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Parigi, 1957. Yves Saint Laurent ha 21 anni, è uno stilista di moda che ha già dimostrato alcune sue qualità artistiche ricevendo apprezzamenti da persone competenti e molto influenti; un giorno viene chiamato con sua grande gioia e sorpresa a prendere il posto del defunto noto stilista Christian Dior.
Lo attendono elaborazioni di progetti sulla moda in cui è in assoluto l'ideatore e uno dei protagonisti dello stesso marketing. Il successo pieno non tarda ad arrivare, già l'uscita della prima serie di modelli lo pone all'attenzione della grande moda parigina che rappresenta un'importante trampolino di lancio per affermarsi in tutto il mondo occidentale. Il notevole interesse suscitato lo incoraggia a proseguire sul binario innovativo delle sue rivoluzionarie scoperte stilistiche proposte al pubblico con aggressività seduttiva.
Le opere di Yves Saint Laurent interessano soprattutto l'abbigliamento femminile, prospettano una sua combinazione in forme stilistiche nuove che rompono con una certa lunga tradizione che concepiva il modo di vestire femminile separato dalla strada e immerso esteticamente in un mondo, che seppur vario e ricco di invenzioni, rimaneva completamente chiuso a sé.
Yves Saint Laurent immette nella moda più storicamente femminilizzata, lineamenti estetici presi dal modo di vestire maschile, oppure da etnie diverse, o dalla strada con tutti i suoi riverberi stilistici emessi da classi molto diverse, anche povere. Inoltre Yves Saint Laurent omaggia grandi artisti come Mondrian e Picasso, prendendo spunto dalle loro opere per disegnare modelli cromaticamente e formalmente di grande interesse compositivo che ben si abbinano con le altre forme estetiche presenti nella modernità.
Saint Laurent è di nascita algerina, origini che lo stilista vive con difficoltà sentendosi culturalmente lontano da quel mondo dominato all'epoca da conflitti che ne oscuravano ogni serena espressione culturale e artistica. Quando Yves Saint Laurent viene chiamato alle armi proprio per partecipare alla guerra in Algeria, cade in una grave crisi depressiva che lo terrà recluso in uno stato semi-vegetativo in un ospedale psichiatrico per diverso tempo.
Scettici sulle sue possibilità di ripresa Laurent viene licenziato dagli amministratori della casa di moda Dior. Ma Saint Laurent che non respinge l'amore intimo che può nascere con un uomo, coltiva, pienamente corrisposto, un'amicizia importante con Pierre Bergé, una persona che contribuirà con le sue visite all'ospedale psichiatrico al recupero della salute mentale di Laurent diventandone un compagno sempre più appassionato e razionale, la cui saggezza e intelligenza proteggerà Saint Laurent per un certo tempo anche da se stesso: prevenendo in lui altri violenti attacchi nervosi.
Il grande stilista apre una propria casa di haute couture, e YSL diverrà un marchio famoso una sorta di contrassegno di eleganza e innovazione.
Da quel che si può osservare attraverso il film, la vita di successo di Laurent terminata nel 2008 per un tumore al cervello, è stata fortemente contrastata nel suo percorso da mortifere pulsioni erotiche del tutto dissociative, vere e proprie passioni devastanti legate ai suoi eterogenei e ambigui desideri per le donne e gli uomini, desideri complicati da una fantasmagoria erotica compulsiva, di origini oscure, frutto probabilmente dei suoi disturbi identitari legati all'immigrazione dall'Algeria a Parigi.
Il regista Jalil Lespert si inserisce con questo film nell'ambito del film biografico di alta qualità, rendendo esaurientemente note agli spettatori le qualità estetiche delle opere di Saint Laurent e i tratti più geniali del pensiero, della personalità del grande stilista francese. Rimangono un po' in ombra le conoscenze degli aspetti clinici più specifici dei suoi periodici disturbi mentali, anche se per alcuni se ne possono dedurre lo stesso le ragioni.
Il film riesce a dare uno spaccato-cifra della vita di Yves Saint Laurent, del tutto credibile, di elevata valenza empatica grazie allo spessore della sceneggiatura e alla bravura del regista nell'umanizzare correttamente il "diverso", la narrazione sottolinea con grande raffinatezza e cura i lati drammatici e quelli euforici di una vita complessa, evidenziando l'impossibile raggiungimento della felicità dello stilista francese che a un certo punto sembra rendersi conto che alla radice delle sue grandi difficoltà di relazioni con il pubblico c'è tutta la sua questione algerina, la difesa divenuta patologica del nome del padre di altre origini inteso come emblema di una diversità di impossibile integrazione nel tessuto francese pena la perdita e la spersonalizzazione di un passato che chiede, senza di fatto ottenerlo, di essere serenamente riconosciuto e accettato per quello che non poteva essere diversamente.
I seri disturbi psichici di Yves Saint Laurent il cui Io passa a un certo punto da una condizione melanconica ad una maniacale come reazione al male attraverso un meccanismo inconscio posto sotto il principio di piacere, freudianamente vero motore del sintomo, sembrano nel film non trovare un ascolto psicanalitico lasciando gli spettatori perplessi sui risultati della cura psichiatrica che è per tradizione lontana da ogni profonda elaborazione dell'inconscio.
L'intervento psichiatrico appare comunque nel film molto relegato sullo sfondo, il disagio quindi sull'identità di genere di Yves Saint Laurent viene grossolanamente semplificato giungendo a una considerazione univoca di bisessualità intesa come caratteristica essenziale del suo patrimonio genetico pulsionale legato alle risorse sessuali.
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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 17/12/2014 13.10.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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