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Più riuscito rispetto al capostipite, a cui non appare avere nulla in comune come sequel. E' sorprendente per come Miike riesce a miscelare le diverse tonalità del film senza alcuna forzatura, dal passare da un tipico yakuza movie sanguinario ai paesaggi dolci dell'infanzia dei due protagonisti, entrambi cresciuti nello stesso orfanotrofio dove avviene una sorta di processo di purificazione nei personaggi, per poi rituffarsi nello yakuza movie. Rimangono sempre killer, ma per una giusta causa. Un finale più ottimista in controtendenza rispetto al primo capitolo.