Recensione twilight regia di Catherine Hardwicke USA 2008
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Recensione twilight (2008)

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locandina del film TWILIGHT

Immagine tratta dal film TWILIGHT

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Immagine tratta dal film TWILIGHT
 

I progetti blockbuster ormai non sono più una novità per il pubblico. Se ci si tiene aggiornati sui casi editoriali, che da timide storie diventano astri nascenti del firmamento narrativo, è facile prevederne il seguito commerciale. Specie se ci troviamo di fronte al genere fantasy. Ma questo è un caso su cui soffermarsi. Le aspettative in questo caso erano minori (non ha certo avuto il risalto di cui "Harry Potter" ha goduto sin dal principio) rispetto al successo che poi è stato ma qualcosa nell'aria c'era. La scrittrice americana Stephanie Meyer intesse una trama che recupera la leggenda fascinosa del vampiro, ristabilendone le regole, e la mescola all'amore e all'adolescenza. La fantasia non le manca, le parole nemmeno, ed il gioco è fatto.

Bella è una diciassettenne figlia di genitori divorziati. Quando la madre si risposa decide spontaneamente di trasferirsi dall'Arizona ad una sperduta cittadina dello stato di Washington dal padre. Qui conosce Edward, un affascinante ragazzo pieno di segreti, e se ne innamora ricambiata. Scoprirà presto di amare un vampiro, che però ha scelto di non bere sangue umano, e inizia a coscerne il mondo, parallelo a quello umano.

Le storie sui vampiri sono sempre state intriganti e coinvolgenti.
In "Twilight" ad animare la vicenda è il tenebroso Edward Cullen, interpretato da Robert Pattinson, ricco di fascino e bellezza. Questo è il lato piccante della storia. Il dolce (o, per i più critici, l'amaro) invece è servito dal contesto amoroso e fresco delle sensazioni adolescenziali, che avvinghiano la mitologia adattandola ai tempi odierni e ad un'età meno matura e meno sicura.
Lo slancio romantico è in questo caso d'obbligo, le tappe sono quasi scontate, ma il mix è suggestivo. Ci troveremo di fronte ad un amore tra una diciassettenne piena di insicurezze e goffaggini e un eterno ragazzo, impriogionato nella sua giovinezza e bellezza da un'immortalità maledetta. Nella banalità del primo amore fatto di prime emozioni e promesse gargantuesche c'è un condimento gotico e fantastico che rende tutto più poetico e delicato, a cui si aggiunge il topos dell'amore impossibile, vista la natura dicotomica dei suoi amanti.

Kristen Stewart, già vista in "Into the Wild" in cui interpretava un'impavida sedicenne figlia di hippie che s'innammora di Emile Hirsch, interpreta Bella, la protagonista-narratrice. Il personaggio, continuamente esitante e insicuro, risulta credibile tanto da poter essere avvertito come indisponente in alcuni momenti, perché fin troppo normale e spontaneo nella sua ingenuità, ma è proprio questa la sua forza. La bellezza semplice e vagamente algida della Stewart àncora l'interpretazione rendendo il tutto coerente.
Robert Pattinson, già Cedric Diggory nel quarto capitolo della saga di "Harry Potter" (per capirci: il belloccio rivale del maghetto occhialuto), viene inserito in un fantasy tutto suo, in cui ruba inevitabilmente l'attenzione alla Stewart, conseguenza della sua obiettiva bellezza e del ruolo da ammaliatore leggendario.
Interpretando Edward Cullen, Pattinson si rivela un buon attore. Sperando di non doverlo perdere nell'insieme di Adoni da strapazzo, fantocci al servizio delle mediocri commedie romantiche esistenti unicamente per attirare orde femminili lacrimanti al cinema, si può confidare nel suo talento. Pare comunque conoscere progetti produttivi più impegnativi (si veda "Little Ashes") senza risentire delle acclamazioni stridule di tredicenni infatuate.

Il doppiaggio italiano indebolisce la qualità interpretativa della coppia Stewart-Pattinson, banalizzando i dialoghi già melensi e retorici per natura, come nella miglior tradizione adolescenziale (chi non è stato retorico a sedici anni?), che così subiscono un deterioramento per via di quelle inflessioni fittizie e di quelle esitazioni innaturali che non esistono nelle voci originali. I dialoghi perdono credibilità proprio per un doppiaggio statico e freddo, in un film che punta essenzialmente sui due personaggi e ciò che riescono a trasmettere. La tenera ingenuità di lei, che impara a far ruotare la sua vita attorno al suo innamoramento e la natura contrastante di lui, predatore di sangue umano che combatte i suoi istinti in nome dell'amore, vengono completamente annullati da voci meno espressive di quelle degli operatori automatici telefonici. In lingua originale appare tutta un'altra cosa: a conferma vi è il successo planetario dei due attori, osannati per i ruoli e per l'idolatria che dilaga sempre tra gli adolescenti a prescindere, ma anche dovuto alla veridicità saputa dare ai personaggi.

La trasposizione cinematografica della storia si può ritenere abbastanza fedele, considerando le regola per cui un film sarà sempre in difetto nei confronti della sua fonte letteraria. La dolcezza dell'amore "under21" si forgia dei caratteri dark e cupi presenti nel libro, amplificando le immagini romantiche a scapito delle più interessanti descrizioni sui vampiri, sulla loro affascinante ferocia e sulla rabbia predatrice nei momenti in cui si dimostrano incapaci di controllarsi. La struttura lenta, di scoperta e di riflessione della prima parte, seguita ad una più ritmata e attiva che precede la fine è ripresa tale e quale dalla fonte cartacea, seppur con variazioni scenografiche dovute sicuramente alla comodità della produzione. La fotografia presenta un'estetica piacevole in cui la predominanza del verde boschivo e dell'imperante combinazione di celeste e grigio glaciali richiamano la natura selvaggia e fredda dei vampiri, statue perfette dalla pelle marmorea e dagli istinti selvatici. Le panoramiche naturali sono molto suggestive e coinvolgenti.

La regia di Catherine Hardwicke, già collaudata nel riuscito "Thirteen", è sottotono, poco incisiva e forse eccessivamente morbida. Non gli si può imputare nulla di grave ma nemmeno aggiudicare un merito per le scelte fatte. Sicuramente una maggiore "personalità" registica avrebbe giovato alla qualità del film. La scelta di un cast perfetto e totalmente in linea con gli originali letterari, particolarmente bello a prescindere, ma indubbiamente curato da un ottimo staff di make-up artist, va a compensare almeno in parte la scarsa qualità degli effetti che non si possono che definire deboli e molto lontani dall'essere spettacolari; salvabile, perché più curata e originale, è la scena della particolare partita di baseball giocata dalla famiglia Cullen. Sicuramente conseguenza di ciò è stato il basso budget messo a disposizione dalla Summit Entertainment (sotto i 40 milioni di dollari). Il clamoroso successo ai botteghini, tale da moltiplicare dieci volte l'investimento iniziale, fa sperare che il seguito della saga abbia la possibilità di usufruire di adeguati effetti speciali e scene d'azione in grado di alzare la qualità del lato innovativo del plot.

Una nota positiva va invece alla colonna sonora che incalza alla perfezione su scene d'azione e di mistero, contribuendo attivamento al coinvolgimento alla vicenda. A titoIo informativo è da menzionare il pezzo scritto, suonato e cantato da Robert Pattinson a sostegno di una reputazione che lo vuole bello e virtuoso. Al contrario i Muse la fanno da padroni nella scena cruciale di svolta da scene lente ad azione: essendo il gruppo rock preferito dalla scrittrice che, ringraziandoli ripetutamente in tutti i libri della saga, li proclama ispiratori diretti nei momenti di buio creativo, era ovvio che sarebbero stati chiamati in causa per suggellare la colonna sonora del film.
Oltre a questo omaggio implicito a Stephanie Meyer i più attenti fan avranno sicuramente notato il suo cameo in una scena in cui l'inquadratura la cattura per pochi istanti in una tavola calda. In una scena Edward raccoglie con velocità felina una mela rossa che sta per cadere: l'inquadratura richiama la copertina del romanzo.

Un film indirizzato quasi esclusivamente ai Twilighters e ad un pubblico di adolescenti, allettante distrazione per i fan della mitologia vampiresca, apporta una ventata di freschezza al filone romantico e una vena più cupa e poetica al genere fantasy, seppure senza eccellere. Aspettiamo "New Moon", secondo atto della saga, con l'auspicio di seguirne un'evoluzione in meglio.

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Recensione a cura di ele*noir - aggiornata al 01/07/2009

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