a real pain regia di Jesse Eisenberg USA 2024
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a real pain (2024)

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locandina del film A REAL PAIN

Titolo Originale: A REAL PAIN

RegiaJesse Eisenberg

InterpretiJesse Eisenberg, Kieran Culkin, Will Sharpe, Jennifer Grey, Kurt Egyiawan, Liza Sadovy, Daniel Oreskes, Ellora Torchia, Banner Eisenberg, Olha Bosova, Jakub Gąsowski, Piotr Czarniecki, Krzysztof Jaszczak, Marek Kasprzyk, Jakub Pruski

Durata: h 1.30
NazionalitàUSA 2024
Generedrammatico
Al cinema nel Febbraio 2025

•  Altri film di Jesse Eisenberg

Trama del film A real pain

Due cugini si recano in Polonia dopo la morte della nonna per visitare i luoghi da dove proviene la loro famiglia. I due finiscono con il partecipare a un tour sull'Olocausto.

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Voto Visitatori:   6,45 / 10 (10 voti)6,45Grafico
Miglior attore non protagonista (Kieran Culkin)
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Miglior attore non protagonista (Kieran Culkin)
Miglior attore non protagonista (Kieran Culkin)
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior attore non protagonista (Kieran Culkin)
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Voti e commenti su A real pain, 10 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Invia una mail all'autore del commento cinemaincompagn  @  12/12/2025 11:49:38
   8 / 10
Sono strane le imprecazioni da parte di ebrei su Gesù Cristo che è considerato un profeta.

La dissacrazione è costante in tutto il film.

I protagonisti prendono anche distanza dalla religione considerandola un artefatto, non sono ebrei praticanti, ma fanno un viaggio per capire la propria identità, come terza generazione.

Sono ebrei non osservanti. È difficile che prendano le distanze dalla loro religione. Non sono osservanti. Come i cristiani non osservanti. Ma per gli ebrei è difficile.

La vita ha portato altrove come fonte di senso, o di non senso.

Entrambi i cugini, quasi fratelli, non hanno il senso di quello che vivono, in modo diverso. È come un ribaltamento, perché quello che ha una vita normale è disturbato forse più dell'altro, che ha una vita disordinata, ma che ha un'ipersensibilità.

È piaciuta molto la fotografia.

I film che parlano di viaggio mi affascinano molto, perché sempre il viaggio verso qualcosa è anche un viaggio dentro sé stessi. Mi ha colpito una considerazione di Benji durante il viaggio: il dolore che si può trovare andando nei luoghi anche dell'olocausto è sentimentale; andare in prima classe in un luogo dove la gente era stipata in carri bestiame indica che il dolore vero, il dolore reale, è quello della propria esistenza. Non sono d'accordo che Benji è più realizzato perché l'espressione finale nell'aeroporto indica non ha un luogo dovete essere accolto al ritorno e vale tutto il film lo sguardo perso nel nulla.

È tutto un viaggio, scene che si svolgono in movimento, persone che camminano sempre e con un andamento molto, molto veloce durante tutte le scene. Il fatto di voler Cercare qualcosa per ricordare, soffrire come andare nei posti per rendere concreto il dolore a mio avviso non è necessario, per me è inutile. Sono stata in viaggio verso Auschwitz in un treno particolare dove eravamo attaccati l'uno all'altro: mi ha fatto rivivere la situazione e ripeto: non è necessario vedere, però serve. Qui fanno vedere molto poco rispetto al reale Auschwitz.

Si usa la tecnica di fermi-immagini: il forno, le scarpe, le stanze con le macchie. È per appunti, scelta scenografica.

È un film che mira al recupero del sentire, della sensibilità e quel modo rende di più; dà lo spazio alla nostra sensibilità. Nel guardare anche noi stessi siamo portati a sentire maggiormente.

Durante la visita nel campo di concentramento in sala si è prodotto un silenzio totale.

Il film è parlato e volutamente è stato proprio il silenzio che ha parlato, per esempio nella scena dei muri blu

Anch'io sono andata ad Auschwitz e a Mathausen. Ognuno di noi ha reazioni diverse in base al proprio vissuto. Io per esempio sono un medico e pensare che un medico nazista avesse fatto esperimenti allucinanti era una cosa che non riesco ad accettare, ad immaginare quando invece il nostro campo è quello di salvare il tuo male. È un film sulla gestione del dolore e sul cercare di raggiungere una pacificazione. Benji la raggiungerà in aeroporto? Lascia così la cosa.

Sulla sceneggiatura: la scena iniziale è lui con il titolo a sinistra, la scena finale è lui con il titolo a destra. Ad indicare che il film è un percorso. Mi ha colpito che il finale avviene per me a sorpresa nel senso che non c'è un inizio e non c'è una fine: l'ho percepito come una provocazione a pensare al dolore, non solo di un popolo, di chi soffre, ma al dolore che è interno, componente essenziale della propria persona, come un richiamo a concepire il dolore come una parte da usare. Benji lo usa per provocare il cugino, per ripensare a se stesso, però alla fine non c'è soluzione.

Io volevo aggiungere che per quanto si dica che il dolore va elaborato, va gestito, il dolore sta lì: nel momento in cui si vive in maniera incomprensibile, a seconda dell'età o anche con sequenze che sembrano non finire mai il dolore sta lì e non si riesce a rimuovere. Poi, come ha fatto David, ci si distrae; vogliamo prendere le distanze dal dolore, far finta di niente, viaggiare, distrarci con tutto, però sta lì, non si può rimuovere.
Ho avuto una visione proprio diversa da quella che è stato il messaggio del film: io entro nel film e divento io un personaggio. Sono entrata in David e ho sentito in lui il disagio di questo cugino perché a me una persona che del suo dolore ne vuole fare un aspetto così dissacrante, fare quello che vuole, non avere una vita regolare, fare il pazzo, usare un linguaggio non corretto, io francamente l'ho detestato. Ho avvertito il disagio che forse alcuni di noi provano quando in una famiglia c'è una persona che si comporta male, fratello, cugino, parente e che disturba perché rovina quell'etica, quei valori che la famiglia da generazioni ha portato avanti: è quello che ho percepito e sentito.

Faccio una domanda alla tua immedesimazione, ma che cosa ne ricava David da questo viaggio? Che quella sua famiglia è il massimo della vita o pone un interrogativo sul fatto che può non bastare l'etica, l'ordine, la tradizione, il giusto? Ho percepito al ristorante, che è la confessione di David, esprime la contraddizione del desiderio di essere come il cugino ma non solo perché dice le parolacce o perché fa quello che c***o vuole, ma perché è più vero e la verità forse non sta nell'ordine e nell'etica e nella vita giusta, la verità sta nella domanda, la verità sta nel farsi interrogare e non distrarsi, resistere; è quello il livello dell'umano, una domanda infinita e quindi per questo dico che è un ribaltamento: la persona 'a posto' è quello che vive apparentemente peggio la propria condizione, l'altro più fragile, che sta peggio, non ha niente da fare, è quello che percepisce di più la domanda del senso.

Si però David si scusa sempre; pensa che essendo più maturo, più ligio alle regole sia migliore. Si scusa per il comportamento del cugino di cui si vergogna, perché non è quella la normalità, perché non è quella l'etica. Perché lui pensa, come pensiamo tutti, che quel comportamento è da nascondere

… perché dà fastidio. Benji sente di dar fastidio e non vorrebbe dar fastidio, sente di aver offeso gli altri.

Chi ha ricavato dal viaggio giudizi storici e morali più veri che hanno colpito di più noi? Chi ha espresso dei giudizi con i quali noi siamo stati più stimolati a essere d'accordo? Per me Benji. Quindi una vita ordinata non è detto che porti alla verità. Una vita disordinata probabilmente ha quella caratteristica più vicina a come è fatto l'uomo, imperfetto, decaduto, che permette non di darsi la risposta, ma di farsi la domanda.

E tra l'altro corregge l'impostazione di un racconto senza anima, senza cuore, senza carne, facendo tacere la narrazione asettica lasciando spazio al fatto che il dolore si possa esprimere.

"Il dolore è una strada molto faticosa, che però ha tante domande dentro. È il cammino vero e proprio. Il dolore vuole fatica, però il dolore apre molte sostanze, apre molte domande e dà molte risposte. Senza dolore credo che si faccia poco". Alda Merini.

christopher2003  @  24/09/2025 01:05:58
   8½ / 10
Una piacevole commedia drammatica stile on the road che rappresenta un tenero viaggio nella memoria ma anche nel rapporto tra i protagonisti, due cugini americani di origine polacca. Con una prima regia Eisenberg si mantiene sempre in equilibrio tra il tono drammatico e uno che ironizza sulle personalità dei suoi personaggi dei quali si intuisce un percorso comune non sempre sereno.Ottimissima interpretazione di Eisenberg e di Kieran Culkin (fratello di Macaulay Culkin il bambino piu famoso degli anni 90)che con questo ruolo vince il suo primo oscar.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR ferro84  @  24/04/2025 22:04:21
   6 / 10
Povero scarno film sia di sceneggiatura sia di messa in scena. Il rapporto appena raccontato su due cugini di cui uno gravemente depresso, che lascia lo spettatore nella completa indifferenza.

Sincero in un anno in cui è uscito un film come The Substance non si capisce come mai abbia dovuto competere con pellicole come questa oppure Anhora.

Due film che nella migliore delle ipotesi sono semplicemente gradevoli.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR wicker  @  24/03/2025 19:15:14
   6 / 10
Onesto , ma al di là delle sfacettature della personalità dei protagonisti non è che la sceneggiatura sia poi sto granchè ..
Qualche buon momento , soprattutto da parte del giustamente premiato con l' Oscar Caulkin , Eisenberg ok , ma da gli altri poco da ricordare .

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  23/03/2025 20:03:57
   6 / 10
Visitiamo la Polonia e i campi di concentramento sotto l'ottica del viaggio di due fratelli molto diversi tra loro.

Si sorride con la sofferenza nel cuore per i milioni di morti dell'olocausto. Buona l'alchimia dei due attori protagonisti ma alla fine il film non eccelle su nessun argomento.

matt_995  @  12/03/2025 22:08:36
   6½ / 10
Mi capita spesso di pensare a cosa sono stati in grado di fare e e a cosa sono sopravvissuti i miei nonni, proprio in relazione alla seconda guerra mondiale, e il paragone con la mia vita e in generale con la mia generazione è impietoso. Io ce l'avrei fatta? Io sarei sopravvissuto? Meglio non pensarci.
Il film è un po' questo, con la messa in scena di piccoli dolori odierni messi in relazione col dolore storico. Il tutto inserito nella dinamica da buddy buddy e da road movie tipico americano, con una sceneggiatura brillante e attori con una buona chimica. Tutto bello, no? Ni. Il film parte anche bene ma non fa mai davvero un salto di qualità nel racconto, con la discesa nel dolore storico che non tocca mai le corde giuste e l'approfondimento delle dinamiche relazionali che non scava mai davvero sotto la superficie. Forse Eisenberg cercava di fare un lavoro più autoriale e arthouse, inquadrando un semplice momento, un semplice viaggio, senza dare un punto di vista ben preciso, ma il film risulta fin troppo convenzionale e scolastico per essere ciò.

Culkin si mangia la scena, il film è lui (ma è giusto premiarlo come non protagonista, quando invece è più protagonista dello stesso protagonista?), mentre trovo Eisenberg sempre respingente coi suoi soliti ritratti di maschietti nevrotici piccoli piccoli, lo preferisco come Zuckerberg l'anticristo. In mano ad altri cineasti, tipo Payne o Linklater sarebbe stato un piccolo capolavoro.

Jumpy  @  07/03/2025 14:07:39
   6½ / 10
Non l'ho trovato tanto male, un road/buddy movie che con i toni leggeri della commedia tratta il tema dell'Olocausto, c'è il contrasto tra i 2 cugini, diametralmente opposti anche nei confronti della vita.
Col procedere della visione si perdono in po' i toni e la leggerezza della commedia per cedere (giustamente) il passo a momenti di riflessione più intimi e personali. Il finale lascia un senso di incompiuto.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  20/02/2025 16:18:20
   6 / 10
Il tema dell'Olocausto funge da cornice nel rapporto fra due cugini ebrei in viaggio nella Polonia, per vedere la città di origine della nonna di loro, deceduta da poco tempo. Eisenberg sceglie un racconto on the road dalla struttura semplice e funzionale. Due individui differenti tra di loro, ma se il primo (David) è una persona piuttosto formale, il secondo (Benji) è decisamente più estroverso, più portato all'empatia con gli altri, ma più problematico. A Real Pain si regge sull'alchimia tra i due attori nello sviluppare questo rapporto di amore/odio abbastanza irrisolto nel suo complesso. Penso che i due personaggi simboleggino in qualche modo il mondo ebraico post Olocausto: David, malgrado le ferite, si tiene le cicatrici e va avanti, mentre il secondo tutto rimane irrisolto ed incerto. un film piuttosto personale.

stratoZ  @  19/02/2025 12:51:23
   6 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Il nuovo film di Jesse Eisenberg da regista ricalca in maniera abbastanza fedela la tipica commedia drammatica indipendente che si è venuta a creare nel corso del nuovo millennio in America, sfrutta un archetipo abbastanza efficace, quello di mettere insieme due caratteri diametralmente opposti ma legati da un elemento imprescindibile, in questo caso la nonna venuta a mancare da poco, è così che inizia il viaggio di questi due cugini alla scoperta delle loro origini in Polonia, luogo dove ha vissuto per tanto tempo l'amata nonna, ma questo elemento magari passa in secondo piano, in realtà è tutto un pretesto per mostrare due caratteri apparentemente inconciliabili progressivamente scoprirsi e andare a ricreare un rapporto che sembrava inizialmente perduto, Eisenberg interpreta il cugino che si è sistemato, a cui sembra vada tutto bene, si è sposato e da poco ha avuto una figlia, ha un buon lavoro e sembra cavarsela nonostante una personalità particolarmente introversa, il cugino, interpretato da Kieran Culkin invece sembra diametralmente all'opposto, è parecchio estroverso ma nonostante questo è una persona sola, con una sofferenza interiore anche accentuata dalla perdita recente della nonna, che si intuisce essere la persona con cui aveva il maggior legame, l'impressione che da è quella di essere una persona smarrita che non sa esattamente cosa fare della sua vita, complice anche il look trasandato.

Sulla costruzione di questi due personaggi la sceneggiatura crea svariate sequenze che li mostra alle prese con questo viaggio di gruppo in Polonia, un viaggio nel dolore del passato e nella consapevolezza del presente, portando i due protagonisti verso una reciproca comprensione che sembra poter porre rimedio alle mancanze degli anni precedenti, mostrando come i due si siano progressivamente allontanati con l'evolvere delle proprie vite, in particolare il personaggio di Eisenberg alla luce degli impegni tra famiglia e lavoro sembra aver totalmente trascurato il cugino con cui un tempo aveva uno stretto legame.

Gradevole, non particolarmente originale, ma funziona sotto il punto di vista prettamente emotivo, tra momenti di lieve comicità e qualche discesa drammatica nei rapporti tra i due.

TheLegend  @  12/02/2025 14:56:27
   5 / 10
Il titolo del film rappresenta pienamente il mio giudizio.
Noiso, piatto, inutile.

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