio le persone più vicine a Truman, come sua madre e sua moglie, collaborano a non far mai scemare.
Laddove la coercizione psicologica non è sufficiente si passa a quella fisica che si manifesta attraverso la creazione di ostacoli (un rabbioso rottweiler, maratoneti che impediscono di attraversare la strada, improvvisi ingorghi stradali, incendi inverosimili, disastri nucleari) o addirittura con l'inseguimento e con la cattura del dissidente.
È da antologia nella sua forte drammaticità la sequenza in cui Truman è braccato nel bosco e catturato da uomini senza identità (indossano tute anti-radiazioni) che lo immobilizzano anche con l'ausilio di una rete, come se si trattasse di un animale pericoloso scappato dalla gabbia del circo.
E se Seaheaven è una prigione dagli ampi confini, questa non è la sola cella che intrappola Truman.

"È tutto reale, è tutto vero. Niente di quello che vedi nello Show è finto. È semplicemente controllato".
Louis Coltrane: Marlon, il miglior amico di Truman.

Tutto è controllato. Non c'è niente di vero nella vita di Truman ad eccezione di lui stesso.
Non c'è scelta del luogo in cui vivere, non c'è la scelta della propria compagna, non c'è la scelta del proprio lavoro né dei propri amici.
Tutto è stato già deciso!
Ed ecco così che proliferano le sbarre che intrappolano l'ignaro Truman. È prigioniero di un matrimonio, immagine sociale obbligatoria e fittizia, che lo rende "normale". È prigioniero del complesso di colpa per la morte del padre. È prigioniero di uno stile di vita precostituito ed accettato perché è il solo che ha avuto modo di conoscere.

Realtà e rappresentazione della realtà.

In senso più lato Truman non è fisicamente prigioniero, ma lo è socialmente e mentalmente. Egli fa parte di una società fittizia, ma per lui reale.
Se il mondo creato da Christof può apparire come una versione idilliaca del mondo descritto da Orwell in "1984", la concezione che Niccol ha voluto offrirci della realtà e della sua accettazione da parte dell'essere umano discende direttamente dal "Mito della Caverna" di Platone.

"Potrebbe andarsene quando vuole. Se fosse qualcosa di più di una vaga aspirazione, se fosse assolutamente determinato a scoprire la verità, noi non potremmo fermarlo. [...] Truman preferisce la sua cella!".
Christof, autore del Truman Show.

Truman ha accettato il mondo che lo circonda come vero. Egli è dunque prigioniero anche della propria, incolpevole, ignoranza.
Sotto molti profili Seaheaven è un luogo ideale in cui vivere, ma il dilemma nasce là dove non c'è libertà di scegliere. Se Truman avesse visitato tutto il mondo e poi avesse scelto di trasferirsi a Seaheaven (quella che forse, se ne avesse avuto l'occasione, sarebbe stata la scelta proprio di Christof) allora sarebbe artefice del proprio destino. Ma Seaheaven è, invece, la sola realtà che egli abbia mai conosciuto e per questo Truman non è diverso dall'uomo in catene prigioniero della caverna di memoria Platonica. E Truman è costretto ad accettare quella realtà quasi come un atto di fede.
Anche qui la critica sociale e politica mossa dagli autori è evidente e non è circoscritta al mondo televisivo né allo strumento televisivo come sola fonte di controllo delle masse.
Qui si parla di manipolazione delle informazioni, ma anche delle coscienze.
La creazione di eventi catastrofici finalizzati al conseguimento del proprio fine.
Il network televisivo che ha bisogno di Truman non indugia a creare incendi o tempeste pur di trattenere il proprio protagonista. Uno Stato che deve legittimarsi di fronte agli occhi dei cittadini, non esita a creare sciagure e calamità (naturali?) per ricordare alla popolazione quanto questa abbia bisogno di lui e del suo aiuto salvifico oltre che benefico.
Queste allegorie sono state riprese in modo differente e meno incisivo, anche se più urlato, da molte altre pellicole posteriori a "The Truman Show", come ad esempio "Matrix" (1999) dei fratelli Wachowski e "The Village" (2004) di M. Night Shyamalan.

Il Network televisivo per continuare ad esistere ha bisogno di Truman, così come uno Stato per esistere ha bisogno di un popolo.
Le formule sono analoghe a quelle riportate nei principi fondanti degli stati a legalità materiale generalmente di matrice nazional-socialista che affermano di voler garantire la qualità della vita e della salute del proprio popolo proteggendolo, se necessario, anche da se stesso.
In altre parole è bene cercare di impedire a Truman di lasciare Seaheaven, perché fuori da quell'ambiente protetto egli correrebbe ogni genere di pericolo.
Si legge, infatti, sulle magliette indossate dai membri della sicurezza all'interno della Stanza Lunare:
Love Him
Protect Him

Il Grande Architetto e il frutto proibito.

"Io sono il creatore... di uno show televisivo".
Christof, autore del Truman Show.

Complesso e fondamentale è il personaggio di Christof, "l'architetto di quel mondo nel mondo che è Seaheaven Island".
Egli conosce la realtà, per questo è stato capace di creare una realtà alternativa che ai suoi occhi è perfetta, "il mondo così come dovrebbe essere".
Come uno scrittore nei confronti dei propri personaggi, Christof è il dio di Seaheaven, è il dio di Truman.
I personaggi che si muovono all'interno dello Show sono tutti stati creati da Christof. Tutti tranne Truman. Gli attori hanno dei personaggi da interpretare e dei copioni da rispettare. Se un attore disubbidisce, viene immediatamente colpito dall'ira divina che si abbatte su di lui.
Gli attori, infatti, così come i personaggi che interpretano e come lo stesso Truman, si muovono in un mondo tridimensionale che vivono in un'ottica soggettiva.
Questa non è la visione che ha Christof. Egli domina il mondo dall'alto. Quando Truman percorre una strada, non può sapere chi incontrerà dietro l'angolo del primo incrocio, ma Christof, invece, lo sa anticipatamente grazie alla propria visione.
Una personalità estremamente complessa, ma perfettamente sintetizzata da quella singola immagine durante la quale Christof accarezza sullo schermo gigante il viso di Truman, che sta dormendo. Il creatore che ama la propria creatura; il padre che ama il proprio figlio; l'artista che si commuove davanti alla propria opera.

È proprio in questo contesto che assume ancora maggior forza il nome stesso del protagonista.
Truman, infatti, è evidentemente la contrazione delle parole "True" e "Man", ossia uomo vero.
L'unico uomo in una realtà fatta di attori e di comparse.

E qui ancora ritroviamo l'allegoria politica.
Gli attori che non interpretano correttamente il proprio ruolo, come accennato, vengono in un modo o nell'altro liquidati. Ne è un esempio eclatante Sylvia (Natascha McElhone) che interpreta Lauren e che per prima cerca di aprire gli occhi a Truman. Come Eva ad Adamo, Sylvia offre a Truman la mela della conoscenza e per questo viene immediatamente liquidata dal set televisivo.
Il personaggio di Sylvia in "The Truman Show" non è diverso da quello di un dissidente eversivo che cerca di far scoprire alla popolazione gli inganni con cui il Governo si autolegittima al potere.
Una tipologia di personaggio che ricorda da vicino lo Zed (Sean Connery) di "Zardoz" (1974) di John Boorman. Un personaggio che ricorda lo Zarathustra di Nietzsche.
La rivelazione della verità fa cadere i dogmi di fede. La conoscenza è quel martello impietoso di nietzscheciana memoria che si abbatte sugli idoli, distruggendoli e dimostrando che sono soltanto delle forme vuote, prive di qualsiasi contenuto.

"Avevano detto che c'era la Libertà".
Giovanni Verga: "Libertà".

Nel mondo di Seaheaven la libertà non esiste. Essa è una mera illusione, la proiezione di una catena immaginaria che si nasconde dietro la concessione del miraggio di essere padroni di alcune limitate, controllate e programmate scelte della propria vita. Anche qui non c'è molto di diverso dalla realtà politico-sociale di tutti gli Stati che esistono sul pianeta terra. Chi in un modo chi in un altro offre l'illusione ai cittadini di essere liberi, ma le libertà sono quasi sempre controllate e assai limitate, vuoi con la scusa della convivenza civile, vuoi con la scusa della sicurezza, della salute, dell'integrità fisica e morale.
Qualsiasi scelta di Truman è frutto di un condizionamento a partire dal suo lavoro, alla sua casa, a sua moglie.

Il Viaggio.

"Navigammo su fragili vascelli per affrontar del mondo la burrasca".
Fabrizio De André: "Tutti morimmo a stento".

Già nei poemi omerici il viaggio per mare è metafora della vita.
E così Truman come Ulisse s'imbarca per mare e affronta la tempesta fino a raggiungere i limiti del mondo conosciuto.
La parte finale del film non avrebbe potuto essere più bella e più simbolica.
Durante tutta la durata di "The Truman Show", striscia sinuosamente la tematica del viaggio come metafora della vita stessa.
Il dilemma su cui bascula l'esistenza di Truman è la scelta fra il certo e l'incerto, fra la sicurezza di un mondo conosciuto e l'insicurezza di un mondo sconosciuto.
La paura di viaggiare si traduce in paura di vivere, ma la paura è anche l'arma principale con cui il network condiziona le scelte del protagonista.
E così Truman affronta la più grande delle proprie paure, prende la barca e abbandona Seaheaven, il porto sicuro, alla volta di una nuova vita.

"Esplose allora la tempesta ed era forte e violentissima".
Coleridge: "La Ballata del Vecchio Marinaio".

Per persuadere Truman a tornare indietro Christof scatena su di lui la furia della tempesta, prima per far leva sulle sue paure, poi, per dar sfogo alla propria ira.
Metafora delle traversie della vita e degli ostacoli da superare, oltre che segno della collera divina, la tempesta simboleggia anche il destino che cambia le rotte e quindi le direzioni, che gli uomini decidono di percorrere, obbligandoli ad intraprendere nuovi percorsi e ad affrontare nuove prove.
Dopo la tempesta, il viaggio di Truman riprende ed egli arriva ai confini del mondo. L'ultimo confine da superare per andare oltre se stesso, per abbandonare quell'esistenza artificiosa che altri gli hanno ritagliato intorno ed essere finalmente un uomo libero.

"Ho Toccato il Cielo".
Titolo di un episodio della serie televisiva "Star Trek".

Il muro celeste contro cui sbatte la sua imbarcazione non è solo un retaggio della mitologia classica che vedeva nelle Colonne d'Ercole il confine del mondo. L'immagine esce direttamente dal libro di C.S. Lewis "Il Viaggio del Veliero".
La simbologia della scala che conduce ad una piccola porta oltre la quale c'è l'oscurità ha una potenza magnifica.
Christof parla a Truman dal cielo e cerca di trattenerlo nel suo Eden.
Truman saluta il mondo conosciuto con un sorriso beffardo e un inchino da primo attore, per poi attraversare la soglia dell'ignoto.

L'uomo vero, il True Man, è colui che costruisce se stesso affrontando e superando i propri limiti. Anche da questo splendido finale risulta evidente quanto la sceneggiatura di Niccol sia intrisa dalla filosofia di Nietzsche e dalla sua concezione apertamente "Contro lo Stato".
Lo Stato limita l'uomo e lo sfrutta per giustificare la propria esistenza. L'Uomo Vero, quello che per Nietzsche si inquadra nel Tipo Forte, è quello che riesce a liberarsi da tutte quelle catene che lo Stato gli ha imposto, siano esse fisiche o morali.
Truman non ha più bisogno di qualcuno che decida che cosa sia meglio per lui. Egli raggiunge la libertà vincendo le proprie paure, fra cui quella della morte, e ricercando una verità che non sia quella raccontata da altri.
Truman con le proprie mani tocca il Cielo, il confine fra l'uomo e Dio, Il Limite del Creato, e vi sbatte contro fin quando non trova un varco.
Egli ha finalmente la prova tangibile della bugia in cui è vissuto e solo in quel momento il cielo, non più quello dipinto sul muro bensì quello che lo sovrasta, si apre e la voce divina di Christof gli si rivolge, offrendogli quella scelta di vita che fino a quel momento gli era stata negata.
Truman sceglie la Vita.

Protagonismo e Voyeurismo.

Come accennato all'inizio, "The Truman Show", ossia "lo spettacolo del vero uomo" ci parla di un protagonista inconsapevole, che vive in una gabbia dorata come una bestia da circo. Ma attorno a lui ruotano due mondi: quello degli spettatori e quello degli attori.
Spiare la vita altrui, cercare emozioni che siano vere e non frutto della penna di abili sceneggiatori, è diventata la moda televisiva degli ultimi anni.
"The Truman Show", partendo da una tendenza che all'epoca era ancora in stato embrionale, si è rivelato tristemente profetico per quello che è divenuto il destino delle televisioni e il mefitico dilagare dei cosiddetti reality show.
Alcuni personaggi del pubblico dello show, come ad esempio l'uomo nella vasca da bagno, dimostrano in modo quasi caricaturale l'incapacità di vivere una vita propria, avendo la necessità di vivere di riflesso la vita di Truman.
Questa forma di voyeurismo si riallaccia alla tematica della paura di vivere e di affrontare le intemperie della vita e, in senso più generale, alla citata distinzione di Nietzsche fra il "Tipo Forte", quindi individuale e il "Tipo Debole" e quindi gregario, individuati e caratterizzati nel film dalla distinzione fra gli autori del programma televisivo, incluso l'intero cast artistico, e il pubblico dello show.
L'incapacità di vivere, anche se appena accennata, è una delle tematiche portanti di questa pellicola.

Le Maschere Nude.

"La mia vita è il Truman Show. Il Truman Show è uno stile di vita" Hannah Gill: Meryl, moglie di Truman.

Abbiamo detto che il mondo in cui si muove Truman è popolato da attori, da persone che recitano un ruolo sociale.
Questa realtà si traduce con una critica alla falsità e all'ipocrisia che permea la società occidentale.
Una tematica tanto cara a Pirandello, che qui viene affrontata con piglio geniale e innovativo.
Lo stesso Christof cercherà di spiegare a Truman che non c'è nessuna differenza fra le falsità, le ipocrisie e le bugie di Seaheaven e quelle che egli incontrerà nel mondo reale.

La fine dello spettacolo.

Uno Show non può non avere una fine.
Il Truman Show finisce nel momento in cui Truman varca la soglia di uscita.
Questa è la fine del programma televisivo.
In un certo senso è la morte di Truman Burbank e di tutti gli autori del Truman Show.
In particolare questa fine coincide con la morte di Christof, come autore, come dio, come padre. Inoltre, se la fine dello show conduce Truman verso una rinascita individuale, per Christof è vero il contrario: nel momento stesso in cui la sua creatura varca la soglia e scompare nelle tenebre, la sua vita è finita.
Il pubblico invece resta là. Qualcuno si dispera, qualcuno gioisce, tutti cambieranno canale.
In questo senso è chiaro il messaggio relativo al rapporto fra mass media e pubblico: la televisione non offre al pubblico quello che questi desidera vedere, ma gli impone le proprie scelte creando e distruggendo fenomeni di massa.
La vita assurge a spettacolo fin quando non interessa più a nessuno. A quel punto restano soltanto le tre morti: quella artistica, quella sociale, quella fisica.

Senza spingerci ancora oltre nei vasti meandri della simbologia di questo capolavoro, concludiamo con una rapida analisi tecnica.

La regia di Peter Weir è sublime. Egli riesce inizialmente a trasmettere con perfezione e con esattezza la sensazione di assistere ad una trasmissione televisiva. Il continuo ricorso a campi medi e ravvicinati attraverso veloci ingrandimenti, i contorni dello schermo anneriti o sgranati, i continui spot pubblicitari fittizi operati dagli attori del Truman Show e il comportamento caricaturale di alcuni personaggi secondari, sono serviti a rendere ancora più forte e più credibile l'impostazione televisiva del prodotto.
Tuttavia, senza mai perdere di coerenza né di continuità stilistica ed artistica, Weir regala al pubblico degli esercizi di regia cinematografica perfetti e sempre funzionali, ricordando allo spettatore che non sta assistendo ad uno show televisivo, ma a un film su uno show televisivo.
La vicenda, benché in realtà fortemente drammatica, è raccontata con il piglio di una commedia, con inquadrature dinamiche e veloci.
Le musiche di sottofondo, da Mozart a Brahms a Chopin, contribuiscono incisivamente a mantenere la vicenda su toni ilari.

Jim Carrey ed Ed Harris regalano al pubblico due interpretazioni magistrali.
In particolar modo, Jim Carrey ha dimostrato le sue eccellenti capacità interpretative tanto ai suoi ammiratori, quanto a tutti i suoi detrattori, fra cui anche alcune eminenze grigie delle società di produzione.

Il musicista Philip Glass compare in un cammeo in veste di pianista nella Stanza Lunare.

Da segnalare anche la presenza dell'allora poco conosciuto Paul Giamatti nel ruolo di Direttore della Sala di Regia e del bravissimo Philip Baker Hall nel ruolo di produttore del network.

A prestare il proprio volto per gli esterni di Seaheaven è una piccola località della Florida che si chiama Seaside.

Si deve notare che questa pellicola è curata alla perfezione in ogni singolo dettaglio ed è ricca di citazioni cinematografiche, televisive e letterarie.
Per esempio non solo quello di Truman, ma ogni nome è frutto di un gioco. Sua moglie si chiama Meryl, come Meryl Streep. Il suo miglior amico si chiama Marlon, come Marlon Brando, e il nome dell'attore che lo interpreta è Louis Coltrane. Nome derivato dalla contrazione dei nomi di due indimenticabili artisti della musica jazz: Louis Armstrong e John Coltrane. Non a caso il personaggio di Marlon suona una tromba.
Il padre di Truman si chiama Kirk, come Kirk Douglas, mentre la madre si chiama Angela, come Angela Lansbury.
È altresì evidente come tutti gli attori che popolano Seaheaven ruotino intorno a Truman e si trovino là proprio per lui. Non stupisce quindi la scritta sui due archi del centro di Seaheaven, chiaramente visibili durante la scena in cui il padre di Truman, rientrato di nascosto sul set dopo ventidue anni di assenza a causa della morte del proprio personaggio, viene allontanato da alcune comparse facenti parte del servizio di sicurezza del network. Essa recita in latino: Unus Pro Omnibus, Omnes Pro Uno. Uno per tutti, tutti per uno. Celeberrima frase di Alexandre Dumas contenuta nel romanzo "I Tre Moschettieri". A questo deve aggiungersi che tutte le strade e le piazze di Seaheaven portano i nomi di attori celeberrimi.

"The Truman Show" è un film magnifico e, ancora oggi e nonostante il successo di critica e di pubblico, tutto sommato sottovalutato.
Si tratta di un film sostanzialmente scomodo che, attaccando in superficie i mass media e il loro potere, si scaglia contro le istituzioni, mettendone in ridicolo il loro delirio di controllo dell'individuo e la loro vergognosa e subdola coercizione psicologica e sociale volta alla distruzione dell'individualità e alla produzione di una popolazione uniforme e passiva disposta a credere in valori civili e sociali imposti.
In questa sede si sono analizzate soltanto alcune delle tematiche affrontate da questo film, perché andare oltre significherebbe scrivere un vero e proprio saggio.
Sarebbe stato altresì inutile spendere poche righe per dire questo è un film d'importanza epocale nella storia del cinema e che dovrebbe essere oggetto di studio per chiunque desideri lavorare nella Settima Arte.
È bello sapere che ancora oggi esistono film di questo livello ed è altrettanto bello scoprire che, in barba ai critici e ai politicanti dell'Academy, il pubblico abbia amato questa pellicola.

A tutti coloro che hanno amato questo film così come a tutti quelli che non lo hanno apprezzato o che, addirittura, lo hanno osteggiato, possiamo solo dire:

"Casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!"

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Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli - aggiornata al 23/10/2009

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