La leggenda delle corse automobilistiche Sonny Hayes viene convinto a uscire dal ritiro per guidare un team di Formula 1 in difficoltà e fare da mentore a un giovane pilota promettente, mentre insegue un'altra possibilità di gloria.
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Buona trovata di marketing per dare vita a un prodotto che faccia fan service verso gli amanti della F1 e, allo stesso tempo, riesca ad avvicinare e attrarre un pubblico più giovane. In definitiva, la valutazione del film è sicuramente influenzata da un'impronta fortemente commerciale e promozionale.
Tolto ciò, non si può non constatare che siano stati investiti molti mezzi in questo progetto: la qualità delle riprese e del montaggio è infatti ottima. Il regista Joseph Kosinski dimostra (ancora una volta, dopo Top Gun: Maverick) di sapersi muovere bene nel genere adrenalinico e d'azione. Belle anche le musiche di Hans Zimmer, che però in questa occasione ricordano un po' i temi del suo precedente lavoro per il film Rush, sempre incentrato sulla Formula 1.
Qualche appunto sulla trama è doveroso: ci sono diversi episodi che richiamano fatti realmente accaduti (il che evidenzia ulteriormente il tentativo di lusingare il pubblico già appassionato di F1), ma questi elementi sono stati inseriti in modo abbastanza intelligente. Quello che ho apprezzato meno è che le "strategie" di guida anticonvenzionali del protagonista, interpretato da Brad Pitt, nella realtà verrebbero sanzionate immediatamente per antisportività o guida pericolosa, rendendo quindi difficile prendere sul serio la narrazione.
In conclusione, il film presenta diverse zone grigie: il sapore è più quello di un'americanata commerciale che di un'opera cinematografica profonda. Tuttavia, il comparto tecnico e il ritmo contribuiscono a risollevare, almeno in parte, il giudizio complessivo.
Come avevo percepito dalle mie prime impressioni (vedendo il trailer) questo film risulta un connubio molto riuscito tra "Giorni di Tuono" di Tony Scott (del resto anche qui il produttore è Jerry Bruckheimer) e "Driver" di Renny Harlin (scritto da Sylvester Stallone). La regia di Joseph Kosinski ben si sposa allo scenario sportivo e di sfida che si crea dentro (e fuori la pista), in questo la sceneggiatura di Ehren Kruger usa tutti personaggi classici e stereotipi possibili (ma con i volti giusti): Brad Pitt è il classico cowboy/eroe solitario su quattro ruote in cerca di rivalsa dopo una vita di sconfitte, Javier Bardem è l'amico che offre questa grande opportunità in ricordo dei bei tempi ma a che per cercare anche lui una vittoria personale, Damson Idris svolge la funzione del giovane talento che deve sbocciare attraverso gli errori personali, Kerry Condon (affetta da biondismo) con quegli sguardi è la parte rosa ben incastrata nel team tecnico che fa combaciare tutti, ma senza scordarsi anche di Callie Cooke, Kim Bodnia, Tobias Menzies e il solito Shea Whigham. La produzione Apple si fa sentire anche nella colonna sonora con pezzi famosissimi a cui Hans Zimmer (anche lui, compose la colonna sonota per Scott) fa da braccetto/collante al ritmo narrativo. Buonissima la regia e il lungo minutaggio non si fa sentire grazie alla storia avvincente sulla Formula 1. Presenti anche tutti i pezzi grossi del mondo sportivo della corsa, su tutti Hamilton che è tra i produttori. Forse il fittizio ben poco s'incastra con la storia della disciplina, un ibrido non sempre convincente di fantastoria ma che regge nell'immergere i personaggi in quello che si vuole mostrare.