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In un prossimo futuro, la Polizia di Tokyo è stata privatizzata per meglio combattere la piaga degli "Engineers", creature mutanti che sono in grado di generare potentissime armi da qualsiasi ferita venga loro inflitta. Il solo modo di ucciderli è quello di estirpare un tumore a forma di chiave geneticamente impiantato all'interno dei loro corpi, compito a cui sono addestrati abilissimi cacciatori armati di spada. Il loro leader è Ruka, una ragazza con tendenze autolesioniste il cui padre, capo del movimento contrario alla privatizzazione delle forze di polizia, è stato assassinato anni prima durante una manifestazione di piazza. Ruka si metterà in caccia del folle scienziato creatore dei mutanti, il misterioso "Key Man", solo per scoprire di essere legata a lui più di quanto pensasse.
Ennesima escursione nei territori della carne mutante, nipotino degenere delle metafore del corpo esibite dal cinema punk dello Tsukamoto degli esordi e del Sogo Ishii di un ventennio fa, "Tokyo Gore Police", invasato da affettuosa vocazione teratologica, procede per sconsiderato accumulo, offrendo allo spettatore un meraviglioso (nel senso di "monstrum") campionario di freaks, come fosse "Il Giardino delle Delizie" di Hieronymus Bosch reinterpretato attraverso lo sguardo del Cronenberg d'annata. La pulsione tassonomica appare irrefrenabile: e allora via libera a donne in latex, fetish anzichenò, con falliche appendici al posto del naso, peni sputafuoco, vagine- coccodrillo, penetrazioni impossibili in gloria alla nuova carne, maligne escrescenze tumorali e persino una donna-sedia, che non sarebbe sfigurata ne "Il pasto nudo", la quale allieta il pubblico festante con pratiche che in inglese si definirebbero eufemisticamente "watersports".
Prodotto, come il precedente "Machine Girl", dalla Nikkatsu Tokyo Shock Original, appare meno occidentalizzato di quest'ultimo, anche se non apparentabile a prodotti consimili, come quelli perpetrati dall'ineffabile Kôji Kawano ("The Girls Rebel Force of Competitive Swimmers", "Cruel Restaurant"), che restano valorosamente e nipponicamente trash. Il film di Yoshihiro Nishimura, già curatore degli effetti speciali di "Meatball Machine" e "Machine Girl", adotta un tono più serio e meno scanzonato, tanto che nella seconda parte s'assiste a un subitaneo incupirsi delle atmosfere, la Polizia si dimostra violenta, golpista e fascisteggiante, e satira e sarcasmo virano in total-black.
Il regista si ricorda del sulfureo Verhoeven di "Robocop" e "Starship Troopers", rimpolpando i tempi morti tra un geyser di sangue e l'altro con spot pubblicitari d'iperbolico cinismo. I più riusciti invitano all'arruolamento nella Polizia, ma non mancano ammiccamenti al sodale Sono Sion (l'autore ha collaborato a tutti i suoi film) e al suo "Suicide Club", come nello spot che pubblicizza taglierini coloratissimi e "kawaii" per un appropriato suicidio adolescenziale, o in quello in cui viene promossa la spada più adeguata ad un harakiri impeccabile. Addirittura geniale il momento in cui il perfido "Key Man" svela a Ruka la verità sulla morte del padre: il flashback è risolto attraverso una sequenza di disegni rozzamente naïf Nishimura gestisce dignitosamente la deriva grottesca del film, e le scene d'azione, coreografate dal Tak Sakaguchi di "Versus", sono meno dilettantesche di quanto sia la norma per questo genere di produzioni.
Gli effetti speciali, fortunatamente solo protesi in lattice e niente CGI, sono grezzi ma funzionali, esattamente come la regia. D'altronde "Tokyo Gore Police" è stato girato in due settimane a passo di carica, e l'attenzione di Nishimura sembra più focalizzata sulla creazione delle sue portentose mostruosità che sui movimenti di macchina. Gli attori sono nient'altro che maschere, tranne la Ruka interpretata dalla splendida Eihi Shiina ("Audition"), che attraversa il film con felina grazia vendicatrice. Per ripararvi dal sangue vi servirà un ombrello, come quello sfoggiato da Ruka dopo aver tranciato in due un mutante con un colpo di katana: imperdibile per gli appassionati del genere, mentre gli altri farebbero bene ad astenersi.
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Recensione a cura di Nicola Picchi - aggiornata al 14/01/2010
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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