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James e Victor sono due fratellastri mutanti dotati di fattore rigenerante, che consente loro una prolungata giovinezza e caratteristiche fisiche ferine. Negli anni settanta vengono reclutati dal colonnello William Stryker per far parte di una task force di mutanti per missioni suicide di spionaggio. James decide di abbandonare la squadra e si ritira in Canada, dove il passato torna dolorosamente a farsi vivo: Victor, a caccia dei componenti della squadra, uccide Silverfox, compagna di James. La voglia di vendetta di James, che ora si fa chiamare Logan, nei confronti di Victor lo spinge ad accettare la proposta di Stryker di sottoporsi ad un esperimento (Arma X) di potenziamento tramite l'innesto di uno scheletro di adamantio, un metallo pressoché indistruttibile. Nasce così Wolverine, ma Logan è costretto a scappare per evitare ulteriori esperimenti e poter dare la caccia prima a Victor e poi allo stesso Stryker.
La strada di Wolverine incrocia di nuovo quella dei vecchi compagni d'arme e quella di giovani mutanti come Gambit e Ciclope, per arrivare ad una drammatica rivelazione riguardante il progetto Arma X e la vita di Logan...
"X-Men le origini: Wolverine" chiude a distanza di forse troppi anni le sottotrame lasciate in sospeso dai primi due capitoli della trilogia dei mutanti diretti da Bryan Singer e svela le origini del mutante più famoso e carismatico di tutti.
Nel 2000 "X-Men" rilanciò il genere supereroistico con un film sobrio, ben adattato, incentrato sui personaggi. Il fumetto tornava al cinema dalla porta principale, trovando con Singer il giusto tono per narrare in maniera credibile le storie dei "mutanti" Marvel.
Come per i comics, in cui è l'unico del ricchissimo cast di personaggi degli X-Men a godere stabilmente da anni di una propria serie personale, Wolverine apre la strada anche al cinema con un film che lo vede assoluto protagonista.
Le misteriose origini di Wolverine e la sua storia personale sono state per anni una gallina dalle uova d'oro per la Marvel, che continuava a sfornare storie e saghe che svelavano qualche indizio, solo per poi tornare sui suoi passi e suggerire ora una ora l'altra ipotesi, ad esempio sulla natura del legame che lega Logan e Sabretooth. Recentemente si è deciso di porre fine a questa interminabile sciarada, che ha contribuito non poco al fascino del personaggio, e svelare quindi una volta per tutte la storia di Wolverine. Il film non fa altro che riprendere tale saga ed adattarla per il grande schermo.
"Wolverine" somiglia molto nello stile, ed è un pregio, ai due film di Singer, dei quali idealmente costituisce il prologo ed il completamento (nel terzo capitolo di Brett Ratner infatti non si fa menzione dei dilemmi di Logan), ma al contrario di questi ultimi non riesce quasi mai ad esaltare e convincere.
Probabilmente il target sperato è quello degli adolescenti e degli spettacoli pomeridiani, quindi va dimenticato ogni paragone con il Batman di Nolan, che pure l'entusiasta Jackman ha azzardato durante la promozione. Obiettivamente, "Wolverine" delude in quelli che dovevano essere i punti di forza: il rapporto con Sabretooth non viene approfondito mai a dovere, ci sono tre scontri praticamente identici e sempre interrotti sul più bello (del resto, la fine di Sabretooth è nota, ed è in "X-Men"); il cast di comprimari è debole e sfruttato male (bravissimo solo Dominic Monaghan con il suo malinconico Bradley), i personaggi di Gambit e Deadpool sono forzatamente inseriti nella storia al fine di sfruttare eventuali ganci per futuri spin-off; la CG infine è semplicemente imbarazzante: sfondi palesemente finti, artigli meno realistici di quelli di "X-Men" di nove anni fa, il cameo di Patrick Stewart assolutamente inguardabile per quanto è posticcio. Peraltro, visto il tempo intercorso tra il primo "X-Men" e questo suo diretto "predecessore", alcune scene possono risultare incomprensibili ai più giovani (il giubbotto, le medagliette, Xavier), mentre ai più vecchi, semplicemente, non aggiungono nulla a quanto già sanno, hanno visto e anche dimenticato.
Sembra che Gavin Hood avesse semplicemente in mano una lista di cose da far vedere e le metta qua e là nel film, come a doverne giustificare in qualche modo l'esistenza. Tuttavia, se invece di cercare di inserire tutti quei personaggi e quei particolari inutili e un po' stupidi per collegarsi all'inizio di "X-Men" (ma davvero a uno come Wolverine un giubbotto dura dieci anni? Come mai Xavier aspetta che sia Wolverine a liberare i giovani mutanti?), si fosse cercato un po' di auto-consistenza il risultato sarebbe stato certamente migliore.
Hugh Jackman, lanciato proprio da "X-Men" nello star system, è molto legato al ruolo di Logan/Wolverine e si vede, riuscendo a dare un'interpretazione molto convincente.
Liev Schrieber sostituisce Tyler Mane nel ruolo di Victor/Sabretooth perché stavolta era necessario anche recitare, e tutto sommato tiene testa a Jackman con un personaggio però troppo ambiguo (dalla brutalità nei titoli di testa si passa ad un amore fraterno un po' contraddittorio nel finale) e sacrificato. Danny Houston è William Stryker, il capo del progetto Arma X, la cui fine abbiamo visto in "X-Men 2", dove era meglio interpretato da Brian Cox. Tutti svolgono il compitino, ma si ha un po' la sensazione di aver già visto tutto, e dopo aver già ammirato in azione Nightcrawler, Bestia, IceMan, Angelo e Jean Grey nella trilogia degli X-Men, sinceramente Wraith e Blob sono poca cosa, e Gambit non basta per lo spettacolo. Se anche questi dovevano essere i mutanti duri e cattivi, sembrano più che altro dei disadattati un po' ridicoli e psicopatici, e non resta nulla del conflitto interiore, del problema dell'integrazione ed anche del dualismo uomo/animale tipico di Wolverine (se si eccettuano due battute del tipo: "tira fuori l'animale", "non sei un animale"...).
Il momento centrale del film è la scena dell'innesto dell'adamantio nel corpo di Logan; essa funge effettivamente da spartiacque tra una prima parte tutto sommato avvincente e coinvolgente e una seconda parte fracassona e assolutamente priva di pathos dopo che Wolverine è diventato praticamente invincibile tra fattore rigenerante ed adamantio, ben sapendo peraltro che né il protagonista né i due villain principali rischiano la vita. Non aiuta di certo il più scontato e telefonato dei colpi di scena che dovrebbe ribaltare quanto visto nella prima parte.
In conclusione, "X-men le origini: Wolverine" apre l'ennesimo franchise e inizia la serie delle "origini" (in lavorazione già "Magneto" e "First Class" sui giovani X-Men), ma pone inquietanti interrogativi sulle intenzioni dei Marvel Studios, che lungi dal rinnovare il cinema come avvenne nel campo dei fumetti tanti anni fa, sembrano aver preso una strada conservatrice e sicura, con film in fotocopia sempre meno convincenti ed uguali tra loro. Non sembra vicino il tempo di un "Dark Knight" made in Marvel ed è un peccato, visto il potenziale di gran parte dei suoi personaggi, Wolverine compreso.
Se si limita il giudizio ai soli film tratti da fumetti Marvel, invece, Wolverine resta al di sotto dei tre precedenti film sui mutanti o ai primi due "Spider-Man", ma tutto sommato è decisamente migliore di altri film come "Fantastici Quattro" o "DareDevil", riuscendo almeno a non tradire lo spirito del personaggio a cui si ispira.
Certo, Logan è un personaggio complesso ed affascinante, che ha grandi potenzialità soprattutto quando è tormentato (ad esempio da ricordi che non tornano) e quando è si muove in ambienti pericolosi e border-line, dando repentine e fulminee dimostrazioni della sua pericolosità (vedi la scena nel bar all'inizio di "X-Men"); il film di Gavin Hood è però un action movie e una storia di origini, probabilmente quanto di più lontano da questi scenari ideali, un dazio da pagare alla popolarità di Jackman e alle strategie degli studios.
Chissà se i sequel renderanno giustizia al mutante artigliato.
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 05/05/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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