Voto Visitatori: | 4,99 / 10 (134 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 5,50 / 10 | ||
Il terzo atto della storia d'amore tra un vampiro vecchio cento anni e una comune adolescente americana arriva nei cinema con l'ormai scontato clamore adolescenziale. Qualsiasi cosa apparirà sulla pellicola, qualsiasi scelta verrà messa in scena, il guadagno e la fiducia delle giovani fan sono garantiti. Questo è sicuramente un pessimo punto di partenza, che preclude sul nascere l'accuratezza e la precisione nella lavorazione, che esiste invece (in teoria) in un film dai botteghini non prevedibili.
Bella è ormai decisa a dare una svolta alla sua vita e alla relazione con Edward. Vuole che lui la trasformi in un vampiro dopo il diploma. Secondo questa volontà, inizia a vedere il suo abituale mondo con altri occhi, pensando di dover dire addio a tutto ciò che è umano. Jacob, a conoscenza di questa sua decisione, si ripromette di farle cambiare idea. Intanto a Seattle sparizioni e omicidi misteriosi fanno sospettare che dietro ci sia il piano di un vampiro, intento a formare un esercito di assetati neonati. Si tratta infatti di Victoria, la quale rivelerà all'ultimo il suo ruolo di manipolatrice di neonati, decisa a uccidere Bella senza che la forza e i poteri della famiglia Cullen possano fermarla. L'unica scelta appare essere quella di un'alleanza tra i Cullen e i licantropi, che rompono il loro patto di tregua per fronteggiare l'incombente nuova minaccia.
Intanto i Volturi osservano la situazione.
Di per sé, probabilmente, la storia si rivela promettente. Le evoluzioni della vicenda possono procedere con tempi e ritmi giusti, con un buon equilibrio tra azione e sentimento. Perché è pur sempre una storia d'amore. La leggendaria rivalità tra vampiri e licantropi assume una dimensione molto umana e moderna, che può essere ben vestita da personaggi adolescenti, carichi di quel pathos potente e dirompente, ma anche fragile e instabile, che invece non esisterebbe in protagonisti più maturi. L'oggetto del desiderio di queste creature, è altrettanto efficace per la sua freschezza e incertezza d'azione. È imprevedibile e inesperto, privo di quella sicurezza tipica di un'altra età.
Sulla base di questo antagonismo-parallelismo di creature fantastiche che vivono al fianco della banale e reale vita umana, dirompe l'amore con i suoi assolutismi e i suoi dubbi esistenziali, con l'aggiunta degli ostacoli esterni che devono rendere ancora più forte questa scelta che supera ogni diversità e ogni avversità.
Il problema sta nella resa di questo teatro fantastico di un amore, che, in questa pellicola, non sembra muoversi in alcun modo e in alcun colore. Gli spunti e le motivazioni nel plot ci sarebbero, ma lo stallo è avvertibile in ogni sequenza. Non c'è alcuna sfumatura evolutiva nel rapporto tra Bella ed Edward così come non vi è tra la rivalità tra Edward e Jacob o nell'ambiguo rapporto tra Bella e il licantropo. È un triangolo che non assume questa valenza, troppo fermo e prevedibile.
La sceneggiatura, affidata anche questa volta a Melissa Rosenberg, è stabilizzata e standardizzata. Giunti al terzo capitolo della saga non si può più parlare di fedeltà al romanzo o di trasposizione cinematografica migliore, perché queste sono scelte dettate da un primo approccio. La sicurezza di un lavoro continuo su una storia dovrebbe invece portare a ben'altra verve e capacità di dipingere ombre e luci su personaggi ormai conosciuti e focalizzati. Non è assolutamente una questione di abilità attoriale, quindi, ma un'indegna prova di sceneggiatore, che imprigiona le nuove sfaccettature delle personalità dei protagonisti in una cornice di banalità suggerite dai caratteri già conosciuti nei precedenti episodi.
Bella è ibernata nella sua condizione di incerta e passiva preda d'amore, Edward nell'antichità della sua anima, in cui si può presumere che agisca per saggezza secolare ma privo di qualsiasi leggerezza, e Jacob appare invece chiuso nell'ostinatezza e nell'impeto animalesco più prevedibile. Gli attori sono disinvolti e abili, ma sono i loro ruoli ad essere fossilizzati.
Non ha giovato alla sceneggiatura neanche l'ingresso di nuovi personaggi, che si riveleranno importanti nell'ultimo capitolo della saga, i quali vengono invece relegati ancora più a margine, privi di una qualche funzionalità narrativa, riscontrabile invece nel romanzo.
Altrettanto standardizzata appare la regia, questa volta affidata a David Slade, già visto in "30 giorni di buio", stanca e statica nei sentimentalismi irrinunciabili di alcuni passi del plot, che proprio non avrebbero bisogno di questo ulteriore handicap. Pare rianimarsi leggermente nelle sequenze d'azione, ovvero nella lotta tra licantropi e vampiri contro i neonati, o nell'allenamento preliminare dei Cullen con i licantropi, senza comunque brillare particolarmente per efficacia. Gli effetti speciali hanno sicuramente aiutato gli spettatori a non far cadere ancor più drasticamente l'attenzione.
La regia perde credibilità, secondo questa prospettiva, anche nella resa dei flashback sulle vite passate (umane) di Jasper e Rosalie, i fratelli "di sangue" di Edward. Le loro vite passate, orientativamente vissute tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, avrebbero la funzionalità narrativa di rendere più vivi i due personaggi, di solito molto defilati. Sono due momenti interessanti, ma la regia li banalizza all'inverosimile, rendendo il tutto troppo fittizio.
La fotografia, in minima parte presente negli altri due capitoli come elemento estetico di sufficiente valore, perde ogni carattere in questo terzo atto. Priva di un criterio cromatico, l'unico che consentiva una sorta di immersione nei mondi fantastici dei vampiri e dei licantropi, non ha motivo di essere giudicata per taglio o estetica altra.
"The Twilight Saga: Eclipse" è classificabile come un sequel di sufficiente qualità, se si considera il prodotto nella sua totalità, mentre risulta oltremodo mediocre se si esamina la prospettiva della regia e della sceneggiatura che perdono significato e valenza forse anche in conseguenza di una mancata affinità.
Il genere della saga ha piegato prevedibilmente e definitivamente verso il pubblico adolescenziale, perché più semplice, più sbrigativo e sicuramente di più ampie garanzie. Tutto ciò che rimane impresso, purtroppo, è un'interminabile sequela di frasi da eterna promessa di unico amore alternate a sfilate dei pettorali di Taylor Lautner/Jacob, tanto che a noi, come a Edward, viene da chiederci: "Ma non ce l'ha una camicia?"
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Recensione a cura di ele*noir - aggiornata al 16/07/2010 15.26.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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